Uniti abbiamo resistito e uniti ripartiamo! [ITA]

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La giornata dell’11 giugno ha dato inizio ad una resistenza che ha messo in imbarazzo i governi e le forze di polizia di Italia e Francia. Ieri 30 Settembre, come il 16 giugno quando il primo tentativo di sgombero fallì miseramente, chi cerca di imporre dei confini alla nostra libertà ha perso. Dopo quasi quattro mesi di lotta, che ha visto migranti e solidali unirsi contro la materialità dei confini e la loro logica opprimente, è stato distrutto il campo che era la nostra casa, ma non la forma di vita che insieme abbiamo costruito e l’organizzazione comune della lotta, presente e a venire, contro tutti i confini.

Alle 5:30 uno schieramento di dodici camionette e 250 uomini in divisa, tra carabinieri, polizia, guardia di finanza ecc. ha dato inizio all’operazione di “devastazione e saccheggio” del presidio permanente No Borders, costringendo un ottantina di persone, tra migranti in viaggio e solidali, a ritornare sulla scogliera come all’inizio, in quei giorni di giugno in cui nacque il presidio. Un luogo per noi centrale, il luogo di origine di questa lotta: siamo andati lì non solo per mera difesa ma perché quel posto è dove è nato quel “noi” che è la forza, la potenza di questo movimento.

Con ruspe ed enormi contenitori di immondizia si è consumato uno sgombero meditato da tempo. Hanno spazzato via le tende, i vestiti, il cibo, le brochures informative, i libri, i materiali per le lezioni di inglese, francese, arabo, le chitarre, i palloni, i mobili auto-costruiti, le docce, i bagni.

La violenza devastatrice di quelle ruspe ha tentato di cancellare il lavoro di mesi di autorganizzazione, che ha mobilitato la solidarietà di tantissime persone, tra migranti, attivisti da tutta Europa, persone solidali giunte a portare pacchi di pasta, latte, acqua, le proprie competenze, la voglia di mettersi in relazione.

L’esperienza del presidio è ed era fatta di corpi, di sguardi, nel continuo sforzo di conoscersi, di raccontarsi anche oltre le barriere della lingua. È ed era l’immediatezza delle relazioni, del vivere insieme, del costruire, insieme alla frustrazione di avere di fronte una barriera che costantemente rinfaccia la minaccia dell’espulsione, che costantemente riproduce il volto brutale dell’Europa. È ed era anche una forza che si esprime nelle “battiture” davanti la frontiera, nelle improvvisazioni musicali, nella convinzione di non essere soli, di lottare insieme. A Ventimiglia c’era e rimane il dirompente desiderio di libertà.

Abbiamo sgomberato il presidio, non i migranti”, ha detto il sindaco di Ventimiglia Ioculano.

Quel che tentano di spazzare via quelle ruspe – sotto gli occhi vigili di poliziotti armati fino ai denti – è soprattutto un percorso di autogestione, di lotta, che avviene in primo luogo attraverso l’immediatezza del vivere insieme, la potenza e la forza di diventare un “noi”. Contro la forza delle divise, presenti in un numero spropositato, stava e sta la forza e la dignità di stare insieme e lottare per la libertà.

In stato di assedio e accerchiati dalle forze dell’ordine noi, resistenti degli scogli, abbiamo dato prova di forza e unità per le dodici ore a seguire. Forti solo nel numero e nei mezzi, gli uomini in divisa hanno minacciato denunce e identificazioni nei confronti dei migranti, nonché ulteriori denunce e fogli di via per i solidali. Non sono riusciti, come credevano, a risolvere “il problema” in poche ore. L’unico accordo possibile partiva dalla condizione che i migranti in viaggio, una cinquantina, non avrebbero subito conseguenze di alcun tipo, fosse essa una denuncia o un’identificazione e inserimento nel sistema Eurodac, e così è stato.

Durante la giornata è stata manifestata chiaramente la volontà di non cedere di fronte le intimidazioni e le pressioni ricevute; mentre da fuori le tante iniziative di solidarietà, da Mentone a Lampedusa, Roma, Milano, Bologna, Torino e Toulouse ecc., davano forza a chi resisteva. Nel frattempo, mentre la lotta proseguiva sugli scogli, tanti dei nostri sono stati portati via dalle forze dell’ordine e chi si avvicinava nel tentativo di dare la propria solidarietà attiva e materiale (cibo e acqua) veniva allontanato, tenuto a distanza o preso dalla polizia, identificato e denunciato. Un semplice “hurriya” gridato da lontano è costato a qualcuno cinque ore di commissariato.

Per ore siamo stati insieme sugli scogli, senza acqua e cibo, abbiamo condiviso paure, energie e voglia di resistere. La controparte, cioè il ministero dell’interno, constatato che non era possibile sgomberare gli scogli senza quello che viene chiamato “danno di immagine”, ha accettato la mediazione del Vescovo sulle posizioni dei migranti e solidali sugli scogli. Insieme abbiamo lasciato gli scogli, uniti oggi come negli ultimi quasi quattro mesi di lotta. Inevitabilmente la conclusione della trattativa ha determinato la divisione del gruppo, e non è stato facile accettarlo. I migranti hanno raggiunto il centro di accoglienza gestito dalla croce rossa con i mezzi messi a disposizione dalla Caritas e senza essere identificati dalle forze di polizia. Gli/le attivisti/e sono stati presi dalle forze di polizia che alla luce della situazione che vedeva ancora tanti solidali mobilitati li ha rilasciati in poco tempo e senza alcun foglio di via, dopo averli comunque sottoposti a identificazione e iscritti nel registro degli indagati per invasione di terreni o edifici. La sera stessa eravamo di nuovo insieme, convinti di voler continuare a lottare.

