VOI CRESCETE RECINZIONI, NOI COLTIVIAMO TENAGLIE. VOUS FAITES POUSSER DES GRILLAGES, NOUS CULTIVONS DES TENAILLES. [ITA] [FR] [ENG] [ESP]

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[ITA]

11 e 12 Novembre:

VOI CRESCETE RECINZIONI, NOI COLTIVIAMO TENAGLIE.

L’estate 2015 non la scorderemo facilmente. Migliaia di persone hanno reagito contro la chiusura dei confini e le politiche europee in materia di immigrazione. La determinazione di tanti e tante nel proseguire il proprio viaggio e nell’ottenere il riconoscimento della propria esistenza ha messo in crisi gli sbarramenti e i muri eretti a difesa della Fortezza Europa.

Da Choucha a Calais, da Budapest a Lesbo sono state tante le esperienze di ribellione: dal taglio delle reti, all’autorganizzazione di campi, alle proteste di massa nell’Eurotunnel, all’occupazione di spazi abitativi.

La rivendicazione di libertà di movimento e diritto a vivere nel luogo in cui si è scelto di restare ha sorpreso I governi europei che hanno reagito e gestito, come sempre, “questo flusso di persone” in termini securitari ed emergenziali, aumentando però l’intensità della repressione.

L’ipocrisia delle lacrime di coccodrillo per ogni strage in mare nasconde la crescente militarizzazione dei confini, le nuove recinzioni, i nuovi muri. Questa estate abbiamo assistito all’intensità crescente dei rastrellamenti sui treni, dei sempre più feroci controlli negli spazi di transito, che vanno di pari passo con la mala gestione del sistema di accoglienza, un crescente investimento nei sistemi di pattugliamento come Frontex, la finta guerra ai trafficanti e la ridefinizione di nuovi spazi semi detentivi come gli hotspots.

L’11 e 12 novembre a Valletta, capitale Maltese, l’Unione Europea e l’Unione Africana si incontreranno per discutere del destino di tutte quelle persone che stanno rivendicando il loro diritto alla libertà di movimento e residenza.

Al di là dei bei proclami, le questioni sulle quali i governi europei e africani cercheranno un accordo sono: la progressiva delocalizzazione delle frontiere verso sud, le operazioni di facciata contro le mafie che gestiscono il traffico di esseri umani, che non andranno assolutamente ad intaccare la capacità dello squalo di approfittare dei pesci, un accordo che concerti le potenze sul controllo del diritto di movimento e residenza delle persone. Quello della Valletta sarà un incontro che si pone in continuità con i processi già avviati a Rabat e Khartoum.

E’ la delocalizzazione della frontiera verso sud che ha creato il campo profughi di Choucha in Tunisia in cui cinquanta persone vivono in stand-by da quattro anni; è la delocalizzazione che legittima le pratiche di respingimento così come implementate in Tunisia. Il rafforzamento del controllo delle frontiere è la causa di chi muore tra la Spagna e il Marocco, tra la Libia e l’Italia, tra la Francia e l’ Inghilterra, tra la Serbia e l’Ungheria, tra Kobane e Suruĉ.

Lo stesso rafforzamento è la radice, in realtà, dell’aumento del costo della libertà di movimento, che cresce in proporzione alla criminalizzazione di questo diritto.

Mentre a Valletta si tenterà di consolidare ulteriormente le frontiere esterne alla Fortezza Europa, all’ interno della stessa i dispositivi, creati ad hoc per affrontare la questione della migrazione, continueranno ad essere causa dell’annullamento della libertà di movimento, residenza e autodeterminazione. Il dispositivo degli hotspots sottoporrà I migranti ad un controllo immediato, permanente e continuo; saranno obbligati a dare le proprie impronte per poi essere ricollocati arbitrariamente in un altro paese europeo o ricevere un decreto di espulsione riducendo, in tal modo, la migrazione ad una mera questione logistica.

L’ asilo politico resta l’unico canale di regolarizzazione la cui attesa si traduce in uno stato di sospensione della propria vita che può portare alla criminalizzazione della propria figura una volta che la domanda non dovesse essere accettata.

Gli strumenti di contenimento predisposti per le persone in transito si travestono da centri di accoglienza che sui blocchi politici trovano il modo di lucrare.

E’ importante mobilitarsi? E’ necessario. Perché l’essere umano esiste prima delle proprie creazioni, prima del diritto, e per questo la sua libertà di movimento e residenza deve essere il principio che muove le cose, non il crimine che va represso e controllato.

La migrazione non è qualcosa di distante; non la si incontra solamente in mare o nei barconi. Ha luogo nelle città, nelle stazioni, negli autobus e nei treni di tutti I giorni.

