WHERE IS FREEDOM: Il piano Alfano e la lotta per la libertà [ITA] [FR] [ENG]

Il piano Alfano è fallito. La serenità di questa affermazione non vuole nascondere la rabbia per i rastrellamenti nelle strade di Ventimiglia, le violenze della polizia nei commissariati e la deportazione di cinquanta persone dal confine italo-francese all’hotspot di Trapani, dove sono attualmente detenute. Gli annunci mediatici del ministro degli interni hanno avuto degli effetti molto concreti fatti di abusi e violenze, ma il “piano per per svuotare Ventimiglia dai migranti”, rivendicato con tanto orgoglio dalla questura di Imperia, è fallito.

Nei giorni immediatamente successivi le dichiarazioni di Alfano il movimento delle persone in viaggio non si è fermato, e già martedì la linea ferroviaria Ventimiglia-Nizza rimaneva chiusa un’ora per l’iniziativa di un gruppo di migranti che in pieno giorno ha cercato di attraversare la frontiera seguendo i binari. In commissariato, nel frattempo, la polizia ha avuto non pochi problemi a imporre l’identificazione alle persone rastrellate in città e le forme di resistenza, anche estreme, si sono andate moltiplicando. La risposta della questura, rafforzata nel suo organico di 60 uomini (oltre ai 60 alpini la cui inutilità è lampante), è stata muscolare e mediatica. Lo scopo è stato placare la pancia razzista del paese mostrando la presenza militare dello stato. Uno spettacolo violento che però non ha sostanzialmente impedito alle persone di raggiungere Ventimiglia e, in più di un caso, di bucare il confine.

Oggi a Ventimiglia sono presenti almeno 150 migranti, a dimostrare che sono fantasie quelle di chi crede che si possano confinare uomini e donne a suon di fermi, detenzioni e deportazioni. Se la polizia non si è fatta scrupolo di fermare le persone anche lungo la strada che porta alla sede della Caritas, così come ha vilmente sgomberato la foce del Roia mentre i/le migranti erano in fila per ricevere un sacchetto di cibo, questo non significa che il piano del ministro sia riuscito a piegare la determinazione di chi viaggia. Le persone rinchiuse a Trapani ci hanno chiamato, stanno bene (come si può star bene in un centro di detenzione…) e non vedono l’ora di ritrovare la libertà per ricominciare il proprio viaggio. Li aspettiamo presto qui al confine.

Dopo lo sgombero della foce del Roia un gruppo di migranti ha trovato rifugio sotto un ponte. Un posto brutto, sulle rive dello stesso fiume ma più a monte. In questo luogo, marginale nell’economia della città rivierasca, hanno trovato un minimo di tranquillità dalle vessazioni quotidiane della polizia. Qui la libertà di chi viaggia ha ricominciato a organizzarsi. Negli scorsi giorni ci sono state diverse assemblee nelle quali è emersa più volte la volontà di stare uniti/e e di far fronte insieme all’attacco della questura. I/le migranti hanno deciso di partecipare alla manifestazione contro violenze e deportazioni, e hanno chiarito a più riprese come le ragioni della protesta riguardano tanto la chiusura del confine, quanto le violenze della polizia italiana e francese. Forte è la voglia di uscire dall’invisibilità, per riaffermare la propria presenza e la comune volontà di passare il confine. La parola d’ordine più ricorrente è sempre la stessa: freedom, hurriya, libertà.

La controparte non l’ha presa bene. Stampa e questura hanno dimostrato in questa settimana un certo nervosismo, cercando di smentire alcune delle testimonianze che i/le solidali andavano via via raccogliendo e diffondendo. Non sono mancate nemmeno le intimidazioni da parte della polizia rispetto alla costante attività di monitoraggio dei/delle solidali presenti sul territorio. Avrebbero evidentemente preferito un po’ di discrezione. Non è a loro che dobbiamo dimostrare la nostra affidabilità, ma a chi ci consegna queste storie. Siamo abituati/e a prendere molto seriamente i colpi inferti dal braccio armato dello stato e sappiamo che serve cura tanto per le ferite del corpo quanto per ciò che si portano dietro. Quando usiamo certe parole, come tortura, violenza, deportazione, non lo facciamo a cuor leggero, ma l’amicizia che ci lega alle persone in viaggio ci impone di raccontare ciò che accade. Le testimonianze riportate nei comunicati nascono come promesse fatte a mezza voce che si rompono in un grido di fronte al silenzio che circonda questi episodi. Forse cominceremo anche a raccogliere i referti medici, ma con o senza questi non temiamo smentite e intimidazioni, sappiamo ciò che diciamo e non sarà un giornale online o un questurino a farci smettere di raccontare.

