Workshops #Solidarity without borders! 11-12-13 september [ITA-ENG-FR]

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[ITA]

Workshop

Militarizzazione, moltiplicazione dei confini e pratiche di resistenza

La gestione dei flussi migratori diviene pretesto per giustificare un’intensificazione degli strumenti di controllo e di repressione. La militarizzazione avviene in diverse forme all’interno dei territori europei, incidendo sulla vita di tutti e in maniera specificatamente violenta su quella dei migranti, spesso identificati unicamente su base razziale. La moltiplicazione delle frontiere, che oggi sono chiaramente individuabili non solo nelle reti con filo spinato, ma anche in ogni divisa posta a difesa dell’ordine europeo, riguarda anche i territori di transito e provenienza dei migranti. Infatti nei paesi oggetto di politiche di espansione e sfruttamento economico assistiamo a nuove forme di colonialismo, sotto forma tanto di operazioni militari quanto delle cosiddette missioni umanitarie. Anche il contenimento dei flussi, nella strategia europea, si traduce nella delocalizzazione e spostamento dei confini oltre il Mediterraneo.

A tutto questo è necessario opporre una serie di pratiche, azioni dirette e contro-narrazioni che in forme differenti si sono già sviluppate nei territori. Crediamo che questo possa essere fatto con diversi livelli di intensità dal monitoraggio dell’azione repressiva al sabotaggio dei dispositivi militari, così come attraverso campagne pubbliche di illegalità di massa a supporto dell’attraversamento dei confini. Bisogna inoltre approfondire la discussione sulle organizzazioni criminali che fanno del traffico di esseri umani un business, ed anche sulla contiguità che queste organizzazioni hanno con governi e polizie. Questo workshop è pensato per condividere e intrecciare i diversi percorsi.

Migrazioni, sfruttamento, lotte e riappropriazioni

La distinzione tra categorie di migranti, in particolare quella tra migranti economici e richiedenti asilo, è fittizia e funzionale allo sfruttamento. Alla ricerca di una vita degna i migranti intraprendono un viaggio che li porta a oscillare continuamente tra la legalità e l’illegalità. Il percorso verso la regolarità è pieno di ostacoli, superati i quali i migranti si trovano comunque a dover far fronte a necessità basilari, quali il reddito, la casa, la salute ecc. in una condizione di costante ricattabilità. La subalternità dei migranti all’interno del sistema capitalista è funzionale in questo senso alla creazione di nuove gerarchie tra i lavoratori stessi, contribuendo così alla distruzione dei diritti ed al peggioramento delle condizioni di vita per tutte e tutti.

I migranti però, lungi dall’essere solo forza lavoro ricattabile e a basso costo, sono altrettanto spesso promotori di iniziative di autorganizzazione e pratiche di resistenza. Se guardiamo alle lotte emerse in questi ultimi anni in Italia e non solo infatti vediamo un grande protagonismo del soggetto migrante: dalle lotte dei facchini, ai sollevamenti dei braccianti, alle tante occupazioni abitative che si moltiplicano sui territori. E’ questo protagonismo a cui dobbiamo guardare quando cerchiamo delle risposte alla ricerca di una vita degna per tutte e tutti, costruendo legami di solidarietà che tengano uniti europei e migranti nella lotta allo sfruttamento.


Accoglienza istituzionale e alternative radicali

Il sistema dell’accoglienza è la risposta istituzionale che l’Europa fornisce tanto per sostenere la retorica umanitaria delle democrazie liberali, quanto per attuare forme di controllo e contenimento dei flussi. L’accoglienza istituzionale in Italia si presenta come una nuova possibilità di valorizzazione per un terzo settore in crisi sia dal punto di vista economico che rispetto alla propria identità e ragion d’essere. Stiamo parlando in sostanza di un sistema dove il migrante diviene immediatamente una risorsa sfruttabile per un’attività dalla parvenza umanitaria ma di fatto gestita nella forma imprenditoriale del business. Anche laddove non presenta forme esplicitamente detentive il sistema dell’accoglienza gestito dalle cooperative riproduce servizi dai tratti fortemente paternalistici pensati per mantenere il migrante in una condizione di passività e ricattabilità compatibile con lo sfruttamento di cui è oggetto. In un sistema di questo tipo non c’è spazio per l’interlocuzione, salvo per quei soggetti “forti” che da fuori ne attaccano la legittimità. All’interno di questo spazio politico si è fatta largo la destra razzista e populista, che nel corso degli ultimi anni si è dimostrata per l’ennesima volta utile al potere nel deviare l’attenzione dalle reali ragioni della crisi in corso facendo leva sulla paura del ‘diverso’.

Noi pur non volendo lasciare margini di manovra all’avanzare di razzisti e conservatori di varia specie, non possiamo esimerci dall’attaccare esplicitamente questo sistema di accoglienza, ragionando sin da subito su delle alternative concrete e radicali all’esistente. A partire dall’esperienza di Ventimiglia, così come dalle tante esperienze di occupazioni ed autogestioni di migranti e solidali in tutta Europa, riteniamo di poter tratteggiare alcune risposte che vanno in una direzione diversa rispetto alle proposte che vedono nel cooperativismo “sano” la via da perseguire. L’autogestione degli spazi di vita è sicuramente il punto centrale del nostro agire, è questa pratica infatti che restituisce al migrante la sua natura di soggetto e non di oggetto-utente. La possibilità di autodeterminarsi nel viaggio ad esempio è fortemente condizionata dall’accesso alle informazioni circa il sistema giuridico, politico ed economico dei luoghi di destinazione scelti dai migranti in transito. E’ questo uno dei compiti principali che le reti informali di migranti e solidali devono continuare a sostenere. In questo workshop vorremmo quindi provare a confrontarci sulle forme che l’accoglienza autogestita ha assunto nei vari territori, per avere immediatamente un’alternativa da opporre all’accoglienza istituzionale e fornire nuovi strumenti a quanti, tra operatori e migranti, vogliono provare ad aprire delle crepe all’interno di questo sistema. Crediamo infatti che tra gli operatori sociali dell’accoglienza siano in tanti a vedere l’insostenibilità e l’inadeguatezza del modello istituzionale, e non possiamo sottovalutare l’importanza che avrebbe l’apertura di lotte all’interno dei centri governativi e di quelli gestiti dal cosiddetto “privato sociale”.

