E’ PROPRIO UNA PRIGIONE. Sul blocco stradale del 2 e 3 luglio di Corso Toscanini.

 

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La mattina del 2 Luglio, si presentano alle porte della chiesa di S. Antonio, che al momento ospitava circa 700 persone intenzionate ad attraversare il confine tra Italia e Francia, la leghista vicepresidente della regione Sonia Viale e Toni Iwobi, responsabile del dipartimento per la sicurezza e l’immigrazione istituito da Matteo Salvini, accompagnati da uno sparuto gruppo di sostenitori. Si tratta di una chiara provocazione: il loro intento è fomentare l’odio e la rabbia degli abitanti del quartiere delle Gianchette contro i migranti, i quali rimangono attoniti. Li guardo in faccia. Non capiscono che succede. Questo non capire viene poi presto sostituito da una certa preoccupazione per quello che potrebbe accadere. Allora quasi immediatamente si riunisce un’assemblea, settecento persone tutte sedute insieme, che alzano la mano ogni volta che qualcuno vuol parlare, chi parla si mette al centro del cerchio e tutti ascoltano, senza far domande, chi parla troppo viene sanzionato da fischi e borbottii. All’inizio dicono che devono stare attenti a non far troppo chiasso, a restare dentro gli spazi della chiesa, a mantenere pulito. Questi discorsi vengono ribaditi più di una volta. Finché qualcuno comincia a dire che se gli italiani non li vogliono, neanche loro vogliono stare in Italia. Se dei politici italiani sono venuti fin lì solo per dir loro che non sono graditi, ecco loro se ne vanno. Se ne vanno in Francia. Il tempo di mangiare, poi si scrivono gli striscioni. Lo striscione più grosso è : «Open the borders! This is the problem for the refugees», e poi altri, tra cui «They want to build a prison for us» e poi «No MIG, no Bombig, Yes People». Fatto questo, si mettono in fila indiana e partono. Sono cinquecento persone circa. La polizia italiana mette una volante davanti al corteo e blocca tutte le strade a parte la strada che va verso Ventimiglia alta. I migranti sono quasi obbligati a prendere quella strada, ma nemmeno vogliono forzare, stanno dietro alla volante, pur essendo in numero sufficiente per superarla e per superare anche i vari blocchi stradali nella città senza conseguenze. Ad un certo punto lungo la strada, la volante si blocca, di fronte al Forte dell’Annunziata. Uno degli sbirri fa il suo discorsetto morale ai migranti, dicendogli che se volevano dimostrare al mondo la loro condizione, andava bene, ma se credevano di passare il confine, li avrebbero combattuti con tutte le loro forze. Due domande cominciano a serpeggiare: «Ma qui siamo già al confine tra Italia e Francia?», «No», rispondo a chi me lo chiede, «mancheranno almeno 10 km». «Perché è la polizia italiana che ci ferma qui? Che ci lascino affrontare quella francese». Dopo il discorsetto due cellulari blindati della polizia italiana chiudono la strada. I migranti allora alzano tutti i loro cartelli e poi si siedono di fronte al blocco della polizia. Si dicono l’un l’altro: «Nessuno si deve muovere, stiamo qui finché non ci fanno passare». Sono forse le tre del pomeriggio. La Caritas verso le 5 cerca di mediare. Un portavoce viene individuato, ma nonostante questo il responsabile della Caritas continua a chiedere se qualcuno ha delle opinioni diverse rispetto a lui. Il portavoce allora risponde che ha capito il suo intento di dividerli, di frammentarli, di indebolirli. A questo tentativo di indebolimento, loro rispondono che non accetteranno cibo nè acqua dalla Caritas. Tutto il pomeriggio, la sera, la notte, i migranti non si muovono. Si dorme lì, sulla strada.

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Al mattino, dopo il risveglio, i migranti cominciano a fare una battitura di fronte al blocco della Celere. I giornali hanno scritto che da parte di un gruppo di no borders è partito un lancio di oggetti all’indirizzo degli agenti di polizia, e da questa sarebbe nata la carica. E’ una falsità: gli sbirri hanno caricato, tra gli altri ferendo anche la responsabile di Amnesty per la Costa Azzurra, sostanzialmente per liberare un passaggio carrabile.

VIDEO DELLA CARICA: https://www.facebook.com/Presidio-Permanente-No-Borders-Ventimiglia-782827925168723/videos

Dopo la carica i migranti sono ancora più decisi a non muoversi, stanno davanti alla polizia a fare una lunghissima battitura, finché stremati, dopo la carica e la battitura, cercano un filo d’ombra da qualche parte e si accartocciano su se stessi, dentro il perimetro dell’ombra, non mangiando e bevendo pochissimo da più di 24 ore, sotto un sole che cuoce i cervelli.
Nel pomeriggio il sindaco Ioculano si presenta al Forte dell’Annunziata dicendo di voler fare una mediazione. Il portavoce dice al sindaco che lui viene da un paese in guerra; che, appena arrivato in Italia ha subito violenza quando gli hanno preso le impronte digitali. Dato che non rientra nel suo progetto migratorio restare in Italia, gli hanno pure dato un decreto di espulsione. Lui, tentando anche di rispettare questo decreto, si sta dirigendo verso la Francia. Ogni volta che ci prova, la polizia lo respinge con violenza, lo bastona, lo picchia. E allora basta, dice. Lasciateci andare. Ioculano, nonostante tutti i migranti avessero chiesto che la mediazione fosse pubblica, si prende da parte il portavoce e, da quello che poi lui ci riferisce, gli dà sostanzialmente un ultimatum. Ioculano dice ai migranti che l’unico modo per passare il confine è illegalmente e che se avessero continuato a stare lì di fronte al blocco della polizia, la Celere avrebbe attivato il suo apparato repressivo. Non dà soluzioni. Dice soltanto che è già in allestimento e che tra pochi giorni sarà già pronto un campo nel Parco Roja che potrà ospitare tra le 200 e le 250 persone. Le persone non saranno identificate per 48 ore. Dopo queste, se decideranno di rimanere, dovranno accettare l’identificazione. E’ chiaro che chi vuole passare il confine non sta chiedendo un nuovo campo, per di più non un campo così inadatto ad ospitare tutti. I migranti decidono di rimanere ancora e dicono che non sono per nulla spaventati dalle minacce. Verso le 5 però comincia a girare la voce che cinque autobus e due aerei sono pronti per deportarli tutti. Sono stremati. La mancanza di cibo, la poca acqua, il sole cocente da quasi due giorni è il nemico più forte. La notizia scoraggia molti, che decidono di lasciare il blocco. Nel giro di un paio d’ore resteranno in un centinaio circa. Arriva del cibo da solidali italiani e francesi che rincuora e dà forza e che viene accettato di buon grado. Però anche gli ultimi cento rimasti si rendono conto piano piano che il numero non è più sufficiente a tenere un blocco a lungo e che probabilmente sarebbero stati sgomberati e poi deportati tutti senza eccessiva difficoltà. Allora si torna tutti, insieme, come insieme si era partiti. Un piccolo corteo passa per il centro della città, e molti ventimigliesi esprimono con il clacson la loro rabbia perché bloccati nel traffico per una decina di minuti da questo corteo spontaneo. Alcuni gridano dalle auto: «Andatevene!», mentre i cori dei migranti si sentono chiari: «Italy no! Yes France!». E quindi il paradosso della frontiera diventa palpabile. Perché basterebbe che non ci fosse, per far contenti tutti.

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