Come solidali restiamo al fianco di chi è in viaggio, continuando a supportare queste persone che chi governa vorrebbe invisibili e passive. Come nemici e nemiche delle frontiere vogliamo dar seguito alle parole usate in questi giorni nei comunicati usciti. “Estendere la solidarietà”, “bloccare le deportazioni” non sono per noi semplici slogan. A quanti supportano i/le migranti e l’azione dei/delle solidali al confine chiediamo quindi di fare un passo in avanti. Se come abbiamo detto i piani del ministero degli interni e della questura non hanno sortito gli effetti desiderati, ciò non vuol dire che non ci aspettiamo altri attacchi alla libertà di chi viaggia senza documenti. Il campo di fortuna sulle rive del Roia non è un luogo sicuro e in stazione così come nelle strade continuano i rastrellamenti. E’ possibile che nuovi sgomberi e nuove deportazioni abbiano luogo. Dobbiamo essere pronti/e, e non rassegnarci a un ruolo di mera testimonianza. Gli obiettivi non mancano. Il primo di questi è il blocco reale delle deportazioni, interponendoci ai fermi e al trasporto coatto delle persone in viaggio ovunque sia possibile. Se anche non ci si trova sul percorso delle deportazioni questo non impedisce a nessuno di mettere in crisi la circolazione di mezzi e persone in altri luoghi, esprimendo così la propria solidarietà verso i/le migranti. Il secondo obiettivo è denunciare le complicità di cui gode il sistema delle deportazioni, boicottare con i mezzi che ognuno riterrà più opportuni chi fa soldi con il trasporto coatto e la detenzione di esseri umani, Poste Italiane in primis.

Al contempo sentiamo forte la necessità di estendere il piano della solidarietà, dando un sostegno concreto a chi è in viaggio e costruendo materialmente la possibilità per tutti/e di agire qui ed ora come se il confine non ci fosse. La libertà che cerchiamo per tutte e tutti ha bisogno di una dimensione popolare, ampia, che a partire dalle pratiche di mutuo aiuto quotidiane smonti pezzo pezzo il discorso legalitario sulla gestione dei flussi, sull’accoglienza ecc. Crediamo in sostanza che a partire dalle relazioni di solidarietà diretta il distinguo fra ciò che è legale e ciò che non lo è perda di significato, aprendo la strada a una solidarietà diffusa verso le persone senza documenti che metta in crisi gli apparati di controllo della fortezza europa.

Infine Ventimiglia. A breve usciremo con un resoconto della giornata di oggi, in cui in tante e in tanti siamo stati di nuovo in piazza insieme. Rimane importante una presenza al confine di solidali, ma non ci illudiamo che la nostra semplice presenza basti a farla finita con gabbie e frontiere. Per questo chiamiamo fin da subito a delle giornate di azione per il mese di giugno, per fare un passo ulteriore nella lotta internazionale contro tutte le frontiere, ovunque si trovino.

La libertà è dove ci si organizza insieme!

alcune/i solidali a Ventimiglia

al fianco di chi viaggia, contro ogni frontiera

[FR]

WHERE IS FREEDOM : le plan Alfano et la lutte pour la liberté

Le plan Alfano a échoué. Affirmer cela sereinement ne revient pas à cacher notre colère face aux rafles dans les rue de Vintimille, la violence de la police dans les commissariats et la déportation de 50 personnes de la frontière franco-italienne au Hotspot de Trapani, où elles sont actuellement toujours détenues. Certes les annonces médiatiques du ministre de l’intérieur italien a eu des effets très concrets faits d’abus et de violences, mais le « plan pour vider Vintimille des migrants », revendiqué avec tant d’orgueil par la préfecture d’Imperia a néanmoins échoué.