 
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Solidarité sans frontières ! 11-12-13 septembre – rencontres internationales contre les frontières, le racisme, l’exploitation et la militarisation

La frontière franco-italienne de Vintimille est un lieu plein de contradictions. Depuis la fermeture de la frontière au milieu du mois de Juin 2015, cet endroit a été un des symboles de la violence qui caractérise la politique migratoire de l’Union Européenne. Nous avons vu les assauts de la police sur les trains et les gares qui arrêtaient des personnes en fonction de leur couleur de peau, nous avons été témoins des déportations que les centaines de migrant-es subissent chaque jour, nous avons été détenu-es par la police ici et de l’autre côté de la frontière.

Les migrant-es ont été les premier-es à répondre à la répression, occupant les rochers près de la frontière et installant un camp qui est devenu, durant ces mois, un espace de résistance, de complicité et de lutte. Après cela, le camp Presidio No Border a mis en place de nombreuses initiatives et actions directes pour remettre en cause la fermeture de la frontière, sa logique et ses conséquences.

Après une première tentative d’expulsion échouée, les institutions ont mis en place une stratégie de basse intensité contre cette résistance, en exerçant une pression continue contre le camp. Les attaques des polices italiennes et françaises, ont été mises en place avec le soutien des passeurs et la logistique fournie par la Croix-Rouge Italienne, avec l’aide des journalistes à leur solde et des politiciens, tous unis dans la manipulation de de la prétendue « urgence des réfugié-es ».

L’escalade répressive contre les personnes montrant de la solidarité avec les migrant-es a atteint son sommet dans plusieurs épisodes que nous citons ici. Notre surveillance et nos réactions contre les déportations à travers la frontière de Ponte San Luigi nous ont déjà valu 18 poursuites pour occupation, 1 arrestation et 7 arrêtés d’expulsion, sans prendre en compte les nombreux cas d’intimidation que nous subissions quotidiennement. Ces mesures  administratives n’ont pas suffi pour arrêter le processus d’auto-organisation des migrant-es et des personnes solidaires à la frontière.

Après 2 mois, le Presidio Permanente No Border à Vintimille est toujours là et appelle tous les réseaux, individus et collectifs  qui se sont récemment mobilisés en solidarité avec les migrant-es pour relancer une convergence internationale contre les frontières, le racisme, l’exploitation et la militarisation des territoires.
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WE ARE NOT GOING BACK (TRA MENTON E VENTIMIGLIA)

WE ARE NOT GOING BACK
(Il 30 di agosto, tra Menton e Ventimiglia)

