[ITA]
Il 23 agosto, un giorno come gli altri, una notte come le altre, delle donne, degli uomini, dei bambini sono imprigionate/i dalla police aux frontiers in dei container recintati da transenne, davanti alle quali dei poliziotti montano la guardia. Questa situazione si protrae da mesi, da anni. Qui non viene dato cibo né medicinali, non ci sono interpreti né avvocati. Una vera e propria zona di non-diritto, dove i poliziotti fanno quello che vogliono ed espellono chi vogliono verso l’Italia.
Questa notte però è diversa perché delle persone non restano indifferenti e salgono a vedere cosa succede, per avere notizie della condizione dei reclusi, per sapere cosa sta succedendo. Una persona si rivolge alle/ai migranti in arabo per informarli del loro diritto di ricevere l’assistenza di un avvocato, di un interprete, di un medico. I poliziotti presenti non capiscono niente dello scambio verbale e si innervosiscono rapidamente. Un uomo in borghese esce dal commissariato, è nervoso, molto aggressivo. Grida addosso alle persone recluse in una lingua che non capiscono, batte con il manganello sulle transenne per fargli capire che se non stanno zitti saranno picchiati. Una persona chiede ai poliziotti di calmarlo, ricordandogli che tra le persone recluse ci sono dei minori che subiscono quotidianamente la loro violenza e che tutti sanno che gli arresti e le condizioni di detenzione e di espulsione sono illegali.
A quelle parole i poliziotti lo aggrediscono, lo buttano sul pavimento del commissariato, lo ammanettano, lo stringono alla gola per farlo smettere di respirare e lo picchiano sul volto. In seguito viene condotto all’ospedale, lungo la strada la scorta ricomincia a colpirlo e minacciarlo perché ha riferito agli agenti appostati davanti al commissariato le violenze subite durante e dopo l’arresto.
I suoi diritti gli saranno notificati solo alcune ore dopo l’arresto. Apprende, senza grande stupore, le assurde accuse avanzate dai poliziotti: oltraggio e resistenza aggravata a pubblico ufficiale. Una volta arrivati all’ospedale i poliziotti si rifiutano di fargli vedere un medico e di farlo mangiare.
Ancor prima di essere ascoltato da un ufficiale di polizia giudiziaria, i poliziotti hanno contattato i media locali per coprire le loro violenze e diffondere le proprie menzogne. In questo saranno presto sostenuti dal gabinetto del Prefetto delle Alpi Marittime, dal tribunale, da un sindacato di polizia e, qualche giorno più tardi, dal Front National. Il tentativo è quello di far passare il caso come un fatto eccezionale, dichiarando il falso ai media, che riportano che la persona arrestata sarebbe stata in stato di ebrezza, che avrebbe aggredito i poliziotti o ancora che alcune delle persone recluse sarebbero scappate.
Appena terminato l’interrogatorio, è convocato al processo per direttissima. Eppure il tribunale non gli ha notificato la denuncia, impedendogli di essere giudicato e obbligandolo così a passere undici giorni in detenzione provvisoria. L’udienza è rimandata a mercoledì 30 settembre al tribunale correzionale di Nizza.
Si tratta di una notte che non ha nulla di eccezionale e le violenze della polizia non sono appannaggio esclusivo della persona arrestata quella sera. Allo stesso modo i sostegni concreti ai rifugiati non vengono esclusivamente da una “sinistra estremista che cerca lo scontro con le forze dell’ordine” (con le parole usate dalla Prefettura delle Alpi Marittime e dal Front National). Gli strangolamenti e le percosse sono pratica comune per la polizia e numerose persone sono decedute in seguito a tali trattamenti. Ricordiamoci che quest’anno un uomo è morto prima di arrivare al commissariato per aver subito tecniche di strangolamento e soffocamento concepite per rendere inermi le persone. Con queste tecniche le forze fisiche diminuiscano rapidamente e si sente l’angoscia e la paura della morte immediata. Attraverso questa pratica criminale si cerca di abbattere le difese fisiche e psicologiche della persona, di far sì che obbedisca più docilmente alle umiliazioni dei poliziotti e che dica quel che vogliono sentirsi dire. Questa brutalità selvaggia si riversa più spesso nei confronti di neri, arabi e rom, in zone dove lo Stato concentra una forte presenza poliziesca per poter così dire di lottare contro la criminalità.