Una ventina di migranti, che non sono riusciti a raggiungere gli scogli sono stati presi durante i primi momenti dello sgombero, portati all’ aereoporto di Genova e deportati al CARA di Bari. Al momento non sappiamo se su di loro pende un procedimento di rimpatrio o hanno subito “solo” la riammissione in Italia e l’identificazione, e stiamo seguendo la cosa con l’aiuto degli avvocati e delle reti di solidarietà per capire cosa si devono aspettare questi ragazzi e come supportarli.

Nello stesso giorno a Nizza un nostro compagno è stato processato e condannato a 6 mesi (pena sospesa), 150 ore di lavoro per lo stato e 1600 euro di danni alla poliziotta della PAF che l’ha denunciato. Questa sentenza, a cui faremo appello, è frutto del clima di razzismo istituzionale che sta caratterizzando il dipartimento della Alpi Marittime, con la quotidiana criminalizzazione di migranti e solidali. Denunciamo inoltre l’ingiustizia di una corte che non ha tenuto conto dell”impossibilità per i testimoni di raggiungere il tribunale (essendo questi sugli scogli di Ponte San Ludovico) quale motivazione per la richiesta di rinvio. Denunciamo infine il pregiudizio evidente nei confronti del nostro compagno e la falsità delle accuse a suo carico.

A tutti coloro che in questa giornata hanno subito la repressione di Italia e Francia nella lotta contro i confini nella forma del fermo, dell’arresto, della condanna, della deportazione, dell’identificazione ecc. va la nostra solidarietà e la promessa che nessuno verrà lasciato solo di fronte a tanta ingiustizia.

E’ evidente che la mediazione trovata non è un punto d’equilibrio, ma un momento della resistenza. La verità è che al di là della vetrina turistica della riviera, il problema della libertà di circolazione rimane, e la chiusura delle frontiere è un fatto scandaloso che genera condizioni di ingiustizia a cui non si può rimanere indifferenti. Il centro della Croce Rossa in stazione esplode di persone in viaggio, ed è quindi evidente che rimane il bisogno di spazi di supporto ai migranti in transito.

Hanno distrutto un luogo, una casa, un rifugio per molti. Hanno distrutto un Presidio, ma non un percorso di lotta, perché Ventimiglia non e’ solo un luogo. Ventimiglia e’ un’idea di resistenza che poggia su una rete di solidarietà consolidata in questi tre mesi e mezzo, che nessuna ruspa e nessuno sgombero riuscirà a smantellare.

PER QUESTE RAGIONI E ALTRE CHE AVREMO MODO DI ESPRIMERE NELLE PROSSIME ORE INVITIAMO TUTTE E TUTTI A MOBILITARSI PER UNA MANIFESTAZIONE INTERNAZIONALE DOMENICA 4 OTTOBRE ALLE 14 A PARTIRE DAL PIAZZALE DELLA STAZIONE DI VENTIMIGLIA .

Ventimiglia e’ ovunque e la solidarietà è la nostra arma.

WE ARE NOT GOING BACK!

Presidio Permanente No Borders Ventimiglia in exile

we are not going back, we need to go – the night of 23 august

[ITA]

Il 23 agosto, un giorno come gli altri, una notte come le altre, delle donne, degli uomini, dei bambini sono imprigionate/i dalla police aux frontiers in dei container recintati da transenne, davanti alle quali dei poliziotti montano la guardia. Questa situazione si protrae da mesi, da anni. Qui non viene dato cibo né medicinali, non ci sono interpreti né avvocati. Una vera e propria zona di non-diritto, dove i poliziotti fanno quello che vogliono ed espellono chi vogliono verso l’Italia.

Questa notte però è diversa perché delle persone non restano indifferenti e salgono a vedere cosa succede, per avere notizie della condizione dei reclusi, per sapere cosa sta succedendo. Una persona si rivolge alle/ai migranti in arabo per informarli del loro diritto di ricevere l’assistenza di un avvocato, di un interprete, di un medico. I poliziotti presenti non capiscono niente dello scambio verbale e si innervosiscono rapidamente. Un uomo in borghese esce dal commissariato, è nervoso, molto aggressivo. Grida addosso alle persone recluse in una lingua che non capiscono, batte con il manganello sulle transenne per fargli capire che se non stanno zitti saranno picchiati. Una persona chiede ai poliziotti di calmarlo, ricordandogli che tra le persone recluse ci sono dei minori che subiscono quotidianamente la loro violenza e che tutti sanno che gli arresti e le condizioni di detenzione e di espulsione sono illegali.
A quelle parole i poliziotti lo aggrediscono, lo buttano sul pavimento del commissariato, lo ammanettano, lo stringono alla gola per farlo smettere di respirare e lo picchiano sul volto. In seguito viene condotto all’ospedale, lungo la strada la scorta ricomincia a colpirlo e minacciarlo perché ha riferito agli agenti appostati davanti al commissariato le violenze subite durante e dopo l’arresto.
I suoi diritti gli saranno notificati solo alcune ore dopo l’arresto. Apprende, senza grande stupore, le assurde accuse avanzate dai poliziotti: oltraggio e resistenza aggravata a pubblico ufficiale. Una volta arrivati all’ospedale i poliziotti si rifiutano di fargli vedere un medico e di farlo mangiare.