Il 30 di agosto sono stato preso per il collo da un poliziotto francese sul confine franco-italiano di ponte s. Luigi, mentre dalla cittadina francese di Menton cercavo di rientrare in Italia. Nonostante questo, io, non il poliziotto, sono finito in prigione per due giorni e una notte, ho subito un processo per direttissima (poi rinviato al 12 ottobre) e sono accusato di oltraggio e ribellione.
Passavo insieme ad alcuni compagni davanti ai container dove i poliziotti francesi detengono i migranti che tentano di passare il confine per chiedere asilo in Francia o per continuare il loro viaggio verso l’Inghilterra. E’ qui che avvengono le deportazioni dalla Francia verso l’Italia. Deportazioni arbitrarie, basate sul sospetto che il migrante intercettato dalla polizia francese sia passato per l’Italia prima di arrivare in Francia. Prove allora diventano i biglietti dei treni, gli scontrini scritti in italiano trovati in tasca, magliette o indumenti con le scritte in italiano. Pochissimi scampano alle deportazioni, praticamente solo i minorenni.
Due migranti sono fuori dai container. Mi viene spontaneo gridare un saluto in arabo. E grido: “Kull ishi taman? (Tutto bene?)”. Uno di loro alza in aria il pollice. E’ l’unico ricordo calmo che ho di quel giorno, poi tutto si fa concitato e assurdo. Più di quattro poliziotti francesi, infatti, escono correndo dalla stazione di polizia del confine e ci inseguono.
Da qui comincia la storia assurda per cui vengo accusato di aver spinto via un poliziotto e di averlo insultato (chiamandolo “testa di cazzo di merda”), cose che non ho fatto. Sono invece io ad aver subito percosse (per le quali ho una prognosi di 7 giorni) dal poliziotto stesso che mi accusa.
Eppure è impossibile dimostrare questo mentre una poliziotta mi interroga durante il mio fermo (il mio fermo durerà 24 ore, poi verrò condotto al Palazzo di Giustizia di Nizza, dato che il Procuratore Generale ha deciso che dovrò subire un processo per direttissima. Un totale di 33 ore di detenzione, solo perché ho chiesto a due migranti se stavano bene). Tre poliziotti sostengono con la loro testimonianza l’accusa. Il mio avvocato di ufficio si mette in un angolo mentre mi interrogano e non parla. Io cerco di spiegare cosa è successo, ma vengo deriso e viene sottolineata ogni minima contraddizione del mio racconto. Mi sento piccolo di fronte al sistema che cerca di schiacciarmi.
Eppure i compagni e la mia famiglia non mollano. Trovano un avvocato in gamba che accetta di seguirmi e da qui è tutta un’altra storia. Vengo liberato, con processo rinviato al 12 ottobre. Mi dicono che il massimo della pena per i reati di cui sono accusato è 5 anni di detenzione.
Il Procuratore Generale ci tiene a precisare che ha voluto per me il processo per direttissima perché il reato che ho commesso ha scosso in modo particolare l’opinione pubblica. E io ripeto di fronte a lui che ho solo chiesto a due migranti se stavano bene e che per questo sono stato preso per il collo da un poliziotto francese.
Al primo interrogatorio mi hanno chiesto: “Perché li incitate alla ribellione?”. Io ho risposto stupito che avevo solo chiesto se stavano bene. Adesso mi accorgo che forse chi mi interrogava aveva ragione. E’ rivoluzionario quel minimo di solidarietà che riusciamo a portare ai migranti detenuti al confine. E’ rivoluzionario quel costante interessarci a loro. Perché il sistema non vuole altro che ci chiudiamo nei nostri confini.
Il “No Border” che gridiamo ogni notte quando battiamo sulle barriere vicine alla frontiera è realmente rivoluzionario. Racconta un modo diverso di vivere, un modo in cui le regole non le dettano più i potenti, ma chi ha sofferto di più. E’ la debolezza coercitiva di chi ha avuto talmente tanto dolore nella vita che il dolore che seguirà è nulla e per questo quindi è disposto a tutto.
E infatti non sono io ad essere un ribelle, non sono io ad essere rivoluzionario. Il 30 di agosto sono finito in prigione non perché il sistema ha paura di me. Il sistema ha paura di loro, dei migranti che urlano “Non torneremo indietro/ We are not going back”.
Perché l’acqua l’insegna la sete e il sistema ha paura di chi ha sete. Una sera un migrante, mentre cercavamo, impauriti dalla forte repressione degli ultimi tempi, di preparare una manifestazione, si è alzato in piedi e ha detto: “Non capisco quale sia la vostra paura. Dopo quattro giorni in mare sul barcone, io non ho più paura.”
In questa bolla di Ventimiglia imparo di nuovo ad ascoltare le persone giuste, cioè quelle che hanno sete. E queste persone urlano che non torneranno indietro, urlano: “Nessun confine, nessuna nazione, nessuna deportazione”. Eccola l’acqua, è questa sete.

A. C. e tutti i compagni
del presidio No Border di Ventimiglia

Solidarity without borders! 11-12-13 september – Transnational meeting against borders, racism, exploitation and militarization

The French-Italian border of Ventimiglia is a place full of contradictions. Since the closure of the border in the middle of june 2015 this place has been one of the symbols of violence that characterizes the EU immigration policy. Here we have seen police raids on the trains and in the stations stopping peolple on the basis of their skin colour, we have been witnesses of deportations that hundreds of migrants suffer daily, we have been put in custody by the police here and beyond the border.

Migrants were the first to respond to repression, occupying the rocks near the border and setting up a camp that during these months has become a space of resistance, complicity and struggle. After that moment Presidio No Border has promoted many initiatives and direct actions questioning the closure of the border, its logic and its consequences.

After a first unsuccessful eviction attempt, the intutions have opposed a low intensity strategy against this resistance, exercising a constant pressure on the field. The attack by police forces, Italian and French, have been carried out with the support of traffickers and the logistics provided by the Italian Red Cross, with the help of embedded journalists and politicians, united in the manipulation of the so-called “refugees emergency”.

The escalation of repression against people showing solidarity with migrants culminated in several episodes that we mention here. Our monitoring and counter-action against deportations across the high border at Ponte San Luigi have already costed us 18 charges for occupying, an arrest and 7 expulsion orders, without considering the many events of intimidation to which we are daily exposed to. These administrative measures have not been able to stop the self-organization process of migrants and people showing solidarity at the border.

After two months the Presidio Permanente No Border in Ventimiglia is still there and calls out to all networks, individuals and collectives that in recent months have mobilized in solidarity with migrants to relaunch a transnational convergence against borders, racism and the exploitation and militarization of territories.

From the transnational three days of the 24-25-26 July, we started a discussion about some important arguments about the meaning and direction of our struggle. If the Fortress Europe has now abandoned the humanitarian face with which it is used to self- represent and now shows all the violence of its colonial aspirations, the leadership and determination of the people traveling in recent weeks expresses the need to relaunch the struggle for freedom of movement for everybody. The mass border crossing attempts that we have seen in Ventimiglia and Calais, on the Greek islands and at the Macedonian border, as well as the thousands of people that every day (individually or in small groups) cross boundaries everywhere in Europe, make clear the unsustainability of European policies and raises the problem about what kind of contribution it is possible to give to this movement.

The multiplication of borders, the creation of dozens of refugee camps at the four corners of Europe, and the criminalization (or in a best-case scenario their reduction to objects) of migrants that we are witnessing require us to continue the great work of relationship and sharing of active solidarity practices. To keep on supporting the crossing of borders in an explicit manner and draw new geographies of freedom definitely is a part of the job that lies ahead of us, but no the only one.