La mobilitazione è già in atto.

C’è chi sale sui tetti dei CIE e intonando “hurrya” trova la morte; chi occupa gli scogli per fuggire dalla repressione di Stato, chi taglia le reti che ne limitano la vita; chi a migliaia s’incammina lungo un’autostrada per rivendicare la naturalezza di attraversare uno spazio terrestre che ancora oggi, chi ci governa si ostina a chiamare confine; chi ancora, organizzandosi nella lotta prende un treno che attraversa la frontiera tra Ventimiglia-Mentone, consapevole di essere fermato una volta raggiunta la prima stazione francese, ma rimane rigoroso e testardo nel voler affermare la propria libertà di movimento.

L’11 e il 12 novembre potrebbero essere il ponte di lancio per affermare le diverse forme che la libertà di manifestare il proprio dissenso può assumere.

Lo status quo deve essere scosso fino ad un suo abbattimento consapevole e condiviso.

Dalle frontiere ai CARA e ai CIE, uniti nella lotta anche se appartenenti a diverse realtà, ribadiamo il nostro disprezzo nei confronti delle politiche statocentriche e discriminatorie.

La narrazione secondo cui il diritto garantisca l’uguaglianza fra tutti si spezza quotidianamente; è l’implementazione dello stesso diritto a creare molteplici frontiere e discriminazioni.
Uguaglianza è un concetto che non ci appartiene, perché affermiamo la libertà di essere diversi, essere noi stessi e di muoverci ovunque I nostri desideri e volontà ci spingano, noncuranti di definizioni quali “categorie a rischio”, “rifugiati” o “migranti economici”.

Per questo motivo l’11 e il 12 è importante muoversi con azioni diffuse su tutti i territori gridando ad alta alta voce:

WE ARE NOT GOING BACK!

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[FR]

L’11 et 12 Novembre:

VOUS FAITES POUSSER DES GRILLAGES, NOUS CULTIVONS DES TENAILLES.

Nous n’oublieront pas facilement l’été 2015. Des milliers de personnes ont réagi contre la fermeture des frontières et les politiques européennes en matière d’immigration. La détermination de si beaucoup de personnes dans la continuation de leur propre voyage et pour obtenir la reconnaissance de leur existence, a mis en crise les blocages et les murs élevés à défense de la Forteresse Europe.

De Choucha à Calais, de Budapest à Lesbo, elles ont été beaucoup les expériences de révolte : à partir de la coupe des grillages à l’auto-organisation des campements, aux protestes en masse dans l’Eurotunnel, aux occupations des espaces d’habitation.

La revendication de la liberté de circulation et le droit à vivre dans le lieu choisi a étonné le gouvernements européens que, comme toujours, ont réagi et gérant ce « flux » de personnes en mouvement en terme sécuritaires et d’urgence, en augmentant au même temps l’intensité de la répression.

L’hypocrisie des larmes de crocodile, pour chaque naufrage en mer, caches la croissante militarisation des frontières, les nouveaux grillages, les nouveaux murs. Cette été nous avons vu croitre l’intensité des rafles sur les trains, des controls de plus en plus féroces dans les espaces de transit, qui vont en parallèle avec la mauvaise gestion du système d’accueil, un croissant investissement dans les systèmes de patrouille comme Frontex, la fausse guerre aux trafiquants et la redéfinition de nouveaux espaces de semi-détention comme les hotspots.

L’11 et 12 novembre à Vallette, capitale de Malte, l’Union Européenne et l’Union Africaine se rencontreront pour discuter du destin de toutes les personnes qui sont en train de revendiquer leur droit à la liberté de circulation et résidence.

Au delà des beaux proclames, les questions sur lesquelles les gouvernements européens et africains chercheront un accord sont : la croissante délocalisation des frontières vers le sud, les opérations de façade contre les organisations criminelles gérant le trafic d’êtres humains, que ne toucheront pas la capacité du requin de profiter des poissons ; un accord parmi le puissances sur le contrôle du droit de circulation et résidence des personnes. L’encontre à Vallette repose en continuité avec le procès déjà mis en place à Rabat et Khartoum.

C’est la délocalisation des frontières vers le sud qui a crée le campement réfugié de Choucha en Tunisie, ou une cinquantaine des personnes vivent en stand-by depuis quatre ans ; est la délocalisation qui légitime les pratiques de repoussement si comme elles sont mise en service en Tunisie. Le renforcement du contrôle des frontières et cause de celles/ceux qui meurent entre l’Espagne et le Maroc, entre la Libye et l’Italie, entre la France et l’Angleterre, entre la Serbie et l’Hongrie, entre Kobané et Suruĉ.