Ancor prima di essere ascoltato da un ufficiale di polizia giudiziaria, i poliziotti hanno contattato i media locali per coprire le loro violenze e diffondere le proprie menzogne. In questo saranno presto sostenuti dal gabinetto del Prefetto delle Alpi Marittime, dal tribunale, da un sindacato di polizia e, qualche giorno più tardi, dal Front National. Il tentativo è quello di far passare il caso come un fatto eccezionale, dichiarando il falso ai media, che riportano che la persona arrestata sarebbe stata in stato di ebrezza, che avrebbe aggredito i poliziotti o ancora che alcune delle persone recluse sarebbero scappate.
Appena terminato l’interrogatorio, è convocato al processo per direttissima. Eppure il tribunale non gli ha notificato la denuncia, impedendogli di essere giudicato e obbligandolo così a passere undici giorni in detenzione provvisoria. L’udienza è rimandata a mercoledì 30 settembre al tribunale correzionale di Nizza.

Si tratta di una notte che non ha nulla di eccezionale e le violenze della polizia non sono appannaggio esclusivo della persona arrestata quella sera. Allo stesso modo i sostegni concreti ai rifugiati non vengono esclusivamente da una “sinistra estremista che cerca lo scontro con le forze dell’ordine” (con le parole usate dalla Prefettura delle Alpi Marittime e dal Front National). Gli strangolamenti e le percosse sono pratica comune per la polizia e numerose persone sono decedute in seguito a tali trattamenti. Ricordiamoci che quest’anno un uomo è morto prima di arrivare al commissariato per aver subito tecniche di strangolamento e soffocamento concepite per rendere inermi le persone. Con queste tecniche le forze fisiche diminuiscano rapidamente e si sente l’angoscia e la paura della morte immediata. Attraverso questa pratica criminale si cerca di abbattere le difese fisiche e psicologiche della persona, di far sì che obbedisca più docilmente alle umiliazioni dei poliziotti e che dica quel che vogliono sentirsi dire. Questa brutalità selvaggia si riversa più spesso nei confronti di neri, arabi e rom, in zone dove lo Stato concentra una forte presenza poliziesca per poter così dire di lottare contro la criminalità.
Ci sono attualmente 700 poliziotti (che presto saranno 1200) dispiegati sulla frontiera franco-italiana per lottare contro la criminalità. Qual’è questa criminalità? L’entrata irregolare sul territorio francese da parte di persone che per la maggior parte vogliono solamente attraversarlo, per arrivare in paesi dove si trovano già le loro famiglie o dove si parla una lingua che conoscono. Si tratta di persone che fuggono da paesi in guerra o governati da dittatori che assecondano gli interessi dei paesi europei. Queste stesse parole, “lotta contro la criminalità”, sono le stesse utilizzate negli anni ’80 contro gli abitanti dei quartieri popolari, così come le pratiche razziste utilizzate alla frontiera sono le stesse impiegate altrove. L’intensificazione dei controlli d’identità ha luogo anche nelle zone dove circolano i neri, gli arabi, i rom, i poveri. E’ in queste stesse zone che i poliziotti picchiano, soffocano e uccidono, quegli stessi poliziotti che sono quasi sempre bianchi, che impiegano un linguaggio coloniale da secolo scorso e utilizzano senza remore una violenza brutale e selvaggia.

Le frontiere già uccidono da tempo e uccideranno sempre di più! Mentre la Francia discute delle quote di rifugiati, lo stato ungherese autorizza l’esercito a sparare sui rifugiati e il Mediterraneo è sempre più militarizzato! Un mese fa, un’imbarcazione della marina greca ha tentato di far affondare una barca di rifugiati in piena notte! La frontiera franco-italiana è già militarizzata con i gendarmi dal lato francese e i carabinieri da quello italiano, degli elicotteri che sorvolano la zona e delle barche della marina che sorvegliano le coste.

Non è così inutile ricordare che gli esili sono il risultato di una politica imperialista e coloniale. Dopo l’invasione del Medio Oriente da parte degli Stati Uniti e dei loro complici europei, molti paesi nella regione sono totalmente instabili e le popolazioni civili vi muoiono ogni giorno. La stessa cosa vale per il Sudan o anche i paesi del Sahel. Dietro a ogni conflitto armato, ci sono degli interessi e delle strategie geopolitiche che sono favorevoli agli europei del vecchio continente e del nuovo mondo. Invece di assumersi le loro responsabilità aprendo le frontiere per accogliere almeno i rifugiati di guerra, gli stati più ricchi del mondo maltrattano degli uomini, delle donne e dei bambini per deportarli verso paesi dove la loro vita corre un rischio reale e immediato. Come se non bastasse sostengono il mercato delle armi, stimolano l’istallazione di fili elettrificati alle frontiere esterne dell’Europa e continuano a utilizzare il razzismo come criterio di selezione dei rifugiati.

Nonostante le violenze e le umiliazioni imposte dagli Stati europei e l’approccio razzista e coloniale nell’affrontare politicamente l’arrivo dei rifugiati di guerra in Europa, alcune persone si organizzano ogni giorno per lottare contro le frontiere, resistere alle oppressioni quotidiane e vivere con dignità. Il Presidio No Border Ventimiglia è nato dalla resistenza delle/dei migranti che, per contestare la chiusura della frontiera franco-italiana, hanno occupato prima la strada e poi gli scogli. Ogni giorno, ci sono sempre più migranti che raggiungono il campo dove trovano un luogo di riposo, di organizzazione egalitaria e di rivendicazione politica. Qui, inoltre, ci si batte contro il razzismo, innanzitutto tra noi. Questa resistenza non è isolata. Da anni in Francia, ci sono persone che si organizzano contro le violenze poliziesche e il razzismo di Stato che si dispiega in ogni momento e a tutti i livelli.
Il prossimo 31 ottobre ci sarà una marcia per la dignità e contro il razzismo. Noi ci associamo da ora a questa lotta che ha origine dalle stesse preoccupazioni e per obiettivo le stesse strutture di questa società razzista e coloniale.
Il 30 settembre, invece, ritroviamoci alle 13 davanti al tribunale correzionale di Nizza contro il colonialismo, il razzismo di Stato e le violenze poliziesche.