Our support must be first a report about the real causes that generate migratory movements, about the consequences of the closure of the borders on people’s life and about the perpetrators of such a state of affairs. Thousands are dying drowned in the sea, suffocated in a truck or crushed by a runaway train, and this happens because it has been decided. Debt policies, dispossession of resources and exploitation of people in entire regions of the world set forth by governments and corporations are conscious choices made by those in power. The so-called global elites have their hands stained with blood, and their statements of condolence for the victims of human trafficking are sickening. Some of the representatives of the ruling class that today speculate on the escape of men and women from their countries of origin are the same criminals and murderers that do business on this movement, even supporting those authoritarian regimes from which only formally distance themselves. In front of their crocodile tears it is necessary to reaffirm their political responsibility and transform the pain for those who die into organized anger against them .

During the meeting we would like to develop an articulated reasoning, that bears in mind both the causes that generate migratory movements and the possibilities that open up in the territories in terms of struggle and response to the needs and exploitation that migrants live in places of departure and destination. It’s essential reflecting on how the militarization of territories, in Europe as well as in Africa and in the Middle East, has devastating effects on the lives of those who pass and those who live there, and on the dynamics of expropriation and exploitation that are cause and consequence of current strategy of capitalist system.

From these arguments, albeit generals and without the presumption to be exhaustive, we offer three workshops which may serve to impulse a broad and long-standing mobilization.

This new transnational assembly in Ventimiglia should be an opportunity to build more incisiveness at a political level. In order to do this it’s necessary that our reflections will be followed by mobilizations that can match up to the challenges we face.

In this context, it seems useful relaunching some of the mobilization proposals emerged until now (hoping to add other more proposals soon).

September 6th: Freedom without borders! Stop borders, stop prisons! Day of initiatives and actions against repression, for the construction of alternative geographies and solidarity.

September 15th: mobilization day for Kobane. It could be interesting to get in connection with the week of mobilization for the opening of a humanitarian channel for Kobane, trying to provide the basis for a solidarity meeting.

October 3rd: Two years after the sinking into the Strait of Siciliy when more than 400 people died, in our opinion is important to take up the proposal that comes from Lampedusa about the widespread screening of a documentary investigation into the events of that day and the construction of a debate over securitarian and military policies that followed. The point isn’t making another empty ritual of commemoration and mourning on that date that produces nothing more than an extemporaneous indignation, but it’s about getting in connection and finding space to think together and build practices able to sabotage European immigration policies from Lampedusa to Calais.

October 17th- 24th: to participate and extend the mobilization proposal launched by the Committees Sans Papier, making them the beginning of a process of transnational struggle against borders, racism, exploitation and militarization of the territories .

From Lampedusa to Calais, we are not going back!

Presidio Permanente No Borders Ventimiglia

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Solidarity without borders! Ventimiglia 11-⁠12-⁠13 settembre Assemblea transnazionale contro confini, razzismo, sfruttamento e militarizzazione (ITA)

Solidarity without borders!
Ventimiglia 11-⁠12-⁠13 settembre
Assemblea transnazionale contro confini, razzismo, sfruttamento e militarizzazione

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La frontiera italo-francese di Ventimiglia è un luogo carico di contraddizioni. Dalla chiusura del confine alla metà di giugno 2015 questo luogo ha mostrato tutta la violenza che caratterizza le politiche europee in materia di immigrazione. Qui abbiamo visto coi nostri occhi i rastrellamenti della polizia sui treni e nelle stazioni fermare le persone sulla base del colore della pelle, siamo stati testimoni delle deportazioni che quotidianamente subiscono centinaia di migranti, siamo stati oggetto dei fermi di polizia messi in atto dai tanti posti di blocco di qua e di là dal confine.

A questa repressione risposero per primi i migranti, occupando gli scogli a ridosso della frontiera e costruendo un presidio che nel corso di questi mesi è diventato uno spazio di resistenza, complicità e lotta. Da allora sono state tante le iniziative e le azioni dirette che dal presidio No Borders hanno messo in discussione la chiusura del confine, la sua logica e le sue conseguenze.

A questa resistenza, dopo un primo fallito tentativo di sgombero, il potere ha opposto una strategia di bassa intensità, esercitando una pressione costante sul campo. L’attacco da parte delle forze di polizia, italiane e francesi, è stato portato avanti con il supporto dei trafficanti e della logistica fornita dalla Croce Rossa Italiana, nonché grazie al contributo di giornalisti e politici conniventi, tutti uniti nella strumentalizzazione della presunta “emergenza profughi”.

L’escalation repressiva nei confronti dei solidali è culminata in diversi episodi che qui accenniamo. La nostra azione di monitoraggio e contrasto delle deportazioni attraverso la frontiera alta di Ponte San Luigi ci sono già costate 18 denunce per occupazione, un arresto e 7 fogli di via, senza contare i tanti episodi di intimidazione ai quali quotidianamente siamo esposti. Questi provvedimenti amministrativi non sono comunque serviti a mettere fine al processo di autorganizzazione di migranti e solidali al confine.

Dopo due mesi il presidio permanente No Borders di Ventimiglia è ancora al suo posto, e fa appello a tutte le reti, i singoli e le collettività che in questi mesi si sono mobilitate in solidarietà ai migranti in viaggio per rilanciare un percorso transnazionale contro confini, razzismo, sfruttamento e militarizzazione dei territori. Continua a leggere

6 Settembre 2015 – Ventimiglia everywhere: solidarity is a weapon, freedom is without borders! [ITA] [FR] [ENG]

Giornata di iniziative ed azioni diffuse sui territori contro la repressione, per la costruzione di geografie alternative e solidali.

