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13 Marzo: Riviera Classic #noborders

Oggi si è tenuta la ‘Monaco Run Riviera Classic’, corsa podisitica da Ventimiglia a Montecarlo che ha visto la partcipazione di un migliaio di persone. Nei giorni scorsi alcuni temevano che qualche migrante potesse infiltrarsi cogliendo l’occasione per superare il confine. Noi lo speravamo.
La paranoia securitaria, strumentalmente alimentata dai media, dilagava: tutti gli atleti sono stati schedati e muniti di pettorine con microchip. Anziché occasione d’incontro e uguaglianza, anche lo sport è stato sottomesso alle disumane regole che governano la frontiera.

Non potevamo lasciar passare quest’ennesima vergogna sotto silenzio: questa mattina ci siamo presentati alla partenza della gara portando cartelli con messaggi di solidarietà con i migranti bloccati a Ventimiglia e ai confini della Fortezza Europa. Numerosi maratoneti hanno accettato di esporli durante il percorso per denunciare l’ingiustizia delle frontiere.

Libertà di movimento: o tutti o nessuno!

MANIFESTAZIONE INTERNAZIONALE NO BORDERS A VENTIMIGLIA – MANIFESTATION INTERNATIONALE NO BORDERS À VINTIMILLE [ITA] [FR] [ENG]

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[ITA]

CHIAMATA NO BORDERS ALLA LOTTA INTERNAZIONALE PER LA LIBERTÀ DI MOVIMENTO – domenica 4 ottobre manifestazione a Ventimiglia

All’alba di Mercoledì 30 Settembre due ruspe e tre camion hanno distrutto in sei ore un luogo di solidarietà costruito in oltre tre mesi grazie al supporto dei migranti in viaggio e dei solidali di tutta Europa. Hanno pensato che oltre alle tende, alla cucina, alle docce, avrebbero demolito anche il cuore della lotta No Borders. Si sbagliano: il Presidio ha mostrato di valicare ogni barriera fisica e materiale contrapponendo alle barriere la costruzione comune di un territorio di solidarietà, relazioni e lotta internazionale per la liberà di movimento per tutte/i e contro ogni confine.

Quello che abbiamo visto accadere in questi mesi a Ventimiglia, avviene anche altrove: Choucha, Lampedusa, Calais, Parigi, per citarne solo alcuni. Sono altri luoghi di resistenza, posti di frontiera interni ed esterni della “Fortezza Europa”. Spazi di transito dove alla violenza del viaggio, dei maltrattamenti subiti dalla polizia e dai trafficanti, si unisce la violenza del confine materiale, una linea immaginaria militarizzata senza pudore. La violenza di un limbo in cui i migranti diventano pedine da ripartire tra vari stati in un gioco di ambiguità legislative. Vediamo un’Europa che professa libertà di movimento mentre Schenghen si riduce ad ennesimo dispositivo che rafforza le gerarchie tra chi è cittadino e chi non lo è e per questo rimane intrappolato nelle disposizioni di Dublino III, che vincola la domanda d’asilo al primo paese di arrivo.

Sappiamo bene che il controllo non è l’unica strategia messa in campo nella gestione della migrazione: quel che denunciamo, oltre alla chiusura dei confini, è il drenaggio classista e razziale dei flussi, attraverso cui gli stati cercano di accaparrarsi la manodopera più qualificata, talvolta creando un vero e proprio “business dell’accoglienza” in cui i rifugiati diventano possibilità di profitto per le cooperative, talvolta attraverso lo sfruttamento redditizio dell’illegalità, sistematicamente infine nello sfruttamento sul lavoro.

Meno di un mese fa scrivevano che a Ventimiglia non c’erano più migranti, e in poco tempo il nostro campo ospitava 220 migranti in transito. Oggi viene scritto che la giornata del 30 settembre, iniziata con uno sgombero e finita con la spartizione degli ottanta presidianti tra commissariato, carabinieri e Croce Rossa, “è stata una giornata di soluzioni”.
Il confine resta però chiuso e i migranti che erano disposti a rischiare la propria vita sugli scogli per rivendicare il diritto all’autodeterminazione, sono ora per strada.

I solidali restano con loro. Loro restano con i solidali. Resteremo uniti nella lotta finché “le soluzioni” pensate non portino all’apertura del confine: é questa la decisione che ha concluso la prima assemblea del No Borders Camp in esilio.
Distruggere le nostre cose, circondarci con centinaia di agenti e decine di blindati, non è una risposta al problema dell’abominio rappresentato dai respingimenti in frontiera.

I migranti arriveranno ancora, e le stesse violazioni saranno perpetrate. Ci hanno tolto casa ma non ci hanno fermato. Oggi siamo più forti, più determinati e ancora più uniti.
Chiamiamo con un appello internazionale chiunque sia convinto, assieme a noi, che la storia della lotta contro i confini sia solo all’inizio e che oggi, ancora più che ieri, sia il momento di gridare con tutte le nostre voci:

WE ARE NOT GOING BACK!

DOMENICA 4 OTTOBRE 2015 ORE 14:30 ALLA STAZIONE DI VENTIMIGLIA
MANIFESTAZIONE INTERNAZIONALE

HURRYA!