Dans les jours qui ont immédiatement suivi les déclaration d’Alfano, le mouvement des personnes en voyage ne s’est pas arrêté et déjà mardi la ligne ferroviaire de Vintimille-Nice restait fermée à l’initiative d’un groupe de migrant.e.s qui en pleine journée a cherché de traverser la frontière en suivant les rails. Pendant ce temps là, au commissariat, la police a eu quelques difficultés à imposer l’identification des personnes arrêtées en ville, et les formes de résistance, même extrêmes, se sont multipliées. La réponse de la préfecture, renforcée de 60 hommes (en plus des 60 « Alpini » dont l’inutilité est évidente) a été musclée et médiatique. L’objectif a été de satisfaire les racistes de ce pays par la présence militarisée de l’État. Un spectacle violent qui cependant n’a pas fondamentalement empêché les personnes de rejoindre Vintimille et, en plusieurs points, de créer des brèches dans la frontières.

Aujourd’hui à Vintimille se trouvent au moins 150 migrants qui prouvent par leur présence que croire que l’on peut confiner des femmes et des hommes à coups d’arrestations, de rétention et de déportation relève de la fantaisie. Si la police n’a eut aucun scrupule à arrêter les personnes même le long du chemin qui conduit à la porte du siège de la Caritas, tout comme à expulser de manière véhémente la Foce del Roia (l’embouchure de la rivière Roya) alors que les migrant.e.s étaient en file pour recevoir un sac de nourriture, cela ne signifie pas pour autant que le plan du ministre ait réussi à mettre un terme à la détermination de ceulles qui voyagent. Les personnes enfermées à Trapani nous ont appelé. Elles vont bien (aussi bien que l’on puisse être dans un centre de rétention…) et sont impatientes de retrouver la liberté pour recommencer leur propre voyage. Nous les attendons de pied ferme.

Après l’expulsion du camp au bord de la rivière, un groupe de migrant.e.s a trouvé refuge sous un pont. Un endroit affreux, sur les rives du même fleuve, mais plus en amont. En ce lieu, marginal dans l’économie de la ville, ils ont trouvé un minimum de tranquillité face aux vexations quotidiennes de la police. Ici la liberté de ceulles en voyage a recommencée à s’organiser. Durant les jours précédents, se sont tenues plusieurs assemblées au cours desquelles est apparue à plusieurs reprises la volonté de rester uni.e.s et de faire front commun face à cette attaque de la préfecture. Les migrant.e.s ont décidés de participer à la manifestation contre les violences et les déportations et ont clarifié à plusieurs reprises les raisons de cette protestation. Elles concernent aussi bien la fermeture de la frontière que les violences des polices italiennes et françaises. Le désir de sortir de l’invisibilité est fort, afin de réaffirmer leur propre présence et la volonté commune de passer la frontière. Le mot d’ordre le plus récurrent est toujours le même : freedom, hurriya, liberté !

Le camp adverse n’a pas particulièrement apprécié. Journaux et préfectures ont fait preuve cette semaine une certaine nervosité, cherchant de démentir certains des témoignages que les personnes solidaires avaient pu recueillir puis diffuser. Les intimidations de la police se sont multipliées contre le travail quotidien de monitoring (copwatch) des personnes solidaires présentes sur le territoire. Ils auraient évidemment préféré un peu de discrétion pour leur sale besogne.

Ce n’est pas à la parole de ceux-ci, mais plutôt à celle de ceux qui témoignent directement de ces choses que nous devons confier notre confiance. Nous sommes habitué.e.s à prendre très au sérieux les coups assénés par le bras armé de l’État et nous savons qu’ils nécessitent une attention et des soins, que ce soit pour les coups sur les corps que ces blessures qu’ils continuerons à porter en eux/elles. Quand nous usons de paroles telles que torture, violence, déportation, nous ne le faisons pas le cœur léger, mais l’amitié qui nous lie aux personnes en voyage nous impose de raconter ce qu’il leur arrive. Les témoignages rapportés dans nos communiqués naissent comme des promesses faites à demi-voix, qui se transforment en un cri de rage face au silence qui entoure ces épisodes. Peut-être nous allons commencer à recueillir les témoignages médicaux… Mais même en leur absence, nous ne craignons ni les démentis, ni les intimidations, nous savons ce que nous affirmons et ce ne sera pas un journal en ligne ou un minable préfet qui nous feront cesser de publier ces témoignages.