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La libertà di chi viaggia, così come di chi sta al suo fianco, costruisce spazi di libertà e autorganizzazione che chi governa cerca di distruggere. Lo abbiamo visto a Ventimiglia, dove la politica dell’assedio e dell’emergenza non può accettare la costruzione di un luogo, come il Presidio Permanente No Borders, che nega il suo senso d’essere. La Fortezza Europa non può avere traditori, chi aiuta i neri va punito e intimidito.

Alle detenzioni e le deportazioni illegittime dei migranti a cui assistiamo da mesi, qualche giorno fa si è aggiunto l’arresto di un nostro compagno. Aggredito e picchiato dalla polizia di frontiera francese (PAF) per aver solidarizzato con i migranti rinchiusi nei container di Ponte San Luigi, Fouad ora è rinchiuso nel carcere di Nizza, dove dovrà rimanere per un mese in attesa di un processo che lo vede accusato di oltraggio e resistenza. Altri compagni avevano subito i fermi della polizia francese, e mentre scriviamo attendiamo notizie di Andrea, che da questa mattina è si trova in stato di fermo al commissariato di Menton.

Anche l’interdizione da determinati territori, ovvero la costruzione di nuovi confini al fine di attaccare i solidali, sta diventando uno strumento di intimidazione. Dopo i sei fogli di via e le 18 denunce a piede libero di inizio mese, qualche giorno fa Pasquale, un compagno del territorio, è stato fermato per strada da una volante che gli ha notificato il foglio di via dal comune di Ventimiglia. Per quanto i provvedimenti amministrativi si rivelino poco efficaci al fine di fermare la lotta No Borders, questi dispositivi rimangono comunque detestabili e da combattere al pari delle barriere che cercano di bloccare i migranti nel loro viaggio.

In nome del loro ordine cercano di spaventare chi solidarizza coi migranti invocando una legalità fatta di soprusi. Così come chi viaggia è sempre esposto all’arbitrio delle forza di polizia disposte sul territorio a disegnare sempre nuovi confini, allo stesso modo chi solidarizza coi migranti deve sapere di essere potenzialmente un “illegale”, un soggetto la cui libertà è condizionata.

Noi a tutto questo vogliamo opporre la forza della solidarietà e la determinazione a restare liberi, al di là dei muri che il potere costruisce intorno a noi. Costruire geografie alternative e solidali per noi è un bisogno materiale, un’esigenza pratica, non qualcosa su cui riflettere astrattamente. E’ per questo che invitiamo tutte le collettività e i singoli che condividono la nostra lotta a partecipare a questa costruzione collettiva attraverso una giornata di iniziative benefit e azioni di solidarietà diffuse sui territori.

Domenica 6 settembre vogliamo esprimere, attraverso pranzi, cene, partite di pallone, striscionate, battiture, concerti ecc. la nostra vicinanza a quanti scontano con la detenzione, la deportazione e l’allontanamento le politiche europee fatte di discriminazione, sfruttamento ed emarginazione.

La solidarietà è un arma, Ventimiglia è ovunque!

Libertà per i migranti, libertà per i solidali!

Presidio permanente No Borders – Ventimiglia Continua a leggere

Fogli di via e frontiere: non ci fermerete mai [ITA-ENG]

La repressione continua al presidio di Ventimiglia.
Ieri sera, Pasquale, attivista No Borders presente al confine sin dal primissimo giorno, è stato fermato sulla strada per Ventimiglia appena fuori dal campo dalle forze dell’ordine e invitato a recarsi in commissariato. Lì gli è stato notificato un foglio di via in cui gli viene contestata l’occupazione al presidio e la partecipazione alla manifestazione non autorizzata di sabato 22 agosto.
La misura adottata, risulta oltremodo grave e incomprensibile, Pasquale infatti vive in un paese limitrofo (Dolceacqua) e non può fare a meno di passare da Ventimiglia per svolgere le sue attività quotidiane.
Insieme a lui è stato fermato e portato in commissariato anche una altro attivista, arrivato al presidio ieri stesso. Dopo essere stato tenuto per più di quattro ore negli uffici della polizia, dopo essere stato minacciato di espulsione ha rifiutato di dare le impronte digitali e foto segnaletiche e per tutto ciò è stata aperta un’ indagine per resistenza a pubblico ufficiale a suo carico.

La stretta repressiva viene usata in maniera totalmente strumentale per attaccare il presidio e intimidire le volontà e la vita degli occupanti, in quanto espressione di una nuova sperimentazione di autorganizzazione.
Con questo comunicato vogliamo richiamare l’attenzione su tutti gli atti di repressione che stanno colpendo il campo in queste settimane. Ultimo tra questi l’abuso subito ieri mattina da due compagne, fermate durante una delle attività di monitoraggio alla stazione di Menton e trattenute dalla PAF (police aux frontiers) per 3 ore in frontiera assieme ai migranti rastrellati sul treno.