Presidio permanente No Borders Ventimiglia in exile
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Uniti abbiamo resistito e uniti ripartiamo! [ITA]

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La giornata dell’11 giugno ha dato inizio ad una resistenza che ha messo in imbarazzo i governi e le forze di polizia di Italia e Francia. Ieri 30 Settembre, come il 16 giugno quando il primo tentativo di sgombero fallì miseramente, chi cerca di imporre dei confini alla nostra libertà ha perso. Dopo quasi quattro mesi di lotta, che ha visto migranti e solidali unirsi contro la materialità dei confini e la loro logica opprimente, è stato distrutto il campo che era la nostra casa, ma non la forma di vita che insieme abbiamo costruito e l’organizzazione comune della lotta, presente e a venire, contro tutti i confini.

Alle 5:30 uno schieramento di dodici camionette e 250 uomini in divisa, tra carabinieri, polizia, guardia di finanza ecc. ha dato inizio all’operazione di “devastazione e saccheggio” del presidio permanente No Borders, costringendo un ottantina di persone, tra migranti in viaggio e solidali, a ritornare sulla scogliera come all’inizio, in quei giorni di giugno in cui nacque il presidio. Un luogo per noi centrale, il luogo di origine di questa lotta: siamo andati lì non solo per mera difesa ma perché quel posto è dove è nato quel “noi” che è la forza, la potenza di questo movimento.

Con ruspe ed enormi contenitori di immondizia si è consumato uno sgombero meditato da tempo. Hanno spazzato via le tende, i vestiti, il cibo, le brochures informative, i libri, i materiali per le lezioni di inglese, francese, arabo, le chitarre, i palloni, i mobili auto-costruiti, le docce, i bagni.

La violenza devastatrice di quelle ruspe ha tentato di cancellare il lavoro di mesi di autorganizzazione, che ha mobilitato la solidarietà di tantissime persone, tra migranti, attivisti da tutta Europa, persone solidali giunte a portare pacchi di pasta, latte, acqua, le proprie competenze, la voglia di mettersi in relazione.

L’esperienza del presidio è ed era fatta di corpi, di sguardi, nel continuo sforzo di conoscersi, di raccontarsi anche oltre le barriere della lingua. È ed era l’immediatezza delle relazioni, del vivere insieme, del costruire, insieme alla frustrazione di avere di fronte una barriera che costantemente rinfaccia la minaccia dell’espulsione, che costantemente riproduce il volto brutale dell’Europa. È ed era anche una forza che si esprime nelle “battiture” davanti la frontiera, nelle improvvisazioni musicali, nella convinzione di non essere soli, di lottare insieme. A Ventimiglia c’era e rimane il dirompente desiderio di libertà.

Abbiamo sgomberato il presidio, non i migranti”, ha detto il sindaco di Ventimiglia Ioculano.

Quel che tentano di spazzare via quelle ruspe – sotto gli occhi vigili di poliziotti armati fino ai denti – è soprattutto un percorso di autogestione, di lotta, che avviene in primo luogo attraverso l’immediatezza del vivere insieme, la potenza e la forza di diventare un “noi”. Contro la forza delle divise, presenti in un numero spropositato, stava e sta la forza e la dignità di stare insieme e lottare per la libertà.

In stato di assedio e accerchiati dalle forze dell’ordine noi, resistenti degli scogli, abbiamo dato prova di forza e unità per le dodici ore a seguire. Forti solo nel numero e nei mezzi, gli uomini in divisa hanno minacciato denunce e identificazioni nei confronti dei migranti, nonché ulteriori denunce e fogli di via per i solidali. Non sono riusciti, come credevano, a risolvere “il problema” in poche ore. L’unico accordo possibile partiva dalla condizione che i migranti in viaggio, una cinquantina, non avrebbero subito conseguenze di alcun tipo, fosse essa una denuncia o un’identificazione e inserimento nel sistema Eurodac, e così è stato.

Durante la giornata è stata manifestata chiaramente la volontà di non cedere di fronte le intimidazioni e le pressioni ricevute; mentre da fuori le tante iniziative di solidarietà, da Mentone a Lampedusa, Roma, Milano, Bologna, Torino e Toulouse ecc., davano forza a chi resisteva. Nel frattempo, mentre la lotta proseguiva sugli scogli, tanti dei nostri sono stati portati via dalle forze dell’ordine e chi si avvicinava nel tentativo di dare la propria solidarietà attiva e materiale (cibo e acqua) veniva allontanato, tenuto a distanza o preso dalla polizia, identificato e denunciato. Un semplice “hurriya” gridato da lontano è costato a qualcuno cinque ore di commissariato.

Per ore siamo stati insieme sugli scogli, senza acqua e cibo, abbiamo condiviso paure, energie e voglia di resistere. La controparte, cioè il ministero dell’interno, constatato che non era possibile sgomberare gli scogli senza quello che viene chiamato “danno di immagine”, ha accettato la mediazione del Vescovo sulle posizioni dei migranti e solidali sugli scogli. Insieme abbiamo lasciato gli scogli, uniti oggi come negli ultimi quasi quattro mesi di lotta. Inevitabilmente la conclusione della trattativa ha determinato la divisione del gruppo, e non è stato facile accettarlo. I migranti hanno raggiunto il centro di accoglienza gestito dalla croce rossa con i mezzi messi a disposizione dalla Caritas e senza essere identificati dalle forze di polizia. Gli/le attivisti/e sono stati presi dalle forze di polizia che alla luce della situazione che vedeva ancora tanti solidali mobilitati li ha rilasciati in poco tempo e senza alcun foglio di via, dopo averli comunque sottoposti a identificazione e iscritti nel registro degli indagati per invasione di terreni o edifici. La sera stessa eravamo di nuovo insieme, convinti di voler continuare a lottare.