We are not going back, we need to go!
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Comunicato delle donne del presidio No Borders di Ventimiglia [ITA-FRA-ENG]

[ITA]

Il presidio No Borders di Ventimiglia è una comunità fondata sull’autogestione.
Come tale si basa su un’etica che fa riferimento ai principi dell’antirazzismo, dell’antisessismo e dell’antifascismo. La lotta contro la frontiera geografica e amministrativa che costituisce la base politica del campo no border si declina anche lottando contro quelle barriere che quotidianamente determinano rapporti di potere fondati sulla razza, sul sesso o sul genere; e che da questi vengono a loro volta determinate. La pratica dell’autogestione non si limita alla lotta contro una sola di queste barriere, ma implica una costante messa in discussione di tutte le frontiere, quale che sia il potere che le sostiene.
All’interno della comunità costituita dal campo No Borders di Ventimiglia, ogni persona è libera di esprimere la propria soggettività, nel rispetto reciproco della convivenza e nella condivisione dei principi su cui questo si basa (antifascismo, antirazzismo, antisessismo).
Il presidio lavora costantemente per diventare uno spazio liberato, affrontando giorno dopo giorno le contraddizioni tipiche della società in cui viviamo.
All’interno del presidio scegliamo di non essere né investigatori né giudici, ma di riuscire a creare le condizioni migliori affinché la voce di chi vive una situazione di qualsiasi tipo di violenza venga ascoltata. Il confronto, l’ascolto e l’orizzontalità hanno portato, in alcuni casi, alla decisione collettiva dell’allontanamento di persone che non volevano vivere secondo i principi e le pratiche dell’autogestione.
Crediamo che solo in questo modo si possa contribuire alla crescita di uno spazio liberato.

Come donne del presidio di Ventimiglia ci fa schifo che venga utilizzato di nuovo il nostro corpo come strumento di ricatto.
Al presidio combattiamo la cultura della stupro che da legittimità ad una denuncia di violenza, da parte di una donna, solamente nel caso in cui questa sia confermata da un’autorità medico-giuridica. Da secoli la cultura machista in cui viviamo ci sottopone ad una messa in discussione della veridicità delle nostre parole. Accusate di essere pazze, isteriche, irrazionali, per natura, possiamo parlare solamente se un’autorità determina la nostra credibilità.
Noi alla voce di una donna che dice di avere subito una violenza abbiamo dato, diamo e daremo sempre ascolto e supporto, senza che un medico, un giudice o un poliziotto ne debba prima confermare le parole. Lottiamo ogni giorno perché il presidio No Border sia uno spazio di sicurezza per ogni donna che lo vive e attraversa.

We are not going back
Le donne del presidio No Borders di Ventimiglia

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We are not going back – Il comunicato dei migranti / Migrant’s Statement [ITA-FR-ENG-AR]

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(ITA)
A giugno il governo francese decide di chiudere le frontiere con l’Italia. In risposta a questo blocco tra Ventimiglia e Mentone un gruppo di noi ha deciso di resistere sugli scogli, manifestando la volontà di non fermarsi, di rivendicare la libertà di movimento e l’apertura delle frontiere.
Alla protesta si uniscono molte persone provenienti da tutta Europa. Da qui nasce il Presidio NoBorders, spazio di resistenza ed autogestione, in cui migranti e solidali vivono insieme ed insieme lottano contro la violenza del confine.

Da giugno la protesta non si è fermata: ogni settimana il Presidio NoBorders manifesta davanti alla frontiera contro gli abusi della polizia di confine e le violente pratiche di respingimento. Rastrellamenti, fermi, detenzioni estenuanti sono all’ordine del giorno sulla frontiera franco-italiana. Quotidianamente alla stazione di Menton Garavan molte persone vengono fatte scendere dai treni, sulla base del colore della pelle e deportate alla stazione di polizia di Frontiera (Paf). Qui attendono per ore, chiuse in containers, senza ricevere informazioni, acqua e cibo. Arbitrariamente la polizia decide se rilasciarli in Francia o respingerli in Italia, dando luogo ad un assurdo “ping-pong” umano.

Siamo fuggiti dalla repressione dei nostri paesi verso l’Europa in cerca di una libertà che ancora una volta ci viene negata. Quel che accade alla frontiera francese è solo una parte di un percorso ad ostacoli che inizia sulle coste del Mediterraneo, dove sin da subito il mito dell’Europa “terra dei diritti” svela il suo volto ipocrita e repressivo. Dov’è la libertà di cui l’Europa si fa vanto quando innalza barriere di filo spinato e indifferenza? Quale attenzione ai diritti umani se la risposta alla domanda d’asilo è il respingimento? Fuggiamo dai campi profughi del nostro paese, nel quale ci viene negata la libertà di movimento, per approdare in un’Europa che ci riserva lo stesso trattamento.