Dopo il brutale arresto di Fouad la notte del 23 agosto, dopo i sei fogli di via consegnati ai compagni/e la notte dell’11 Agosto e il pestaggio da parte della Police Nationale francese e della BAC (Brigade Anti-Criminalité), la stessa notte, di un compagno francese, fermato insieme ad altri due attivisti, affianco ai continui e massicci respingimenti di migranti che la polizia francese e italiana operano ogni giorno, contrastandosi e contraddicendosi continuamente.
Possiamo oggi osservare che almeno su un punto i loro interessi si congiungono: reprimere quelle persone che hanno deciso di fare uscire dall’invisibilità il movimento per la libertà che i migranti portano qui e nel resto d’Europa. In realtà, questa modalità di controllo dei movimenti migranti, della quale assistenzialismo e militarizzazione si nutrono, si ritrova ovunque. Dai lager che l’Europa costruisce in Magreb ai recenti rinforzi militari a Calais, passando per i molteplici sgomberi avvenuti a Parigi durante l’estate. La repressione continua laddove organismi parastatali come la Croce Rossa o France Terre d’Asile non riescono a far tacere la voce dei migranti in lotta per la dignità in ogni luogo che attraversano.

A tutta la repressione che viene e verrà dal potere poliziesco e istituzionale, le relazioni che qui si sono costruite e intrecciate continueranno ad attaccare e indebolire la loro pretesa di controllare e gestire i flussi migratori.
Pensano forse di fiaccarci con la loro repressione costante?
Credono davvero di poter fermare chi ogni giorno questi confini li oltrepassa?
Davanti a tutte le persone che la fortezza Europea assassina quotidianamente nel mediterraneo e sulle sue autostrade opponiamo una sete di libertà incontrollabile.
Non saranno certo vecchi e nuovi dispositivi di repressione a fermare questo viaggio. Ci allontanate da qui, ci troverete ovunque, nelle strade e nelle città pronti a far rinascere la lotta contro ogni confine.
Il contrattacco sarà la nostra pratica quotidiana.

Every cop is a border!
We are not going back!

Presidio Permanente No Borders Ventimiglia

ENG

Repression goes on at the Ventimiglia No Borders Camp.
Yesterday night Pasquale, one of the no border activists present at camp from the first days, was stopped just outside the camp from the italian police, which took him to the local station. He was expelled from Ventimiglia municipality for the occupation of the place and for his participation to the 22 of august unauthorized demonstration.
The measure adopted are worrying and unfounded. As a matter of fact Pasquale leaves in a nearby town (Dolceacqua), therefore he phisically needs to pass by Ventimiglia in order to carry on his daily acivities.
Together with him another activist, who arrived just yestrerday, was stopped and taken to the police station. After he has been kept for more than 24 hours inside the station, he has been threathend of expulsion from Italy and after he refused to leave fingerprints and photo identification a file for resistance to public officer was opened against him.

This enhanced pressure forces are used in a totally instrumental way with the aim of attacking the no border camp and intimidatimg the will and life of occupants, because of its power being a new form of self-organization. Through this press release we want to call the public attention on the repressive practices perpetrated against the camp in these weeks: last one being to the demage of two comrades who yesterday were stopped at the Menton train station while doing monitoring activity, and were brought by the PAF to the border police station, where they were forced to remain for three hours, together with the immigrants stopped on the train.

Both Italian and French police have been using repressive measures in the last weeks: Fouad arrest on the night of 23rd Agoust, six expulsion orders emitted on the night of 11th August together with the harassment of one comrade by part of of the BAC (Brigade Anti-Criminalité) police, together with the constant and and massive stopping and sending back police operations that both Italy and France carry on in absurd net of legal and burocratic contraddictions. It is clear that their interest converges in one specific point: to stop those people who decided to make evidentand shed a light on migrants movement for freedom across Europe. This kind of control, nourished by militarization and institionalized and racist charity, are to be found at every European border: from the European lagers in Magreb to the military reinforcement in Calais, to the several evictions carried on in Paris. This kinds of scenarios opens up in all those sposts where connivence between organizations like Red Cross or France Terre d’Asile and governaments do not succeed in covering the voices of migrants who are fighting for dignity in every and each country they are crossing.
Do they really think to stop us because of intimidation and repression?
Do they really think this is going to stop the power of an authentic fight for freedom?

Our answer to the daily killing of people in the Mediterrenean and on the streets of the European Fortress is an uncontrollable thirst for freedom.
Neither new nor old repression devices will ever stop this jouney. Those who are forced to leave from here are to be found again everywhere, on the streets and in the cities to make the fight against border go on.
Our strategy will be our daily and diffused actions and practices.

Every cop is a border!
We are not going back!

Presidio Permanente No Borders Ventimiglia

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A PONTE SAN LUIGI CONTINUANO LE DANZE

[ITA]

Sono ormai passate quarantotto ore dai fatti di Ponte San Luigi. Domenica notte intorno all’una, quattro attivist* del presidio permanente No Borders, come ogni sera, decidono di andare a monitorare ciò che avviene in frontiera alta. La situazione è tesa dopo l’ennesima giornata di frustrazioni in cui si è stati testimoni di una realtà surreale: nel cuore della “civilissima Europa”, dimenticata ogni convenzione e diritto, degli esseri umani vengono rinchiusi per ore in alcuni container sotto la pioggia battente, senza cibo, acqua, per il solo fatto di esser nati dalla parte sbagliata del mondo. Fouad si trova già sul posto. E’ lì, che parla con i ragazzi, accertandosi delle loro condizioni, indifferente alle minacce incessanti e agli insulti degli agenti della PAF (police aux frontiers). Chiede che venga dato loro del cibo, degli ombrelli e delle sigarette.

I poliziotti sono più tesi del solito, stringono in mano i manganellie impediscono fisicamente agli attivisti di avvicinarsi ai container. Non lasciano spazio a nessuna forma di dialogo, vogliono impedire che si parli con i migranti. Tutto succede in pochi minuti, i quattro ragazzi vengono fatti arretrare con la forza, cacciati verso l’Italia a spintoni, sotto la minaccia costante di manganelli e spray urticanti. Fouad, che da qualche metro dalle transenne sta riuscendo a comunicare coi migranti, viene violentemente sbattuto a terra e trascinato all’interno della stazione di polizia di frontiera. I gesti che Fouad sta rivolgendo ai ragazzi al di là delle transenne sono il ridicolo pretesto per il nevrotico e brutale intervento della police.