Ci sono attualmente 700 poliziotti (che presto saranno 1200) dispiegati sulla frontiera franco-italiana per lottare contro la criminalità. Qual’è questa criminalità? L’entrata irregolare sul territorio francese da parte di persone che per la maggior parte vogliono solamente attraversarlo, per arrivare in paesi dove si trovano già le loro famiglie o dove si parla una lingua che conoscono. Si tratta di persone che fuggono da paesi in guerra o governati da dittatori che assecondano gli interessi dei paesi europei. Queste stesse parole, “lotta contro la criminalità”, sono le stesse utilizzate negli anni ’80 contro gli abitanti dei quartieri popolari, così come le pratiche razziste utilizzate alla frontiera sono le stesse impiegate altrove. L’intensificazione dei controlli d’identità ha luogo anche nelle zone dove circolano i neri, gli arabi, i rom, i poveri. E’ in queste stesse zone che i poliziotti picchiano, soffocano e uccidono, quegli stessi poliziotti che sono quasi sempre bianchi, che impiegano un linguaggio coloniale da secolo scorso e utilizzano senza remore una violenza brutale e selvaggia.
Le frontiere già uccidono da tempo e uccideranno sempre di più! Mentre la Francia discute delle quote di rifugiati, lo stato ungherese autorizza l’esercito a sparare sui rifugiati e il Mediterraneo è sempre più militarizzato! Un mese fa, un’imbarcazione della marina greca ha tentato di far affondare una barca di rifugiati in piena notte! La frontiera franco-italiana è già militarizzata con i gendarmi dal lato francese e i carabinieri da quello italiano, degli elicotteri che sorvolano la zona e delle barche della marina che sorvegliano le coste.
Non è così inutile ricordare che gli esili sono il risultato di una politica imperialista e coloniale. Dopo l’invasione del Medio Oriente da parte degli Stati Uniti e dei loro complici europei, molti paesi nella regione sono totalmente instabili e le popolazioni civili vi muoiono ogni giorno. La stessa cosa vale per il Sudan o anche i paesi del Sahel. Dietro a ogni conflitto armato, ci sono degli interessi e delle strategie geopolitiche che sono favorevoli agli europei del vecchio continente e del nuovo mondo. Invece di assumersi le loro responsabilità aprendo le frontiere per accogliere almeno i rifugiati di guerra, gli stati più ricchi del mondo maltrattano degli uomini, delle donne e dei bambini per deportarli verso paesi dove la loro vita corre un rischio reale e immediato. Come se non bastasse sostengono il mercato delle armi, stimolano l’istallazione di fili elettrificati alle frontiere esterne dell’Europa e continuano a utilizzare il razzismo come criterio di selezione dei rifugiati.
Nonostante le violenze e le umiliazioni imposte dagli Stati europei e l’approccio razzista e coloniale nell’affrontare politicamente l’arrivo dei rifugiati di guerra in Europa, alcune persone si organizzano ogni giorno per lottare contro le frontiere, resistere alle oppressioni quotidiane e vivere con dignità. Il Presidio No Border Ventimiglia è nato dalla resistenza delle/dei migranti che, per contestare la chiusura della frontiera franco-italiana, hanno occupato prima la strada e poi gli scogli. Ogni giorno, ci sono sempre più migranti che raggiungono il campo dove trovano un luogo di riposo, di organizzazione egalitaria e di rivendicazione politica. Qui, inoltre, ci si batte contro il razzismo, innanzitutto tra noi. Questa resistenza non è isolata. Da anni in Francia, ci sono persone che si organizzano contro le violenze poliziesche e il razzismo di Stato che si dispiega in ogni momento e a tutti i livelli.
Il prossimo 31 ottobre ci sarà una marcia per la dignità e contro il razzismo. Noi ci associamo da ora a questa lotta che ha origine dalle stesse preoccupazioni e per obiettivo le stesse strutture di questa società razzista e coloniale.
Il 30 settembre, invece, ritroviamoci alle 13 davanti al tribunale correzionale di Nizza contro il colonialismo, il razzismo di Stato e le violenze poliziesche.
We are not going back, we need to go!
[FRA]
We are not going back, we need to go!