La maggior parte di noi fugge dal Sudan, paese lacerato da una guerra civile in cui dittatori corrotti hanno fomentato conflitti tra etnie, dividendo così la popolazione e perpetuando i loro abusi di potere. In Sudan un partito unico governa da 26 anni; il diritto all’istruzione, alla sanità e ad una vita degna è garantito solo ad una piccola élite. Ogni forma di dissenso è duramente repressa, ma anche la quotidianità è pervasa dal terrore. Rapimenti, carcere, torture, stupri sono gli strumenti di cui il governo si serve per esercitare il controllo ed arginare ogni forma di opposizione. L’accesso all’istruzione è appannaggio di chi si dichiara filogovernativo; la corruzione è così radicata per cui anche curarsi diventa impossibile per chi non ha i mezzi.
Anche in Eritrea si vive nella paura costante dei mercenari armati del governo, che obbliga alla leva militare sin dai 14 anni. La nostra storia è comune a tante altre persone, africane e non , che vedono nell’Europa un rifugio sicuro e la garanzia di una vita degna. Invece, con il suo silenzio complice, l’Europa non solo alimenta e asseconda regimi dittatoriali corrotti nei nostri paesi d’origine, ma chiude le porte a chi da questi regimi cerca di fuggire.

Ed è a quest’Europa che, dal presidio No Borders di Ventimiglia, chiediamo:
-l’immediata apertura della frontiera franco-italiana e la libera circolazione all’interno degli stati europei anche per chi non è cittadino comunitario. Perché i cittadini europei possono circolare liberamente nei nostri paesi, mentre noi qui incontriamo solo confini invalicabili?
– agli stati europei di ammettere le loro responsabilità coloniali nell’aver reso l’Africa un campo di battaglia per lotte intestine favorite da leaders corrotti e facciamo appello all’opinione pubblica affinchè faccia pressione sui propri governi per porre fine al suo silenzio e smetterla di alimentare con armi e finanziamenti regimi dittatoriali
– la revisione del trattato di Dublino III che vincola la domanda di asilo al paese di arrivo, in cui spesso veniamo costretti anche con la forza a rilasciare le impronte digitali. Molti di noi hanno parenti ed amici in paesi che questa legislazione ci impedisce di raggiungere.
– il rispetto del trattato di Ginevra e la garanzia che ci vengano riconosciuti quei diritti di cui l’Europa si fa portavoce
– chiediamo ai governi europei, dal momento che fanno continuamente appello alla tanto decantata “legalità” di rispondere del trattamento violento e repressivoche la polizia ci riserva: sono “legali” le identificazioni forzate, i maltrattamenti? Sono legali le minacce, le percosse della polizia? È legale il continuo processo di criminalizzazione a cui veniamo soggetti appena sbarcati in Europa?
– ai giornalisti di dare voce alle nostre storie oltre gli stereotipi e di denunciare le condizioni disumane in cui viaggiamo anche all’interno della stessa Europa.
L’accoglienza che ci aspettavamo dall’Europa l’abbiamo trovata nelle singole persone, non nei governi. Insieme ai fratelli e alle sorelle del presidio No Borders rivendichiamo la libertà di movimento e l’apertura di ogni frontiera.

WE ARE NOT GOING BACK!
I Migranti del Presidio No Borders Ventimiglia
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Appello di solidarietà per la realizzazione di una cassa di resistenza al fine di organizzarsi contro l’intensificazione della repressione da parte della polizia , della giustizia e delle politiche condotte alla fontiera tra Mentone e Ventimiglia.

A giugno 2015, il ministero degli interni, con la collaborazione del prefetto delle Alpi-Marittime, ha deciso di ristabilire una frontiera fisica tra Mentone-Ventimiglia. Ogni giorno tra le 80 e le 100 persone vengono fermate arbitrariamente, de-portate successivamente alla PAF ( posto di polizia di frontiera) riaperto nei vecchi locali delle dogane francesi prima di essere consegnati agli uffici della polizia italiana. Nella pratica, questa procedura rappresenta un’espulsione forzata dal territorio francese, senza che le persone fermate possano beneficiare di garanzie minime, come ad esempio la presenza di interpreti durante l’interrogatorio che viene loro rivolto, l’assistenza di un avvocato o la presenza di un agente dell’OFPRA (Ufficio francese di protezione dei rifugiati e apolidi). Ogni giorno, le persone che non possono essere riammesse in Italia vengono rilasciate in Francia, fino al prossimo arresto.

Di fronte queste dinamiche razziste, ingiuste e indegne, i migranti hanno opposto resistenza occupando la scogliera situata nei pressi della frontiera. Una volta raggiunti da numerosi sostenitori francesi, italiani e di altri paesi d’Europa, il Presidio Permanente No Border di Ventimiglia ha preso vita. Ogni giorno, numerosi migranti raggiungono il Presidio all’interno del quale trovano un luogo libero dalla presenza della polizia, un luogo di riposo, nonché un luogo d’organizzazione della lotta contro la chiusura delle frontiere.

Quest’estate l’intensità della repressione è salita !

Il 10 agosto, più di un centinaio di migranti hanno preso il treno che li avrebbe portati in Francia, rifiutandosi di cedere alle pressioni da parte della polizia, la quale li ha costretti ad uscire per poi portarli nei container della PAF ed espellerli nelle differenti città italiane, da Ventimiglia a Bari. I sostenitori presenti sul posto sono stati portati rispettivamente nei commissariati francese e italiano e per sei compagne/i italiani è stato ordinato un foglio di via da Ventimiglia.