Una ventina di migranti, che non sono riusciti a raggiungere gli scogli sono stati presi durante i primi momenti dello sgombero, portati all’ aereoporto di Genova e deportati al CARA di Bari. Al momento non sappiamo se su di loro pende un procedimento di rimpatrio o hanno subito “solo” la riammissione in Italia e l’identificazione, e stiamo seguendo la cosa con l’aiuto degli avvocati e delle reti di solidarietà per capire cosa si devono aspettare questi ragazzi e come supportarli.

Nello stesso giorno a Nizza un nostro compagno è stato processato e condannato a 6 mesi (pena sospesa), 150 ore di lavoro per lo stato e 1600 euro di danni alla poliziotta della PAF che l’ha denunciato. Questa sentenza, a cui faremo appello, è frutto del clima di razzismo istituzionale che sta caratterizzando il dipartimento della Alpi Marittime, con la quotidiana criminalizzazione di migranti e solidali. Denunciamo inoltre l’ingiustizia di una corte che non ha tenuto conto dell”impossibilità per i testimoni di raggiungere il tribunale (essendo questi sugli scogli di Ponte San Ludovico) quale motivazione per la richiesta di rinvio. Denunciamo infine il pregiudizio evidente nei confronti del nostro compagno e la falsità delle accuse a suo carico.

A tutti coloro che in questa giornata hanno subito la repressione di Italia e Francia nella lotta contro i confini nella forma del fermo, dell’arresto, della condanna, della deportazione, dell’identificazione ecc. va la nostra solidarietà e la promessa che nessuno verrà lasciato solo di fronte a tanta ingiustizia.

E’ evidente che la mediazione trovata non è un punto d’equilibrio, ma un momento della resistenza. La verità è che al di là della vetrina turistica della riviera, il problema della libertà di circolazione rimane, e la chiusura delle frontiere è un fatto scandaloso che genera condizioni di ingiustizia a cui non si può rimanere indifferenti. Il centro della Croce Rossa in stazione esplode di persone in viaggio, ed è quindi evidente che rimane il bisogno di spazi di supporto ai migranti in transito.

Hanno distrutto un luogo, una casa, un rifugio per molti. Hanno distrutto un Presidio, ma non un percorso di lotta, perché Ventimiglia non e’ solo un luogo. Ventimiglia e’ un’idea di resistenza che poggia su una rete di solidarietà consolidata in questi tre mesi e mezzo, che nessuna ruspa e nessuno sgombero riuscirà a smantellare.

PER QUESTE RAGIONI E ALTRE CHE AVREMO MODO DI ESPRIMERE NELLE PROSSIME ORE INVITIAMO TUTTE E TUTTI A MOBILITARSI PER UNA MANIFESTAZIONE INTERNAZIONALE DOMENICA 4 OTTOBRE ALLE 14 A PARTIRE DAL PIAZZALE DELLA STAZIONE DI VENTIMIGLIA .

Ventimiglia e’ ovunque e la solidarietà è la nostra arma.

WE ARE NOT GOING BACK!

Presidio Permanente No Borders Ventimiglia in exile

Blocco alla frontiera, investito un giornalista francese [ITA-ENG]

[ITA]

Il 7 settembre 2015 150 persone del presidio permanente No Border di Ventimiglia, hanno partecipato ad un progetto di resistenza artistica, la cui finalità era la commemorazione delle vittime dei cosiddetti viaggi della speranza che spesso si trasformano in viaggi della morte.
Attraverso i corpi e le voci si é urlato per invocare il diritto alla libertà di movimento senza discriminazione, per opporsi alla militarizzazione repressiva da parte delle forze dell’ordine e delle istituzioni. Durante l’attività i “migranti” hanno dato vita ad una protesta spontanea e pacifica. In questo frangente, un giornalista francese che stava riprendendo la protesta è stato investito da un’auto che ha sfondato il blocco dei manifestanti, ed é stato portato al pronto soccorso.
Da sottolineare il comportamento della polizia che è sempre così attenta a controllare la pericolosità dei No Borders e non é intervenuta davanti ad un automobilista che é fuggito dopo aver volontariamente investito qualcuno. Tale fatto inoltre é stato preceduto da episodi analoghi in cui altri conducenti hanno urtato altri manifestanti.

Gli avvenimenti di ieri rafforzano la guerra contro i movimenti di lotta dei migranti come questo. Nei fatti, contraddicono il discorso mediatico e politico attuale che vorrebbe depoliticizzare la condizione dei “migranti” parlandone solo in termini di “crisi umanitaria” e occultando il fatto che l’Europa non ha mai così tanto militarizzato le sue frontiere e così tanto violentemente represso i flussi migratori.

Qui il video.