En tant que solidaires, nous restons au côté de ceulles qui voyages, persistant à soutenir ces personnes que nos gouvernements voudraient invisibles et passifs. En tant qu’ennemi.e.s des frontières, nous voulons donner une suite aux paroles utilisées ces derniers jours dans nos communiqués. « Etendre la solidarité », « bloquer les déportations » ne sont pas de simples slogans. Nous invitons donc toutes celles et ceux qui soutiennent les migrant.e.s et l’action des personnes solidaires à la frontières de faire un pas en avant. Si, comme nous l’avons dit, les plans du ministère de l’intérieur et de la préfecture n’ont pas aboutit aux effets escomptés, cela ne revient pas à dire que nous ne nous attendions pas à de nouvelles attaques à la liberté de ceulles qui voyagent sans papiers. Le camp de fortune sur les rives de la Roya n’est pas un lieu safe, tandis qu’à la gare comme dans les rues les arrestations se poursuivent. Il est possible qu’il arrive de nouvelles expulsions et de nouvelles déportations. Nous devons être prêts à ne pas nous résigner à un rôle de simple témoignage. Les objectifs ne manquent pas. Le premier d’entre eux est un un blocage effectif des déportations, nous interposant lors des arrestations et du transport forcé de personnes en voyage, partout où cela se révèle possible. Si nous n’y sommes pas présents, rien ne nous empêchent de mettre en échec la circulation des biens et personnes dans d’autres lieux, exprimant ainsi notre solidarité à l’encontre des migrant.e.s. Le second objectif serait de dénoncer la complicité de ceux qui bénéficient du système des déportations, de boycotter avec les moyens que chacun.e retiendra le plus opportun ceux qui font du profit avec les déportations forcées, la détention d’êtres humains, à commencer par la poste italienne [déportation avec un avion de la poste, sic]

En même temps, nous ressentons la nécessité d’étendre notre solidarité, en offrant un soutien bien concret à ceulles en voyage, construisant matériellement la possibilité de toutes et tous d’agir ici et maintenant comme si la frontière n’existait pas. La liberté que nous cherchons pour toutes et tous a besoin d’une dimension populaire, large, qui, à partir des pratiques d’entraide quotidienne démonte pièce par pièce le discours légaliste sur la gestion des flux, l’accueil, etc. Nous sommes intimement convaincus  qu’à partir de cette relation de solidarité directe la distinction entre ce qui est légal et ce qui ne l’est pas explose et nous apparaît comme inconsistante. Cela ouvre la voix à une solidarité diffuse envers les sans-papier.e.s qui puisse, finalement, mettre en crise les dispositifs de contrôle de la forteresse Europe.

Infine Vintimille. A terme, nous publierons un bilan de la journée d’aujourd’hui, durant laquelle nous fumes de nouveau nombreuses et nombreux dans la rue, ensemble. La présence de personnes solidaires à la frontière reste importante, mais nous ne faisons pas d’illusion : notre simple présence ne suffit pas d’en finir avec les cages et les frontières. Pour cela, nous appelons dès maintenant à des journées d’action durant le mois de juin, pour faire pas supplémentaire dans la lutte internationale contre les frontières, où qu’elles se trouvent.

La liberté se trouve là où l’on s’organise collectivement !

Quelques personnes solidaires de Vintimille

Aux côté de ceulles qui voyage, contre toutes les frontières !

[ENG]

WHERE is FREEDOM : the Alfano [interior italian minister, sic] and the struggle for freedom

The Alfano plan failed. Affirming this serenely doesn’t mean ignoring our anger with round-ups in the streets of Ventimiglia, the violence of the cops in the police station and the deportation of 50 people from the french-Italian border and the Hotspot of Trapani, where there are still detained. Obviously, those declarations of the Italian interior minister had real its real concreteness within various abuses and violence. Nervetheless, the “plan to pull back migrants from Ventimiglia”, proudly claimed by the prefecture of Imperia has failed.

In the following days of the Alfano statement, the movement of the travelling people did not stop and tuesday yet, the train line Ventimiglia-Nice stayed closed due to the presence of a group of migrants on the railway in the middle of the day who were trying to cross the border following it. Meanwhile in the police station, cops were having some difficulty to complete the identification of the persons arrested in city: the even more extreme forms of resistance multiplied. The answer of the police headquarters (questura) of Imperia , reinforced by 60 more men – in addition with the 60 useless “Alpini” has been highly forceful and publicized. The goal was certainly to satisfy the racists of this country showing up a reinforced militarized state presence. A violent spectacle. Noneless, it did not substantially block the persons to reach Ventimiglia and even breaking in the border on several points.