Le même renforcement et le racine, en réalité, de l’augmentation du cout de la liberté de circulation que croîs en proportion avec la criminalisation de ce droit.

Alors que à Vallette ils tenteront ultérieurement de consolider les frontières externes à la Forteresse Europe, à son intérieur les dispositifs crées ad hoc pour faire face à la question migratoire, continueront à être la cause de l’annulation de la liberté de circulation, résidence et d’auto-détermination. Par le biais du dispositif des hotspots les migrant-es seront soumis à un contrôle immédiat, permanent et continu ; ils seront obligés de donner leur empruntes avant d’être placés de manière arbitraire dans un autre pays européen ou de recevoir un décret d’expulsion, en réduisent de telle façon, la migration à une simple question logistique.

L’asile politique est l’unique voie de régularisation, dont l’attente se traduit dans une période de suspension de la propre vie qui peut amener à une criminalisation de sa propre personne, une fois que la requête ne soit pas acceptée.

Les instruments de rétention disposés pour les personnes en transit se travestissent comme centre d’accueil que sur le bloquage politiques trouvent la façon de gagner dessus.

Est-ce-que il est important de se mobiliser? Oui, il est nécessaire!

Puisque l’être humain il existe même avant de se propres créations, avant du droit, et pour tout ça que sa liberté de circulation et de résidence doit être le principe qui fait bouger les choses, et pas le délit que doit être réprimé et controlé.

La migration n’est pas quelque chose de distante ; nous ne la rencontrons pas seulement en mer ou dans les bateaux.

Nous la trouvons dans les villes, les gares, les bus et les trains de tous le jours.

La mobilisation elle est déjà en place.

Il y a ceux qui montent sur le toits est en entonnent « hurrya » trouve la mort ; ceux qui occupent les rochers pour fuir de la répression d’Etat ; ceux qui coupent les grillages qui limitent leur vie ; ceux qui à milliers marchent sur l’autoroute pour revendiquer le naturel de traverser un espace terrestre que, jusqu’à présent, ceux qui nous gouvernent s’obstinent à l’appeler frontières ; et encore ceux qui, en s’organisant dans la lutte prennent le train que traverse la frontière Vintimille-Menton, sachant d’être arrêté une fois rejointe la première gare française, mais en restant rigoureux et têtus pour affirmer leur propre liberté de circulation.

L’11 et le 12 ils pourraient être un nouveau début pour affirmer les différentes formes que la liberté de manifester sa propre désapprobation peut assumer.

Le status quo doit basculer jusqu’à sa destruction consciente et partagée.

Depuis les frontières, aux CRA et les CIE, unis dans la lutte même si faisant partie de différentes réalités, nous rappelons le mépris contre les politiques discriminatoire et centrées sur l’Etat.

La narration par laquelle le droit soit garant de l’égalité parmi tous, se brise tous les jours ; c’est la mise en œuvre de ce droit qui crée les discrimination et la multiplication des frontières.

L’égalité c’est un concept que nous n’appartiens pas, puisque nous affirmons la liberté d’être différents, d’être nous même et de bouger ou nos désir et volontés nous poussent, insouciants des définitions comme « catégories à risque », « réfugié-es » ou « migrant-es économiques ».

Pour cette motivation l’11 et le 12 il est important se mobiliser avec des actions répandue sur tous le territoires en criant à haute voix :

WE ARE NOT GOING BACK

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[ENG]

November the 11th and 12th:

YOU SET UP FENCES, WE GROW UP TONGS.

We will not easily forget the last summer. Thousands of person reacted against the closed borders and the european immigration policies. The determination of several woman and man in keeping their journey and get recognized their own existence caused the distress of walls and barriers of the Fortress Europe.

From Choucha to Calais, from Budapest to Lesbo there were several cases of rebellion boycott: from the cutting of the fancies, to the camp self-organized; from the mass blockage of the Euro-tunnel to the squatting of new places for residential using.
The claims for the freedom of movement and residence surprised all the european governments and their way of approaching at the migration in terms of flux and emergency.

Behind the indignation that followed the tragedies in the Mediterranean see, we found new borders, new fancies and new walls. This summer we witnessed the growing number of police raking in the trains, the control of transit spaces together with the bad management of the red cross centers; we witnessed the growing investment to patrol system as it is frontex and the facade war against the smugglers in Libya together with the redefinition of the new detention spaces as the hotspots are.

L’11 e 12 novembre a Valletta, capitale Maltese, l’Unione Europea e l’Unione Africana si incontreranno per discutere del destino di tutte quelle persone che stanno rivendicando il loro diritto alla libertà di movimento e residenza.