Qui il racconto del giornalista.
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Workshops #Solidarity without borders! 11-12-13 september [ITA-ENG-FR]

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[ITA]

Workshop

Militarizzazione, moltiplicazione dei confini e pratiche di resistenza

La gestione dei flussi migratori diviene pretesto per giustificare un’intensificazione degli strumenti di controllo e di repressione. La militarizzazione avviene in diverse forme all’interno dei territori europei, incidendo sulla vita di tutti e in maniera specificatamente violenta su quella dei migranti, spesso identificati unicamente su base razziale. La moltiplicazione delle frontiere, che oggi sono chiaramente individuabili non solo nelle reti con filo spinato, ma anche in ogni divisa posta a difesa dell’ordine europeo, riguarda anche i territori di transito e provenienza dei migranti. Infatti nei paesi oggetto di politiche di espansione e sfruttamento economico assistiamo a nuove forme di colonialismo, sotto forma tanto di operazioni militari quanto delle cosiddette missioni umanitarie. Anche il contenimento dei flussi, nella strategia europea, si traduce nella delocalizzazione e spostamento dei confini oltre il Mediterraneo.

A tutto questo è necessario opporre una serie di pratiche, azioni dirette e contro-narrazioni che in forme differenti si sono già sviluppate nei territori. Crediamo che questo possa essere fatto con diversi livelli di intensità dal monitoraggio dell’azione repressiva al sabotaggio dei dispositivi militari, così come attraverso campagne pubbliche di illegalità di massa a supporto dell’attraversamento dei confini. Bisogna inoltre approfondire la discussione sulle organizzazioni criminali che fanno del traffico di esseri umani un business, ed anche sulla contiguità che queste organizzazioni hanno con governi e polizie. Questo workshop è pensato per condividere e intrecciare i diversi percorsi.

Migrazioni, sfruttamento, lotte e riappropriazioni

La distinzione tra categorie di migranti, in particolare quella tra migranti economici e richiedenti asilo, è fittizia e funzionale allo sfruttamento. Alla ricerca di una vita degna i migranti intraprendono un viaggio che li porta a oscillare continuamente tra la legalità e l’illegalità. Il percorso verso la regolarità è pieno di ostacoli, superati i quali i migranti si trovano comunque a dover far fronte a necessità basilari, quali il reddito, la casa, la salute ecc. in una condizione di costante ricattabilità. La subalternità dei migranti all’interno del sistema capitalista è funzionale in questo senso alla creazione di nuove gerarchie tra i lavoratori stessi, contribuendo così alla distruzione dei diritti ed al peggioramento delle condizioni di vita per tutte e tutti.

I migranti però, lungi dall’essere solo forza lavoro ricattabile e a basso costo, sono altrettanto spesso promotori di iniziative di autorganizzazione e pratiche di resistenza. Se guardiamo alle lotte emerse in questi ultimi anni in Italia e non solo infatti vediamo un grande protagonismo del soggetto migrante: dalle lotte dei facchini, ai sollevamenti dei braccianti, alle tante occupazioni abitative che si moltiplicano sui territori. E’ questo protagonismo a cui dobbiamo guardare quando cerchiamo delle risposte alla ricerca di una vita degna per tutte e tutti, costruendo legami di solidarietà che tengano uniti europei e migranti nella lotta allo sfruttamento.


Accoglienza istituzionale e alternative radicali

Il sistema dell’accoglienza è la risposta istituzionale che l’Europa fornisce tanto per sostenere la retorica umanitaria delle democrazie liberali, quanto per attuare forme di controllo e contenimento dei flussi. L’accoglienza istituzionale in Italia si presenta come una nuova possibilità di valorizzazione per un terzo settore in crisi sia dal punto di vista economico che rispetto alla propria identità e ragion d’essere. Stiamo parlando in sostanza di un sistema dove il migrante diviene immediatamente una risorsa sfruttabile per un’attività dalla parvenza umanitaria ma di fatto gestita nella forma imprenditoriale del business. Anche laddove non presenta forme esplicitamente detentive il sistema dell’accoglienza gestito dalle cooperative riproduce servizi dai tratti fortemente paternalistici pensati per mantenere il migrante in una condizione di passività e ricattabilità compatibile con lo sfruttamento di cui è oggetto. In un sistema di questo tipo non c’è spazio per l’interlocuzione, salvo per quei soggetti “forti” che da fuori ne attaccano la legittimità. All’interno di questo spazio politico si è fatta largo la destra razzista e populista, che nel corso degli ultimi anni si è dimostrata per l’ennesima volta utile al potere nel deviare l’attenzione dalle reali ragioni della crisi in corso facendo leva sulla paura del ‘diverso’.

Noi pur non volendo lasciare margini di manovra all’avanzare di razzisti e conservatori di varia specie, non possiamo esimerci dall’attaccare esplicitamente questo sistema di accoglienza, ragionando sin da subito su delle alternative concrete e radicali all’esistente. A partire dall’esperienza di Ventimiglia, così come dalle tante esperienze di occupazioni ed autogestioni di migranti e solidali in tutta Europa, riteniamo di poter tratteggiare alcune risposte che vanno in una direzione diversa rispetto alle proposte che vedono nel cooperativismo “sano” la via da perseguire. L’autogestione degli spazi di vita è sicuramente il punto centrale del nostro agire, è questa pratica infatti che restituisce al migrante la sua natura di soggetto e non di oggetto-utente. La possibilità di autodeterminarsi nel viaggio ad esempio è fortemente condizionata dall’accesso alle informazioni circa il sistema giuridico, politico ed economico dei luoghi di destinazione scelti dai migranti in transito. E’ questo uno dei compiti principali che le reti informali di migranti e solidali devono continuare a sostenere. In questo workshop vorremmo quindi provare a confrontarci sulle forme che l’accoglienza autogestita ha assunto nei vari territori, per avere immediatamente un’alternativa da opporre all’accoglienza istituzionale e fornire nuovi strumenti a quanti, tra operatori e migranti, vogliono provare ad aprire delle crepe all’interno di questo sistema. Crediamo infatti che tra gli operatori sociali dell’accoglienza siano in tanti a vedere l’insostenibilità e l’inadeguatezza del modello istituzionale, e non possiamo sottovalutare l’importanza che avrebbe l’apertura di lotte all’interno dei centri governativi e di quelli gestiti dal cosiddetto “privato sociale”.