Il 23 agosto è stato il turno di un compagno francese; arrestato e malmenato dalla PAF ha in seguito passato dieci giorni nella prigione di Nizza in attesa del processo che lo coinvolge. Liberato il 2 Settembre, dovrà essere processato per le false accuse di oltraggio, violenza contro un funzionario di polizia, resistenza e per essersi sottratto a identificazione fotodattiloscopica. Intanto, gli è stata indicata la residenza a Besançon, con l’obbligo di firma due volte a settimana al commissariato e il divieto di transito nel dipartimento delle Alpi-Marittime.

Il 28 agosto un compagno italiano è stato fermato in piena strada dalla polizia italiana la quale gli ha notificato il foglio di via da Ventimiglia e delle denunce per riunione pubblica non autorizzata e invasione di terreni ed edifici.
Il 30 agosto, un altro compagno italiano è stato arrestato in Francia con falsa accusa di violenza e oltraggio nei confronti di un funzionario della polizia di frontiera. Inviato anche lui di fronte il tribunale di Nizza, è stato emanato nei suoi confronti il foglio di via dalla città di Mentone e la diffida di entrare in contatto con un agente della PAF fino al processo che avrà luogo il 12 ottobre.
Nelle due settimane che hanno avuto seguito altre/i quattro compagne/i italiane/i sono stati soggetti alle medesime denunce per riunione pubblica non autorizzata e invasione di terreni ed edifici e ad uno di essi è stato notificato l’ennesimo foglio di via da Ventimiglia. Nell’arco di un mese sono stati emessi in tutto 8 fogli di via da Ventimiglia, uno da Mentone e uno dall’intero dipartimento delle Alpi-Marittime.

Il crescente aumento della repressione non è affatto da sottovalutare. Questa è volta a sfiancare la solidarietà nei confronti dei migranti e a spaventare tutti coloro che ne sostengono la lotta. In tutte queste situazioni ciò che ci viene rimproverato sono gli atti di solidarietà reale nei confronti di coloro che ogni giorno subiscono la « deportazione ». Gli arresti di fronte la PAF sono conseguenza del sostegno portato avanti dagli attivisti e militanti ai migranti rinchiusi nei container, e dal fatto che ci si rivolga loro in una lingua che comprendono, l’arabo, ma che i poliziotti non possono capire.Di fronte questa incapacità i poliziotti si innervosiscono facilmente e la loro immaginazione li porta a pensare che noi incitiamo i migranti in stato di fermo alla rivolta, spinti da ideali di « estrema sinistra » o da un « patriottismo africano ». In realtà quando parliamo con le persone ferme ai container, lo facciamo per conoscere il loro stato di salute, informandoli del loro diritto a richiedere un interprete, un avvocato o degli agenti dell’OFPRA. Per fare un esempio , il nostro compagno francese è stato privato di cibo, del suo trattamento sanitario e della possibilità di richiedere un medico durante tutto il periodo dello stato di fermo. Questo trattamento è riservato allo stesso modo ai fermati che vanno incontro ad una sistematizzazione speculativa della repressione razzista presente nel sud della Francia. Tra coloro che passano per gli uffici della PAF, vi sono anche minori. E’ a causa dell’importante numero di persone fermate quotidianamente che essei vengono privati di cibo, dell’accesso alle cure mediche, di un interprete e della difesa da parte di un avvocato.

Il 30 settembre e il 12 ottobre, due compagni si troveranno di fronte al tribunale di Nizza riunito in sezione penale per rispondere alle false accuse dello Stato francese, e saranno parte di un gioco mediatico portato avanti dagli ufficiali, dai magistrati, dai sindacati di polizia e dal front nationale che intonano menzogne in merito ai fatti accaduti cercando di fare dei processi un esempio di repressione per intimidire l’avvenire del movimento e screditarne l’immagine. Questa situazione non si limita a Ventimiglia. Il nostro pensiero è rivolto ai compagni di Parigi che per aver sostenuto i migranti in sciopero della fame, sono perseguiti di fronte al tribunale di Parigi con l’accusa di sequestro di persona.
Tutti questi processi comportano numerose spese e il gratuito patrocinio non può coprirle tutte.

Ci appelliamo dunque a dei fondi utili per la copertura delle spese legali, alla diffusione di questa richiesta presso le associazioni e presso casse di autodifesa giuridica, nonché di organizzare una cassa antirepressione e di solidarietà ovunque in Francia e in Italia per sostenere tutti i perseguitati dalla giustizia in ragione della loro solidarietà verso i migranti fermati e arrestati sistematicamente e arbitrariamente, privati di tutte le garanzie legali e procedurali e deportati in Italia sotto lo sguardo di tutti e, in primo luogo, dei magistrati per legge garanti delle libertà individuali.
Ci stiamo organizzando nel creare una cassa di resistenza e nei prossimi giorni potremmo comunicare le coordinate dove inviare le donazioni. Nel frattempo, potrete inviarcele sul nostro conto bancario ( le coordinate presenti sono nella nostra pagina facebook “Presidio permanente Ventimiglia”) modificando la causale in : SUPPORTO LEGALE Noborder o visitare direttamente il luogo in cui questi fatti vengono perpetrati per rendervi conto e in prima persona di ciò che migranti e i militanti rivendicano.

Di fronte alla repressione delle persone in transito, di fronte alla loro criminalizzazione e quelle dei loro sostenitori, solidarizziamo e organizziamoci per lottare insieme senza frontiere.

We are not going back, We need to go !