Sotto gli occhi degli altri attivisti, Fouad viene picchiato, il volto sbattuto con forza sul pavimento, poi viene caricato su una volante all’interno della quale, nonostante uno degli agenti tenti di impedirglielo stringendogli una mano alla gola, riesce a rivolgersi ai compagni, affermando di esser stato ripetutamente colpito. L’attivista francese ha quindi chiesto assistenza legale e sanitaria, venendo trasportato all’ospedale di Menton dove tuttavia non ha ricevuto alcuna cura specifica, contrariamente all’agente che ha denunciato l’inesistente aggressione. Da quanto si è appreso ieri dalle parole del suo legale, durante lo stato di fermo Fouad non ha neppure avuto modo di mangiare.

Lunedì presso il tribunale di Nizza, alla presenza dei testimoni della vicenda, si è tenuta l’udienza di convalida del fermo. Questa, in virtù di una presunta pericolosità sociale, si è conclusa con la convalida cautelare dell’arresto e la fissazione della prima udienza per il 30 settembre. Tre sono gli assurdi capi di accusa imputatigli secondo il diritto francese: oltraggio, resistenza e aggressione a pubblico ufficiale. Assurdità incrementata dal fatto che l’intera udienza si sia basata non su quanto avvenuto in frontiera, dove è stato Fouad ad essere aggredito senza ragione dalla polizia francese, bensì sulla strumentalizzazione del suo passato di militante.

Questisono i fatti.

Nonostantele numerose testimonianze e le prove documentali inequivocabili che saremo in grado di addurre, nonostante la certezza dell’assoluzione in un futuro processo, Fouad trascorrerà almeno trenta giorni in una cella, in attesa dell’esito del ricorso. E’ questo il modo in cui la giustizia francese, così come quella italiana mediante i fogli di via, persegue i nostri attivisti in assenza dei presupposti per emettere una condanna. Una strategia intimidatoria, che colpisce chi si è macchiato della sola colpa di aver sollevato la testa contro un sistema deviato. Un sistema che mortifica, svilisce ed umilia chiunque vi si opponga in nome di una sete di libertà e giustiziache né gli arresti, né le minacce, né le violenze della polizia,saranno mai in grado di sedare. Oggi più che mai siamo al fianco di Fouad. Oggi più che mai lottiamo in nome di ciò che ci rende umani, contro ogni discriminazione, contro ogni repressione, contro ogni frontiera.

WE ARE NOT GOING BACK – FOUAD LIBERO!

Presidio Permanente No-Borders

[FRA]

Dans la nuit de dimanche, a Ponte San Luigi, à environs une heure du matin, quatres militantes du presidio permanente (campement permanent) No Borders, montent comme chaque soir a la frontière haute afin de surveiller ce qu’il s’y passe. Dans une situation de tension provoquée par une ultime journee de frustration, nous sommes temoins d’une réalite absurde : Au coeur de cette “Europe Civilisée” baffouant les conventions et le droit des etres humains, des personnes sont parquées pendant des heures, sans eau ni nourriture, dans des containers et sous la pluie battante, du seul fait de ne pas etre né.e.s au bon endroit. Fouad, militant du campement, était déja sur place en train de discuter avec les déporté.e.s pour s’assurer de leurs états. Indifférantaux menaces et insultes incessantes de la PAF (police aux frontières), il demande à la police de leurs donner des parapluies, de la nourriture et des cigarettes.

La tension venant de la part des policier.e.s est plus importante que d’habitude, matra que en mains, ils empechent les militant.e.s des’approcher des containers et de parler aux déporté.e.s.

En quelques minutes, nos quatres camarades voient Fouad se fairere fouler avec violence du cotés italien matraque sorties et gazeuseen bandoulliere. Fouad se retrouve à quelques metres des barrieres et continue de parler aux déporté.e.s, avant de se faire mettre au sol et trainer au poste frontalier, son attitude n’etant qu’un pretexte fallacieux pour justifier l’intervention névrotique et brutale des policier.e.s.

Sous le regard des autres activistes, Fouad se fait frapper, le visage plaqué au sol avec force par l’une des policières. Il est ensuite embarqué dans une voiture de police, malgrè le fait que l’un.e d’entres eux/elles soit en train de l’étrangler, Fouad arrive a communiquer avec les camarades, affirmant qu’il s’est fait tabasser à l’intérieur des locaux de la PAF. Notre camarade a donc demander à voir un medecin et un avocat, il est tranporté a l’hopital de Menton, non pas pour constater ses blessures ou recevoir un traitement, mais pour que le policier ayant soit disant subit des violences puisse faire constater son abrasure de l’epyderme qu’il s’est faite après avoir agresser notre camarade. Aussi, durant sagarde à vue, et selon son avocate, Fouad n’a pas eu accès à un quelconque repas.

Lundi, au tribunal de Nice, en presence des temoins, s’est tenue l’audience statuant sur son incarceration. Il est maintenu en détention provisoire jusqu’a son passage au tribunal d’aix en provence (quidoit une bonne fois pour toute statuer sur la validité ou non de samise en détention), tout cela parce que notre camarade est consideré comme potentiellement dangereux aux yeux de la justice. Les trois chefs d’accusation imputés a notre camarade sont : Outrage, rebellion et agression envers un depositaire de la force publique. C’est d’autant plus absurde que l’audience ne s’est pas basée sur les faits s’etant déroulés a la frontière au moment del’arrestation, mais sur des presomptions de culpabilites du fait deson passé militant.