Presidio Permanente No Border Ventimiglia 23 août 2015, un jour comme les autres, une nuit comme les autres. Des femmes, des hommes, des enfants sont enfermé-e-s par la police aux frontières dans des baraques de chantiers, derrière des barrières devant lesquelles des policiers montent la garde. Cette situation dure depuis des mois, voire des années selon les dires de la police. Ici, pas de nourriture, pas de médecin, pas d’interprète, pas d’avocat. Une véritable zone de non-droit où les policiers font ce qu’ils veulent et expulsent arbitrairement vers l’Italie. Cette nuit n’est pas comme les autres car des personnes ne sont pas indifférentes à cette situation et montent voir ce qui se passe. Une personne s’adresse aux « migrant-e-s » en langue arabe pour les informer de leurs droits à bénéficier de l’assistance d’un avocat, d’un interprète, d’un médecin, d’un repas. Les policiers ne comprennent rien et s’énervent rapidement. D’autres demandent aux policiers de donner un repas aux enfermé-e-s et des parapluies car il pleut. Soudain, un homme en civil sort du commissariat. Il est très agressif et s’excite avec sa matraque contre les enfermé-e-s. Il leur crie dessus dans une langue qu’ils ne comprennent pas et frappe avec sa matraque sur les barrières pour leur faire comprendre que s’ils ne se taisent pas, ils se feront frapper. Une personne demande aux policiers de le calmer et leur rappelle qu’il y a parmi les gens retenus, des enfants mineurs qui subissent déjà assez leurs violences au quotidien.
Les policiers l’agressent, l’attrapent, le jettent à terre dans le commissariat, le menottent, lui font une clef d’étranglement pour qu’il s’arrête de respirer. Pendant qu’il est privé d’air, un policier lui assène plusieurs coups de poing au visage. Lors de son transfert à l’hôpital, l’escorte policière recommence (clef de strangulation, plusieurs coups au visage, menaces verbales) parce qu’il a dit aux soutiens postés devant le commissariat les violences policières qu’il a encaissé pendant et depuis son arrestation. Ses droits ne lui seront notifiés que plusieurs heures après son arrestation. Il apprend, sans grand étonnement, les motifs erronés avancés par les policiers : incitation à la rébellion, outrage, rébellion et violence contre un fonctionnaire de police. Les policiers refuseront qu’il ait accès à son traitement, et de lui donner un repas.
Il n’est pas encore entendu sur les faits par un officier de police judiciaire que les policiers ont déjà contacté la presse locale pour couvrir leurs violences et proférer leurs mensonges. Ils seront rapidement rejoints par le cabinet du Préfet des Alpes-Maritimes, le Parquet, le syndicat UNITE SGP POLICE FO, et le Front National. Ils tentent de faire de cette affaire une situation exceptionnelle et veulent faire un exemple. Ils déclarent des mensonges dans la presse : la personne arrêtée était en situation d’ébriété, elle a mis « un coup de poing au visage » d’un fonctionnaire de police, et elle aurait permis « à sept clandestins de s’échapper ». Dans les faits, le policier a eu une simple « démabraison » au bras et des vidéos attestent que ce sont les policiers français qui relâchent les gens car les policiers italiens ne veulent pas se déplacer au poste de police. A peine l’audition terminée, il est envoyé en comparution immédiate ou presque…Le parquet n’a pas avisé les « victimes ». Il ne peut être jugé et se retrouve placé en détention provisoire pendant onze jours. Il est relâché le 2 septembre et passe Mercredi 30 septembre devant le tribunal correctionnel de Nice.
Cette nuit n’est pas exceptionnelle. Les violences exercées par la police aux frontières n’ont rien à voir avec la personne arrêtée, ou que les soutiens concrets des réfugiés appartiennent à une « extrême gauche qui veut en découdre avec les forces de l’ordre » (propos de la Préfecture des Alpes-Maritimes et du Front National). Les clefs de strangulation et les coups après menottage sont une pratique courante de la police et plusieurs personnes sont décédées à la suite de ces pratiques. Le 6 mars 2015, Amadou KOUME est décédé avant d’arriver au commissariat suite à son interpellation au cours de laquelle les policiers ont usés, « pour le menotter », de la technique de la strangulation. Par cette pratique criminogène, le but est de compresser la personne pour qu’elle ne puisse respirer, que ces forces physiques diminuent rapidement et ressente l’angoisse et la peur d’une mort immédiate. La clef de strangulation est réellement une menace de mort exercée par un policier contre un particulier. Cette brutalité sauvage de la police s’exerce le plus souvent contre les personnes « noires », « basanées », « roms » dans des zones où l’Etat concentre une forte présence policière pour soi-disant lutter contre la criminalité. Il y a actuellement 700 policiers (et bientôt 1200) déployés sur la frontière franco-italienne pour lutter contre la « criminalité transfrontalière ». Quelle est cette criminalité ? L’entrée irrégulière sur le territoire français de personnes qui ne veulent le plus souvent que le traverser pour arriver dans des pays où se trouvent déjà des membres de leur famille ou parlent la même langue et qui fuient des pays en guerre ou des pays dirigés par des dictateurs. C’est cette même « lutte contre la criminalité transfrontalière» qui justifient l’automatisme des contrôles d’identité contre les personnes qui ne seraient pas « blanches ». Dans tout le département des Alpes-Maritimes, les policiers les contrôlent à l’entrée de Menton, à la Gare de Menton-Garavan, à la Gare de Nice et dans les rues et les renvoient automatiquement au poste frontière de Menton d’où ils seront le plus souvent déportés vers l’Italie. Cette répression s’appliquent à toutes sans exception et rappellent, sans grand étonnement, que la France n’a jamais considéré comme « français-e » ou « européen-ne » celles et ceux qui n’avaient pas la couleur de peau blanche. Il n’y a aucun « critère objectif » car le plus souvent les gens arrêtés s’adressent aux policiers en langue française, ou dans une langue européenne (anglais, italien…). Ces pratiques racistes utilisées à la frontière existaient déjà ailleurs. L’intensification des contrôles d’identité ont lieu dans les zones où des « Noirs », « Arabes », « Roms » et « Blancs » pauvres circulent, notamment dans les quartiers populaires que l’Etat et les juges considèrent comme « zones sensibles » pour justifier l’automatisme des contrôles d’identité. On y retrouve aussi ces pratiques policières qui frappent, étouffent et tuent.