 
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Solidarity without borders! 11-12-13 september – Transnational meeting against borders, racism, exploitation and militarization

The French-Italian border of Ventimiglia is a place full of contradictions. Since the closure of the border in the middle of june 2015 this place has been one of the symbols of violence that characterizes the EU immigration policy. Here we have seen police raids on the trains and in the stations stopping peolple on the basis of their skin colour, we have been witnesses of deportations that hundreds of migrants suffer daily, we have been put in custody by the police here and beyond the border.

Migrants were the first to respond to repression, occupying the rocks near the border and setting up a camp that during these months has become a space of resistance, complicity and struggle. After that moment Presidio No Border has promoted many initiatives and direct actions questioning the closure of the border, its logic and its consequences.

After a first unsuccessful eviction attempt, the intutions have opposed a low intensity strategy against this resistance, exercising a constant pressure on the field. The attack by police forces, Italian and French, have been carried out with the support of traffickers and the logistics provided by the Italian Red Cross, with the help of embedded journalists and politicians, united in the manipulation of the so-called “refugees emergency”.

The escalation of repression against people showing solidarity with migrants culminated in several episodes that we mention here. Our monitoring and counter-action against deportations across the high border at Ponte San Luigi have already costed us 18 charges for occupying, an arrest and 7 expulsion orders, without considering the many events of intimidation to which we are daily exposed to. These administrative measures have not been able to stop the self-organization process of migrants and people showing solidarity at the border.

After two months the Presidio Permanente No Border in Ventimiglia is still there and calls out to all networks, individuals and collectives that in recent months have mobilized in solidarity with migrants to relaunch a transnational convergence against borders, racism and the exploitation and militarization of territories.

From the transnational three days of the 24-25-26 July, we started a discussion about some important arguments about the meaning and direction of our struggle. If the Fortress Europe has now abandoned the humanitarian face with which it is used to self- represent and now shows all the violence of its colonial aspirations, the leadership and determination of the people traveling in recent weeks expresses the need to relaunch the struggle for freedom of movement for everybody. The mass border crossing attempts that we have seen in Ventimiglia and Calais, on the Greek islands and at the Macedonian border, as well as the thousands of people that every day (individually or in small groups) cross boundaries everywhere in Europe, make clear the unsustainability of European policies and raises the problem about what kind of contribution it is possible to give to this movement.

The multiplication of borders, the creation of dozens of refugee camps at the four corners of Europe, and the criminalization (or in a best-case scenario their reduction to objects) of migrants that we are witnessing require us to continue the great work of relationship and sharing of active solidarity practices. To keep on supporting the crossing of borders in an explicit manner and draw new geographies of freedom definitely is a part of the job that lies ahead of us, but no the only one.

Our support must be first a report about the real causes that generate migratory movements, about the consequences of the closure of the borders on people’s life and about the perpetrators of such a state of affairs. Thousands are dying drowned in the sea, suffocated in a truck or crushed by a runaway train, and this happens because it has been decided. Debt policies, dispossession of resources and exploitation of people in entire regions of the world set forth by governments and corporations are conscious choices made by those in power. The so-called global elites have their hands stained with blood, and their statements of condolence for the victims of human trafficking are sickening. Some of the representatives of the ruling class that today speculate on the escape of men and women from their countries of origin are the same criminals and murderers that do business on this movement, even supporting those authoritarian regimes from which only formally distance themselves. In front of their crocodile tears it is necessary to reaffirm their political responsibility and transform the pain for those who die into organized anger against them .

During the meeting we would like to develop an articulated reasoning, that bears in mind both the causes that generate migratory movements and the possibilities that open up in the territories in terms of struggle and response to the needs and exploitation that migrants live in places of departure and destination. It’s essential reflecting on how the militarization of territories, in Europe as well as in Africa and in the Middle East, has devastating effects on the lives of those who pass and those who live there, and on the dynamics of expropriation and exploitation that are cause and consequence of current strategy of capitalist system.

From these arguments, albeit generals and without the presumption to be exhaustive, we offer three workshops which may serve to impulse a broad and long-standing mobilization.

This new transnational assembly in Ventimiglia should be an opportunity to build more incisiveness at a political level. In order to do this it’s necessary that our reflections will be followed by mobilizations that can match up to the challenges we face.

In this context, it seems useful relaunching some of the mobilization proposals emerged until now (hoping to add other more proposals soon).

September 6th: Freedom without borders! Stop borders, stop prisons! Day of initiatives and actions against repression, for the construction of alternative geographies and solidarity.

September 15th: mobilization day for Kobane. It could be interesting to get in connection with the week of mobilization for the opening of a humanitarian channel for Kobane, trying to provide the basis for a solidarity meeting.