The 11th and the 12th of November in Valletta, capital city of Malta, the European Union and the African Union will meet in order to deal on the destiny of all those person that are claiming their right of freedom, of movement and residence.

Behind the good proclaim, the european and the african governments will try to find an accord on the following issue: the gradual de-localization of the frontiers towards the south, the facade operations against the criminal organizations that are managing the human smuggling – operations that will not undermine the capability of the shark to eat on the fish, a deal that will agree the governments upon the control on the free movement and residence’s right.
The one in Valletta will be a meeting in line with the already going Rabat and Khartoum’s agreement.

It was because of the de localization of the frontiers towards the south that made possible the camp of Choucha in Tunisia in which still fifty person are living in stand-by since four years;
because of the de localization the practices of expulsion as they are implemented in Tunisia.
The strengthening of the control at the borders is the cause of death between Spain and Morocco, Libya and Italy, France and England, Serbia and Hungary, between Kobane and Suruc.
At the same time it has been due to this enforced control the increasing cost of the freedom of movement. The costs to pass the borders increase proportionally to the criminalization of this fundamental right.

While in Valletta
the Summit will try to enforce the control of the outside borders, inside the Fortress Europe the devices – set ad hoc in order to deal with the migration issue – will continue to abolish the freedom of movement, residence and self-determination.
The new device of the “hotspot” will put the migrant under such an immediate, permanent and constant control; everybody will be forced to give their finger print in order to be neither arbitrarily resettled in another european country or they will receive an obligation to leave the country.
In this way the migration will be treated just as a logistic matter.

The device of the political asylum is still standing as the only channel for regularization; the time required for this procedure means at best a stand by of your own life and at worst the criminalization of your own figure ones your request will not be accepted.
The institution that are suppose to contain the people in transit are, at the end, center of first aid that make money out of this situation of people in movement and border closed.

Is it important to stand in actions? It have tuned to be necessary.
Because the human being exists before his own creation, before the law; for this his freedom of movement and residence must be the cornerstone of everything instead of the crime that must be repress and controlled.
Migration is not something that is distant; it does not happen only in the see or in the boat.
It is going on in the cities, in the train stations, in the bus and in the trains of everyday life.

Mobilization is already on.
From the one climbing on the roof of the detention center dying shouting “huryya” to the occupation of the cliffs resisting at the repression of the State. From the one who is cutting the net that are constraining his life to the one that start walking in thousands on the highways reclaiming the right to cross a space that the governments are keep on define as border. From the one that took the train from Ventimiglia to Menton knowing to be stopped by the police at the first station; even so decisive in affirming his own freedom of movement.

The 11th and the 12th may be the opportunity to affirm your own dissent in all the forms that it may assume.

The status quo needs to be shaked until his collapsing, with consciousness and sharing.

From the borders to the detention centers and the camps, united in the struggle even if in different context, we affirm our disregard in front of all the discriminatory policies “for” the State.

The narration, by which the law guarantee the equality among everybody, breaks down everyday; it from the implementation of the same law that come out borders and discriminations.
Equality is a concept that does not belong to us insofar as we affirm the freedom to be different, to be ourself and to move everywhere our desires and wills bring us; that is why categories as “refugees” and “economic migrant” does not make sense to us.

For all these reasons the 11th and the 12th we think is important to act with withEspread actions on our contexts shouting as strong as we can:

WE ARE NOT GOING BACK!

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[ESP]

                                                                Los 11 y 12 noviembre:                         

                            USTEDES CRECEN RECINTOS, NOSOTROS CULTIVIMOS TIJERAS

El verano de 2015 no se olvidará fácilmente. Miles de personas han reaccionado contra el cierre de las fronteras y las políticas europeas en materia de inmigración. La determinación de tantos por continuar su viaje y obtener el reconocimiento de su existencia ha minado las barreras y las paredes erigidas para defender la fortaleza de Europa.

De Ventimiglia a Calais, de Choucha a Budapest han sido muchos los episodios de rebelión: el bloqueo de las redes, la creación de campamentos autogestidos, las protestas masivas en el Eurotúnel, la ocupación de espacios donde se pretende vivir y quedarse…

La reivindicación de la libertad de circulación y el derecho a vivir en el lugar que se elige han sorprendido a los gobiernos europeos, que han reaccionado intentando manipular, como siempre, el flujo de personas que viajan, en nombre de una falsa llamada de seguridad y emergencia, y, al mismo tiempo, intensificando la represión.

La hipocresía del remordimiento que sigue a cada masacre en el mar esconde el aumento de la militarización de las fronteras, las nuevas barreras y muros, que son testigos de la intensificación del control y de la represión sobre las personas en tránsito.