Malgrè les témoignages et les preuves irréfutable qui seront presentées, et la certitude de son innocence, Fouad passe actuellement ses jours en prison en attendant le resultat de son recours. La justice française comme la justice italienne criminalise nos camarades, avecou sans les bons papiers, en presupposant que ces dernier.e.s sont des dangers pour l’ordre public, allant jusqu’a nier la presomption d’innocence. Ces stratégies d’intimidations visent à détruire les solidarités mises en place par celles et ceux qui luttent au quotidien afin de permettre a tous et toutes de vivre dignement et de changer ce système injuste. Ce système mortifère, qui avilie et humilie les personnes qui s’y opposent au nom de la liberté et de la justice sociale, ne se laisseront jamais abattre, malgré les menaces, les arrestations et les violences de l’état. Aujourd’hui plus que jamais nous restons aux cotes de Fouad. Aujourd’hui plus que jamais, nous nous devons de lutter contre toutes les discriminations, contre toutes les repressions, et contre toutes les frontières.

WEARE NOT GOING BACK – FOUAD LIBRE!

Presidio Permanente No-Borders

Bloccano le frontiere e iniziano i processi

Ieri sera, 23 Agosto, 55 migranti sono stati detenuti per più di 6 ore nei container della frontiera alta Francese, a “causa” della chiusura dell’ufficio della polizia italiana addetto alla convalida dei respingimenti e delle deportazioni dalla Francia all’Italia.
Noi ,come sempre, eravamo li, a Ponte San Luigi, a cercare di dar loro aiuto e sostegno e il risultato di ciò è che uno degli attivisti francesi è stato trattenuto in stato di fermo per tutta la notte e ora affronterà un processo per direttissima a Nizza, con l’accusa di oltraggio a pubblico ufficiale.

Ieri abbiamo iniziato il monitoraggio della frontiera alta verso le 19, constatando la presenza di 13 persone trattenute nei container. Alcuni di questi si trovavano in stato di fermo dalle 15. Dopo una mezz’ora, nei container sono state trattenute altre persone, fino a diventare più di 50 migranti, di cui 5 minorenni e alcune donne, in una condizione assolutamente disumana. In questo lasso di tempo,infatti, c’è stata una sola distribuzione di acqua e cibo. Due migranti hanno manifestato malessere fisico e, nonostante le nostre pressioni, nessun medico è stato contattato dalla polizia francese né è stato attuato un trasferimento in ospedale.
Alle 23.50 siamo stati respinti sul territorio italiano, dove ad attenderci abbiamo trovato la polizia che ci ha fermati e identificati.
Intanto, nel lato francese altri attivisti fronteggiavano la repressione violenta da parte della polizia, scatenata da un semplice scambio di sigarette tra No Borders e migranti detenuti.
In questo scontro un’attivista è stata colpita al costato da un manganello e un attivista francese è stato picchiato e trattenuto in stato di fermo per tutta la notte alla PAF, dove si è rifiutato di rilasciare dichiarazioni e ha richiesto assistenza legale e medica. Questo attivista oggi subirà un processo per direttissima a Nizza con l’accusa di oltraggio a pubblico ufficiale, per il semplice fatto di aver risposto alla violenza fisica e alle offese verbali subite dai migranti da parte della polizia.
Ciò che generalmente si verifica nella frontiera alta lo abbiamo più volte raccontato. Si tratta di un continuo ping-pong dei migranti da un lato all’altro del confine: chi viene tenuto in detenzione nei container francesi viene portato all’ufficio della polizia di frontiera italiana, competente a convalidare i respingimenti dalla Francia all’Italia.
Talvolta qualcuno di loro, compresi dei minorenni, viene rilasciato in territorio Francese a piedi, senza indicazioni e senza il rilascio di alcun documento che formalizzi la convalida della loro presenza in Francia, di fatto legittimando qualsiasi nuovo fermo e respingimento che perpetui la strategia del rimbalzo. Chi invece viene respinto in Italia ,di notte viene lasciato alla stazione di Ventimiglia ,in balia di se stesso e dei passeurs, favorendo così lo sfruttamento e il transito illegale di persone.
Mentre la collaborazione tra le forze di polizia italiana e quella francese,previste dall’accordo di Chambery, è strumentale per quanto riguarda il transito dei migranti, ciò non avviene nei confronti del presidio No Borders. Il controllo e la sinergia tra queste due parti è infatti sempre più forte: a 12 giorni dal rilascio dei fogli di via per sei ragazzi, il Presidio è continuamente sotto attacco, come dimostra il processo per direttissima che sta per svolgersi oggi.
Nessun foglio di via, nessun processo fermerà la nostra lotta per l’abolizione delle frontiere e il libero passaggio di ciascun individuo in ogni parte del mondo.

Presidio permanente No Borders

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Per Todor – Pour Todor – For Todor

22 Agosto 2015
Per Todor Bokanovic (20/8/1995), ucciso dalla polizia di frontiera francese, e tutte le altre vittime delle violenze e dei crimini della polizia.
Pour Todor Bokanovic (20/8/1995), tué par la police des frontières française, et toutes les autres victimes des violences et crimes policiers.
For Todor Bokanovic (20/8/1995), killed by french border police, and all the victims of police violences and crimes.

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