October 3rd: Two years after the sinking into the Strait of Siciliy when more than 400 people died, in our opinion is important to take up the proposal that comes from Lampedusa about the widespread screening of a documentary investigation into the events of that day and the construction of a debate over securitarian and military policies that followed. The point isn’t making another empty ritual of commemoration and mourning on that date that produces nothing more than an extemporaneous indignation, but it’s about getting in connection and finding space to think together and build practices able to sabotage European immigration policies from Lampedusa to Calais.

October 17th- 24th: to participate and extend the mobilization proposal launched by the Committees Sans Papier, making them the beginning of a process of transnational struggle against borders, racism, exploitation and militarization of the territories .

From Lampedusa to Calais, we are not going back!

Presidio Permanente No Borders Ventimiglia

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Solidarity without borders! Ventimiglia 11-⁠12-⁠13 settembre Assemblea transnazionale contro confini, razzismo, sfruttamento e militarizzazione (ITA)

Solidarity without borders!
Ventimiglia 11-⁠12-⁠13 settembre
Assemblea transnazionale contro confini, razzismo, sfruttamento e militarizzazione

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La frontiera italo-francese di Ventimiglia è un luogo carico di contraddizioni. Dalla chiusura del confine alla metà di giugno 2015 questo luogo ha mostrato tutta la violenza che caratterizza le politiche europee in materia di immigrazione. Qui abbiamo visto coi nostri occhi i rastrellamenti della polizia sui treni e nelle stazioni fermare le persone sulla base del colore della pelle, siamo stati testimoni delle deportazioni che quotidianamente subiscono centinaia di migranti, siamo stati oggetto dei fermi di polizia messi in atto dai tanti posti di blocco di qua e di là dal confine.

A questa repressione risposero per primi i migranti, occupando gli scogli a ridosso della frontiera e costruendo un presidio che nel corso di questi mesi è diventato uno spazio di resistenza, complicità e lotta. Da allora sono state tante le iniziative e le azioni dirette che dal presidio No Borders hanno messo in discussione la chiusura del confine, la sua logica e le sue conseguenze.

A questa resistenza, dopo un primo fallito tentativo di sgombero, il potere ha opposto una strategia di bassa intensità, esercitando una pressione costante sul campo. L’attacco da parte delle forze di polizia, italiane e francesi, è stato portato avanti con il supporto dei trafficanti e della logistica fornita dalla Croce Rossa Italiana, nonché grazie al contributo di giornalisti e politici conniventi, tutti uniti nella strumentalizzazione della presunta “emergenza profughi”.

L’escalation repressiva nei confronti dei solidali è culminata in diversi episodi che qui accenniamo. La nostra azione di monitoraggio e contrasto delle deportazioni attraverso la frontiera alta di Ponte San Luigi ci sono già costate 18 denunce per occupazione, un arresto e 7 fogli di via, senza contare i tanti episodi di intimidazione ai quali quotidianamente siamo esposti. Questi provvedimenti amministrativi non sono comunque serviti a mettere fine al processo di autorganizzazione di migranti e solidali al confine.

Dopo due mesi il presidio permanente No Borders di Ventimiglia è ancora al suo posto, e fa appello a tutte le reti, i singoli e le collettività che in questi mesi si sono mobilitate in solidarietà ai migranti in viaggio per rilanciare un percorso transnazionale contro confini, razzismo, sfruttamento e militarizzazione dei territori. Continua a leggere

6 Settembre 2015 – Ventimiglia everywhere: solidarity is a weapon, freedom is without borders! [ITA] [FR] [ENG]

Giornata di iniziative ed azioni diffuse sui territori contro la repressione, per la costruzione di geografie alternative e solidali.

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La libertà di chi viaggia, così come di chi sta al suo fianco, costruisce spazi di libertà e autorganizzazione che chi governa cerca di distruggere. Lo abbiamo visto a Ventimiglia, dove la politica dell’assedio e dell’emergenza non può accettare la costruzione di un luogo, come il Presidio Permanente No Borders, che nega il suo senso d’essere. La Fortezza Europa non può avere traditori, chi aiuta i neri va punito e intimidito.

Alle detenzioni e le deportazioni illegittime dei migranti a cui assistiamo da mesi, qualche giorno fa si è aggiunto l’arresto di un nostro compagno. Aggredito e picchiato dalla polizia di frontiera francese (PAF) per aver solidarizzato con i migranti rinchiusi nei container di Ponte San Luigi, Fouad ora è rinchiuso nel carcere di Nizza, dove dovrà rimanere per un mese in attesa di un processo che lo vede accusato di oltraggio e resistenza. Altri compagni avevano subito i fermi della polizia francese, e mentre scriviamo attendiamo notizie di Andrea, che da questa mattina è si trova in stato di fermo al commissariato di Menton.

Anche l’interdizione da determinati territori, ovvero la costruzione di nuovi confini al fine di attaccare i solidali, sta diventando uno strumento di intimidazione. Dopo i sei fogli di via e le 18 denunce a piede libero di inizio mese, qualche giorno fa Pasquale, un compagno del territorio, è stato fermato per strada da una volante che gli ha notificato il foglio di via dal comune di Ventimiglia. Per quanto i provvedimenti amministrativi si rivelino poco efficaci al fine di fermare la lotta No Borders, questi dispositivi rimangono comunque detestabili e da combattere al pari delle barriere che cercano di bloccare i migranti nel loro viaggio.