Today in Ventimiglia, there is at least 150 migrants, proving by their mere presence how believing to confine women and men with arrests, detention and deportation. If the police didn’t feel any problem with arresting people on the way to the Caritas [only place where they can get food legally, sic] or with their vehement eviction of the Foce del Roya Camp [at the estuary of the river] while migrants were in line to receive a food pack, it does not mean the Alfano Plan managed to break and submit the determination of the persons in travel. Persons jailed in Trapani called us, they are ok (as ok you can be in a detension center…) and they can’t wait to regain freedom to restart their own trip. We are waiting for them here.

After the eviction of the Foce del Roya, a group of migrant found shelter under a bridge. A awfull place, on the riverside of the city but more upstream. In this marginalized zone of the city economy, they found some minimal peace from the everyday vexations of the police. Here, the freedom of those who travel re-organized itself again. In the same days several assemblies took place where appeared on several occasions the strong will to stay together and stand united in front of the police offensive. The migrants decided to participate to the demonstration against violence and deportation, and they clarified on different occasion the reasons of this protest. The concern is as much about the closure of the border as the violence of the Italian and French police. Strong is the desire to get out of invisibility, to reassess their own presence and common will to cross the border. The watchword remains the same: FREEDOM! HURRYA!

Our enemies did not really appreciate. Medias as police prove a certain nervousness, trying to deny some of the testimonies that activists gathered and spread. Intimidations towards those same people present on the territory who try to monitor the border went growing. They would have obviously preferred more discreteness. Our trust must not go to those ones, but rather towards the ones who directly testified it to us. We are used to take seriously any hurt perpetrated by the armed hand of the state. We know perfectly how much attention those bodily inflicted injuries as those ones irreparable they will keep with them need. When we use some words like torture, violence, deportation, we don’t do it with a light heart, but the friendship that bounds us to those persons pushes us to say what is happening. Testimonies brought out in our statements get born as promises whispered, and breach out as a shout in front of all the silence surrounding those events. Maybe We will state to gather medical reports. But with or without them, We are not afraid of denials and intimidations We know what we are saying and it will not be an online journal or an officer who will stop to talk.

As person in solidarity, we stay together with those who travel, persisting in supporting those persons that governments would like to see invisible and passive. As ennemies of the borders, We want to give a continuation to the same words pronounced in our recent statements. “To extend solidarity”, “to stop deportations” are not mere slogans for us. To those who support migrants and the action of activists at the border we ask to make a step forward. If, as we said before, the plans of the interior ministry and of the police headquarters did not reached their goals, it doesn’t mean we are not awaiting for a new attacks to the freedom of those travelling without documents. The camp on the river of the Roya is not a safe place, and in the station as in the streets, arrests are continuing. New evictions and deportations could occur. We must be ready, and to not restrain within a role of mere testimony. We don’t miss goals to reach! The first one is the real blockade of any deportation, standing at any arrest and forced displacement of person in travel anyway it is possible. And even if We are not on the way of a deportation, it doesn’t stop anybody to put into crisis the free movement of goods and people in other places, expressing so her or his own solidarity towards migrants. The second objective is to denounce the complicity of those who take advantage of the deprtation system, boycotting by any means necessary, all those who make profit with forced displacement and detention of human beings, starting by the Italian Post Service [facilitating the airplane for the deportation to Sicily]

At the same time we strongly feel the necessity to spread the solidarity, giving concret support to those who are travelling, building materially the possibility for all to act here and now as if the border did not exist. The freedom We are claiming for all needs a grassroots and large dimension that, from practices of everyday mutual aid, breaks brick by brick the legalistic discourse on the management of fluxes, reception, etc. In a few words, We believe that from the relations of direct and widespread solidarity the distinction between legal and illegal loses its pertinence, opeing the way to a form of solidarity towards undocumented persons that put into crisis the systems of control of the Fortress Europe.

Finally, Ventimiglia. In a short time We will publish a statement about today’s events, during which we found ourself protesting together. The presence of persons in solidarity at the borders remains important, but We are aware own mere presence is not enough to make an end to a cage and border regime. This is why we already call for days of action during the month of June, in order to make a step forwards in the international struggle against all borders, anywhere they are.

Freedom is where We organize!

Some persons in solidarity in Ventimiglia

On the side of those who travel, against any border!