Hoy quien viaja está cada vez más expuesto y vulnerable a este tipo de dispositivos que perjudican la salida. Debido a una falsa lucha contra los traficantes y la financiación del sistema de patrulla fronteriza; quedan minados el tránsito seguro y la permanencia, debido al aumento de las redadas en los trenes, al sistema ineficaz de acogida (que se ha convertido en business para las cooperativas y las asociaciones) y, por último, la reciente creación de los llamados “hotspots”, centros de detención en los que quien viaja es forzado a dejar sus huellas dactilares esperando a ser reubicados arbitrariamente a otro país europeo o a ser expulsado, todo esto reduce la migración a una mera cuestión de logística.

Los días 11 y 12 de noviembre en la capital Maltesa, La Valleta, la Unión Europea y la Unión Africana se reunirán para discutir el destino de todas aquellas personas que reclaman su derecho a la libertad de circulación y residencia.

Las cuestiones sobre las quales los gobiernos africanos y europeos intentaran acordarse son: el gradual translado de las fronteras hacia el sur, las operaciones contra las organizaciones mafiosas que gestionan el trafico de seres humanos, que no quitaran la capacidad del tiburon de disfrutar de los peces, un acuerdo para concentrar las potencias en el control del derecho de movimiento y residencia de las personas.
Todo eso permitirá a los gobiernos gestionar de manera arbitraria la posibilidad de movimiento y de residencia de las personas en tránsito.
La reunión en La Valletta se pone en continuidad con los procesos ya empezados en Rabat y Khartoum en 2008.

Fue la reubicación de la frontera hacia el sur lo que creó el campo de refugiados de Choucha en Túnez, en el que cincuenta personas viven en espera desde hace cuatro años.
Es la reubicación lo que legítima las prácticas de rechazo como se aplica en Túnez. El refuerzo sobre el control fronterizo es la causa de las muertes entre España y Marruecos, entre Libia e Italia, entre Francia e Inglaterra, entre Serbia y Hungría y entre Kobani y Suruĉ.
Este fortalecimiento provoca la subida del precio que millones de personas tienen que pagar para moverse libremente, precio que irá en aumento a causa de la creciente criminalización de este derecho.

Mientras en Malta se tratará de consolidar aún más las fronteras exteriores de la Fortaleza de Europa, dentro de ella los dispositivos, creados específicamente para tratar el tema de la migración, seguirán denegando la libertad de circulación, de residencia y de autodeterminación.
El asilo político sigue siendo el único canal de regularización cuya expectativa se traduce en un estado de suspensión y, una vez que esa regularización sea rechazada, de una criminalización de por vida.

¿Es importante movilizarse? Es necesario; porque los seres humanos existen antes de sus creaciones, antes de la ley y esto debe ser el principio que mueve las cosas, no la criminalización que se ejerce para dispersar y controlar.
La migración no es algo lejano, no sólo la encontramos el mar o en los barcos; sino que tiene lugar en las ciudades, estaciones, autobuses y trenes que forman parte de nuestra vida cotidiana.

La movilización ha empezado ya.

Hay quien sube en los techos de los CIE y gritando “hurrya”(libertad) encuentra la muerte; hay quien ocupa las rocas para escapar de las represión del Estado, los que cortan las redes que limitan su vida; hay miles de personas que caminan a lo largo de una carretera para reivindicar el derecho arrebatado de cruzar un espacio que quien nos gobierna quiere llamar frontera; hay además quien, organizándose en la lucha, toma un tren que cruza la frontera entre Ventimiglia-Menton consciente de que será detenido en la primera estación francesa, pero se mantiene firme en querer reivindicar la propia libertad de circulación.

El 11 y 12 noviembre podrían representar la base para la construcción de un puente que consolide las diferentes formas que puede asumir la lucha por la libertad de expresión.

Es esta forma de estado actual la que debe ser sacudida hasta su eliminación total, compartida y consciente.

Desde los CARA hasta los CIE, unidos en la lucha aún si pertenecemos a diferentes realidades, reiteramos nuestro desprecio hacia las politicas estatales y discriminatorias.

Quien promueve la igualdad sobrentiende una conformidad y homologación erróneas por tanto nosotros no queremos ser iguales porque iguales no somos, simplemente queremos libertad para ser nosotros mismos y desplazarnos donde queramos, donde nos lleve nuestra voluntad y autodeterminación.

Por esta razón, los días 11 y 12 es importante avanzar con acciones esparcidas en todo el territorio gritando en voz alta:

WE ARE NOT GOING BACK!