PRESIDIO PERMANENTE NO BORDER VENTIMIGLIA

Contatto mail: noborders@anche.no / Sito internet: noborders20miglia.noblogs.org / Facebook: Presidio Permanente Ventimiglia

Appel à des solidarités financières et concrètes pour s’organiser contre l’intensification de la répression de la police, de la justice et des politiques à la frontière Menton-Vintimille

Appel à des solidarités financières et concrètes pour s’organiser contre l’intensification de la répression de la police, de la justice et des politiques à la frontière Menton-Vintimille

En Juin 2015, le Ministère de l’Intérieur, avec la collaboration du Préfet des Alpes-Maritimes, a décidé de restaurer une frontière physique à Menton-Vintimille. Chaque jour, ce sont entre 80 et 100 personnes qui sont arrêtéEs arbitrairement, emmenéeEs à la police aux frontières restaurée dans anciens locaux des douanes françaises avant d’être remis aux polices italiennes. En pratique, ce sont des expulsions forcées du territoire français sans que les personnes arrêtées bénéficient des minimums de garanties, à savoir avoir la présence d’interprètes au cours des auditions, l’assistance d’un avocat ou d’un agent de l’OFPRA. Chaque jour, ce sont aussi des personnes qu’on ne peut expulser vers l’Italie qui sont relâchées jusqu’à la prochaine arrestation.

Face à ces méthodes racistes, injustes et indignes, les migrantEs sont entréEs en résistance et ont occupé les rochers à la frontière. Rejoints par de nombreux soutiens françaisEs, italienNEs et d’autres pays d’Europe, le Presidio Permanente No Border Ventimiglia est né. Chaque jour, ce sont des migrantEs qui rejoignent le camp où EllesIls ont trouvé un lieu libre de la présence policière, un lieu de repos et d’organisation pour lutter contre la fermeture de la frontière.

Cet été, la répression a monté en intensité.

Le 10 août, plus de cent migrantEs ont pris le train pour passer la frontière et ont refusé de céder aux pressions de la police qui les ont sortis de force pour les emmener au poste frontière et les expulser dans différentes villes d’Italie de Vintimille à Bari. Des soutiens présents sur place ont été emmenés dans des commissariat français et italiens, et six compagnons italiens ont été interdits du territoire de Vintimille.

Le 23 août, ce fut le tour d’un français qui s’est fait arrêter, frappé par la police française et incarcéré dix jours à la prison de Nice dans l’attente de son procès. Libéré le 2 septembre, il passera en procès le 30 septembre pour les fausses accusations d’outrage, violence contre un fonctionnaire de police, rébellion et refus d’empreintes palmaires et de prise de photographies. Dans l’attente, il a été obligé de résider à Besançon, avec obligation de pointer deux fois par semaines au commissariat et interdiction de paraître dans le département des Alpes-Maritimes.

Le 28 août, c’est un camarade italien qui a été arrêté en pleine rue par les policiers italiens et remettre une interdiction du territoire de Vintimille et une plainte pour manifestation non déclarée et occupation illegale de terrains et d’immeubles.
Le 30 août, un autre camarade italien a aussi été arrêté en France avec la fausse accusation de outrage et violence envers un fonctionnaire de police. Déféré aussi devant le tribunal correctionnel de Nice, il a été interdit de territoire sur la Ville de Menton et interdiction d’entrer en contact avec ce policier jusqu’au procès qui se tiendra le 12 octobre.

Dans les deux semaines qui ont suivi, ce sont quatre autres camarades italiennEs qui ont reçu les memes plaintes pour manifestations non déclarées et occupations illégales de terrains et d’immeubles et contre l’un d’elleux a été prononcé une énième interdiction de territoire de Vintimille.

La montée grandissante de la répression n’est pas anodine. Elle vise à briser toute solidarité avec les migrantEs et faire peur à toutes celles et ceux qui luttent avec elleux. Dans toutes ces situations, ce qui est reproché sont des actes de solidarités réelles avec les personnes arrêtées. Les arrestations devant la police aux frontières sont causées par le fait que des personnes viennent soutenir des gens enfermés et de s’adresser à ElleEux dans une langue qu’EllesIls comprennent, la langue arabe, mais que les policiers français ne peuvent comprendre. Face à cette incapacité à comprendre l’arabe, les policiers deviennent rapidement nerveux et leur imaginaire les amène à penser que des camarades viennent inciter les enferméEs à la rébellion, qu’EllesIls sont guidéEs par des « idées d’extrême gauche » ou encore par « un patriotisme africain ». Dans les faits, si des gens parlent aux personnes enfermées, c’est tout simplement pour connaître leur état de santé et les informer qu’EllesIls ont le droit de demander des interprètes, des avocats ou des agents de l’OFPRA. Pour ne citer qu’un exemple, notre camarade français a été privé de nourriture, de son traitement et d’accès à un médecin pendant toute sa garde à vue. Cette privation de nourriture et de soins s’applique aussi aux personnes arrêtées. Toutes ces privations sont causées par l’industrialisation de la répression raciste existant dans le sud de la France. Parmi elleux il y a aussi de nombreux enfants mineurs, qui passent par les locaux de la PAF. C’està cause du nombre important de personnes arretées par jour qu’il n’y a pas de repas distribués, d’accès aux soins, à un interprète et un avocat.

Le 30 septembre et le 12 octobre, deux camarades passent devant le tribunal correctionnel de Nice pour répondre aux fausses accusations de l’Etat français et se retrouvent au milieu d’un jeu médiatique de la part des officiels, du parquet, des syndicats de police et du front national qui mentent réellement sur les faits et cherchent à faire de ces procès un exemple de répression pour intimider l’avenir du mouvement et salir son image. Cette situation ne se limite pas à Vintimille. Nous pensons également aux camarades de Paris qui, pour avoir soutenu des migrantEs en grève de la faim, sont poursuivis devant le tribunal correctionnel de Paris pour séquestration.