Les frontières tuent déjà et vont tuer encore plus ! Pendant que la France discute des quotas de réfugiés, l’Etat hongrois autorise l’armée à tirer avec des armes sur les réfugiés, et la mer méditerranée est militarisée de plus en plus ! Il y a un mois, un navire de la marine grecque a tenté de couler un bateau de réfugiés en pleine nuit ! La frontière franco-italienne est déjà militarisée avec les gendarmes côté français et les carabiniers côté italien, des hélicoptères qui survolent la zone et des bateaux de la marine qui surveillent les côtes.
Il n’est pas aussi inutile de rappeler que les « afflux de réfugiés » dont se plaint l’Europe sont le résultat d’une politique impérialiste et coloniale. Depuis l’invasion de l’Afghanistan et du Proche-Orient par les Etats-Unis et leurs complices européens, les pays sont totalement instables et les populations civiles meurent chaque jour. Il en est de même pour le Soudan, les pays du Sahel et l’ « Afrique de l’Ouest ». Derrière chaque conflit armé, il y a des intérêts et des stratégies géopolitiques qui profitent aux Européens du Vieux-Continent et du Nouveau-Monde. Loin d’assumer leur responsabilité en ouvrant au minimum leurs frontières pour accueillir les réfugiés de guerre, les Etats les plus riches du monde maltraitent des hommes, des femmes et des enfants pour les renvoyer vers des zones à fort risque de mortalité et prônent l’utilisation d’armes, l’installation de fils électrifiés aux frontières externes de l’Europe, mais aussi à Calais, à Bari….et utilisent encore le racisme comme critère de sélection des réfugiés. A défaut d’appartenir à la religion des colons blancs, le christianisme, les chances d’être accepté comme « réfugié » diminuent. Aujourd’hui des musulman-nes se convertissent pour obtenir le statut de réfugié. Des maires exigent que les réfugié-e-s soient chrétien-ne-s pour être accueillis dans leur commune et François HOLLANDE demande de porter une attention particulière aux chrétiens qui fuient l’Irak et la Syrie.
Malgré les violences et les humiliations des Etats européens, la continuation du racisme et du colonialisme dans le traitement des questions politiques que posent l’arrivée de réfugiés en Europe, les gens s’organisent chaque jour pour lutter contre les frontières, résister aux oppressions et vivre au mieux. Le Presidio No Border Ventimiglia est né de la résistance des migrant-e-s qui, pour contester la fermeture de la frontière franco-italienne, ont occupé les rochers. Chaque jour, il y a de plus en plus de migrant-e-s qui rejoignent le camp qui est un lieu de repos, d’organisation égalitaire et de construction de revendications politiques. Cette résistance n’est pas isolée. Depuis des années en France, des personnes s’organisent contre les violences policières et le racisme d’Etat qui se joue à chaque instant à tous les niveaux. Le 30 octobre prochain aura lieu La marche de la dignité et contre le racisme car 30 ans après la Marche pour l’Egalité le racisme, les violences et crimes policiers continuent !
Le 30 septembre, rassemblons-nous à 13h devant le tribunal correctionnel de Nice contre le colonialisme, le racisme d’Etat et les violences policières
We are not going back We need to go