In nome del loro ordine cercano di spaventare chi solidarizza coi migranti invocando una legalità fatta di soprusi. Così come chi viaggia è sempre esposto all’arbitrio delle forza di polizia disposte sul territorio a disegnare sempre nuovi confini, allo stesso modo chi solidarizza coi migranti deve sapere di essere potenzialmente un “illegale”, un soggetto la cui libertà è condizionata.

Noi a tutto questo vogliamo opporre la forza della solidarietà e la determinazione a restare liberi, al di là dei muri che il potere costruisce intorno a noi. Costruire geografie alternative e solidali per noi è un bisogno materiale, un’esigenza pratica, non qualcosa su cui riflettere astrattamente. E’ per questo che invitiamo tutte le collettività e i singoli che condividono la nostra lotta a partecipare a questa costruzione collettiva attraverso una giornata di iniziative benefit e azioni di solidarietà diffuse sui territori.

Domenica 6 settembre vogliamo esprimere, attraverso pranzi, cene, partite di pallone, striscionate, battiture, concerti ecc. la nostra vicinanza a quanti scontano con la detenzione, la deportazione e l’allontanamento le politiche europee fatte di discriminazione, sfruttamento ed emarginazione.

La solidarietà è un arma, Ventimiglia è ovunque!

Libertà per i migranti, libertà per i solidali!

Presidio permanente No Borders – Ventimiglia Continua a leggere

Bloccano le frontiere e iniziano i processi

Ieri sera, 23 Agosto, 55 migranti sono stati detenuti per più di 6 ore nei container della frontiera alta Francese, a “causa” della chiusura dell’ufficio della polizia italiana addetto alla convalida dei respingimenti e delle deportazioni dalla Francia all’Italia.
Noi ,come sempre, eravamo li, a Ponte San Luigi, a cercare di dar loro aiuto e sostegno e il risultato di ciò è che uno degli attivisti francesi è stato trattenuto in stato di fermo per tutta la notte e ora affronterà un processo per direttissima a Nizza, con l’accusa di oltraggio a pubblico ufficiale.

Ieri abbiamo iniziato il monitoraggio della frontiera alta verso le 19, constatando la presenza di 13 persone trattenute nei container. Alcuni di questi si trovavano in stato di fermo dalle 15. Dopo una mezz’ora, nei container sono state trattenute altre persone, fino a diventare più di 50 migranti, di cui 5 minorenni e alcune donne, in una condizione assolutamente disumana. In questo lasso di tempo,infatti, c’è stata una sola distribuzione di acqua e cibo. Due migranti hanno manifestato malessere fisico e, nonostante le nostre pressioni, nessun medico è stato contattato dalla polizia francese né è stato attuato un trasferimento in ospedale.
Alle 23.50 siamo stati respinti sul territorio italiano, dove ad attenderci abbiamo trovato la polizia che ci ha fermati e identificati.
Intanto, nel lato francese altri attivisti fronteggiavano la repressione violenta da parte della polizia, scatenata da un semplice scambio di sigarette tra No Borders e migranti detenuti.
In questo scontro un’attivista è stata colpita al costato da un manganello e un attivista francese è stato picchiato e trattenuto in stato di fermo per tutta la notte alla PAF, dove si è rifiutato di rilasciare dichiarazioni e ha richiesto assistenza legale e medica. Questo attivista oggi subirà un processo per direttissima a Nizza con l’accusa di oltraggio a pubblico ufficiale, per il semplice fatto di aver risposto alla violenza fisica e alle offese verbali subite dai migranti da parte della polizia.
Ciò che generalmente si verifica nella frontiera alta lo abbiamo più volte raccontato. Si tratta di un continuo ping-pong dei migranti da un lato all’altro del confine: chi viene tenuto in detenzione nei container francesi viene portato all’ufficio della polizia di frontiera italiana, competente a convalidare i respingimenti dalla Francia all’Italia.
Talvolta qualcuno di loro, compresi dei minorenni, viene rilasciato in territorio Francese a piedi, senza indicazioni e senza il rilascio di alcun documento che formalizzi la convalida della loro presenza in Francia, di fatto legittimando qualsiasi nuovo fermo e respingimento che perpetui la strategia del rimbalzo. Chi invece viene respinto in Italia ,di notte viene lasciato alla stazione di Ventimiglia ,in balia di se stesso e dei passeurs, favorendo così lo sfruttamento e il transito illegale di persone.
Mentre la collaborazione tra le forze di polizia italiana e quella francese,previste dall’accordo di Chambery, è strumentale per quanto riguarda il transito dei migranti, ciò non avviene nei confronti del presidio No Borders. Il controllo e la sinergia tra queste due parti è infatti sempre più forte: a 12 giorni dal rilascio dei fogli di via per sei ragazzi, il Presidio è continuamente sotto attacco, come dimostra il processo per direttissima che sta per svolgersi oggi.
Nessun foglio di via, nessun processo fermerà la nostra lotta per l’abolizione delle frontiere e il libero passaggio di ciascun individuo in ogni parte del mondo.

Presidio permanente No Borders

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PRESIDIO SABATO 22 AGOSTO DAVANTI AGLI UFFICI DELLA POLIZIA ALLA FRONTIERA MENTONE-VENTIMIGLIA -RASSAMBLEMENT SAMEDI 22 AOUT 2015 DEVANT LES LOCAUX DE LA POLICE AUX FRONTIERES DE MENTON-VINTIMILLE

[IT]

PER TODOR E TUTT* LE ALTRE VITTIME DI VIOLENZE E CRIMINI DELLA POLIZIA

Oggi, purtroppo ci troviamo a ricordare le circostanze dell’assassinio di Todor Bokanovic.
All’età di 8 anni, è stato ucciso da un proiettile sparato dalla polizia mentre i suoi genitori passavano la frontiera franco-italiana a Sospelle il 20 agosto 1995.
Questo assassinio ha avuto luogo qualche chilometro dalla frontiera di Mentone-Ventimiglia dove i migranti sono sistematicamente bloccati e deportati da qualche mese.
Se noi ci incontriamo qui davanti ai prefabbricati della polizia di frontiera è perchè siamo testimoni ogni giorno delle stesse logiche che han portato all’assassinio di questo bambino.
Ogni giorno viviamo le violenze della polizia a causa delle frontiere.
E’ passata una settimana da quando un centinaio di persone che ha tentato di prendere il treno per resistere alle politiche razziste della Francia, ha subito violenze da parte della polizia.
E’ un anno che uno dei nostri fratelli resistendo ad una deportazione forzata verso l’Algeria è morto prima del suo arrivo all’areoporto di Roissy.
Sistematicamente i crimini dei poliziotti vengono insabbiati e loro protetti di fronte alla giustizia che si rifiuta di riconoscerli come criminali.
La famiglia di Todor ha inoltre assistito al rilascio dei poliziotti colpevoli dell’omicidio del figlio.
Altre famiglie e partenti di vittime della polizia subiscono la stessa sorte.
Quest’anno la giustizia ha rilasciato i poliziotti che hanno ucciso due adolescenti, Zyed e Bouna, a Clichy-sous-Bois il 27 ottobre 2005.
La stessa cosa è successa per quelli che hanno ucciso il pensionato algerino, Alì Ziri, morto l’11giugno 2009 all’ospedale due giorni dopo il suo arresto da parte della polizia di Argenteuil.

Domani potremmo essere noi le prossime vittime di crimini commessi da parte della polizia francese, da cui subiamo già violenze quotidinianamente.
Cosa succederebbe se uno di noi si rifiutasse di subire le violenze della polizia che ci sbarra la strada che respinge dai treni e deporta i migranti con la forza verso l’Italia?

A Sospel nel 1995 come a Ventimiglia e a Calais nel 2015 la polizia e le frontiere uccidono e umiliano.

Un pensiero va a tutti quell* assassinat* dalla polizia, qui e altrove.

Noi chiediamo l’apertura di tutte le barricate della polizia, in frontiera, nelle stazioni e nei quartieri popolari.

Luogo e ora dell’incontro Sabato 22 Agosto – h 18.00 in via Astride Briand n°30 06500 MENTONE

[FR]

RASSAMBLEMENT SAMEDI 22 AOUT 2015 DEVANT LES LOCAUX DE LA POLICE AUX FRONTIERES DE MENTON-VINTIMILLE POUR TODOR ET TOUTES LES AUTRES VICTIMES DES VIOLENCES ET CRIMES POLICIERS

Aujourd’hui, nous avons le malheur de rappeler les circostances de l’assassinat de l’un des nôtres, Todor Bokanovic. A l’âge de huit ans, il est mort d’une balle tirée par la police aux frontières lorsque ses parents passaient la frontiére franco-italienne à Sospel, le 20 aout 1995. Cet assassinat a eu lieu à quelques kilomètres du poste frontière de Menton- Vintimille où nous sommes bloqués et sysématiquement déportés depuis quelques mois. Si nous nous rassemblons, ici, devant les préfabriqués de la police aux frontières c’est parce que nous estimons que c’est la même logique qui a mené à l’assassinat de cet enfant. Chaque jour, nous vivons aussi des violences policières à cause des frontières. Il y a une semaine, une centaine des personnes qui ont tenté de prendre le train pour résister aux politiques racistes de la France, ont subi des violences policières. Il ya un an, l’un des nôtres qui résistait à une dépotration forcée vers l’Algérie est morte avant son arrivée à l’aéroport de Roissy.

En plus de tuer des gens, les policiers sont couverts systématiquement par la justice qui refuse de reconnaître qu’ils sont des criminels. La famille de Todor a vu les policiers qui ont tué leur enfant relaxés. D’autres familles et proches de victimes de la police subissent le même sort. Cette année, la justice a acquitté les policiers qui ont tué des adolescents, Zyed et Bouna, à Clichy-sous-Bois le 27 octobre 2005. Même chose pour ceux qui ont tué un retraité algerien, Ali Ziri, décedé le 11 juin 2009 à l’hôpital deux jour après son interpellation par la police d’Argenteuil.

Demain, nous pouvons être les prochaines victimes des crimes de la police française qui déjà nous violente quotidiannement. Que se passera-t-il si l’un de nous refuse de céder aux violences des polices qui nous barrent la route, nous expulse des trains et nous déportent de force vers l’Italie ?

A Sospel en 1995 comme à Vintimille et Calais en 2015 la police et leurs frontières tuent, humilient et mutilent.

Une pensée pour toutes celle et ceux assassiné-e-s par la police, ici, ou ailleurs !

Nous demandons la levée de tous les barrages policiers aux frontières, dans les gares et les quartiers populaires !

Lieu et heure du rassemblement : 18H au 30, avenue Aristide Briand -06500MENTON