Tous ces procès entraînent de nombreux frais de justice et l’aide juridictionnelle ne peut pas tout couvrir.

Nous appelons donc à des dons pour couvrir ces frais, à diffuser cet appel auprès des caisses d’autodéfense juridique et associations, et à organiser des caisses de solidarité partout en France et en Italie pour aider tous les camarades répriméEs devant la justice à raison de leur solidarité envers des personnes arrêtéEs arbitrairement, privéEs de toutes les garanties légales de procédure et déportéEs en Italie à l’abri des regards de tous, et, en premier lieu, des magistrats qui sont garant de la liberté individuelle.
Pour le moment, vous pouvez nous envoyer vos dons sur ce compte bancaire (IBAN IT86YO843922700\BIC: ICRAITRC70) en donnant le nom de l’association ASS. POPOLI IN ARTE en précisant CAUSALE : SUPPORTO LEGALE NO BORDER.

Vous pouvez aussi passer directement visiter les lieux , voir ce qui s’y passe et vous rendre compte par vous-meme ce que les migrantEs et les militantEs revendiquent.

Face à la répression des migrantEs, leur criminalisation et celle de leurs soutiens, soyons solidaires et organisons-nous ensemble sans frontières pour lutter!

We are not going back, We need to go !

Des militantEs criminaliséEs par les Etats français et italien et leurs soutiens!

Contact mail : noborders@anche.no\ Site internet : noborders20miglia.noblogs.org\ Facebook : Presidio Permanente No Border Ventimiglia

Lettre de Fouad [FR-ITA-ENG]

liberta [FR]

Cette lettre a été écrite deux jours après son incarcération. Elle n’a pu être envoyée et lue pendant le temps de son incarcération. Il a été enfermé onze jours suite aux pressions politiques des syndicats de police, du cabinet du préfet des Alpes maritimes, du parquet et des partis pris des juges à l’audience du 24 août. Il a été libéré le 2 septembre, mais dans l’attente de son jugement, il est interdit du territoire des Alpes-Maritimes et placé sous contrôle judiciaire à 700km de la frontière.

Salam alikoum chebabs, Ciao Regaza, Ciao Regazzi Ils m’ont arrêté, ils m’ont tabassé, ils m’ont enfermé! Je suis toujours vivant et je pense à vous. J’ai peur pour moi mais aussi pour vous. Grand merci à toutes celles et ceux qui sont venus me voir au Tribunal. Aussi, un grand merci à toutes celles et ceux qui auraient voulu me voir mais qui ne le pouvaient…. ! Que vous dire ? Ici, je vois qu’il fait beau, je vois qu’il y a le soleil. Les barreaux doublés de grillages (pour nous empêcher de s’envoyer des yoyos entre détenus), les barbelés, les plafonds grillagés des cours de promenades, empêchent le soleil de venir caresser ma peau et ne me permettent pas d’apprécier le ciel bleu qui va avec ! On est cinq dans une cellule, la douche est bouchée, les murs et le sol sont abîmés, les peintures défraichies se décollent elles-mêmes….Je dors avec un matelas par terre à cause de la surpopulation en prison : nous sommes plus de 800 personnes pour 600 places disponibles. Je pense souvent à vous et je rêve déjà du jour où l’on se reverra et que l’on dansera après avoir mangé les magnifiques plats de nos cuisiniers du midi ou les pizzas fraiches du soir. Que vous dire sur ce qui s’est passé ? Ben, j’ai voulu parler aux chebabs enfermés pour leur dire leurs droits. Mais ce n’était pas du goût de la police aux frontières. Je leur ai aussi dit d’arrêter de taper avec leurs matraques sur les barrières pour faire peur et menacer des enfants mineurs ! Ils n’ont pas aimé que je leur dise ce qu’on passe son temps à leur cacher, leurs droits. Ils m’ont attrapé au sol en m’étranglant. Après m’avoir menotté, ils m’ont tapé au sol. En me transportant à l’hôpital, les trois policiers m’ont aussi étranglé et frapper au visage. A l’heure où je vous écris, je porte encore la marque de leurs coups. Je suis en prison. Je ne peux pas voir de médecin et faire constater les preuves de la brutalité policière. Et c’est moi qu’ils accusent de violence et me retrouve devant leurs tribunaux où ils me condamneront sûrement. Je me prépare à cela et je vous demande aussi de vous préparer à cela et de ne pas perdre le moral car moi, je le garde. Les images de notre vie vécue ensemble restent dans ma mémoire. Je garde le moral et je suis heureux d’avance de vous revoir un jour et continuer à vivre cette aventure riche de sentiments, de rencontre, de vivre ensemble. A la frontière, nous avons déjà brisé les frontières ! Ils auraient aimé que vous restiez seuls chebabs, et que vous, regazza et regazzi, collaboriez silencieusement. Ils n’ont pas réussi et ne réussiront jamais. A la frontière, ils voudraient que j’aille en arrière, que j’ai peur d’aller de l’avant, et c’est pour cela que je suis ici, en prison, ils ne veulent pas que nous allions en avant, comme vous chebabs. Ils vous enferment dans le Sud de l’Europe pour ne pas aller de l’avant, et moi, ils m’enferment dans une prison, pour que je n’aille pas de l’avant. Je garde le moral malgré les barreaux, les grillages et les barbelés. Même si je ne suis pas près de vous, je suis avec vous. Les barreaux ne briseront pas notre solidarité. C’est cette solidarité que j’ai vu au tribunal, que je sais encore agir et qui existera au jugement. Reggazza, Regazzi, ils veulent nous intimider en faisant de moi un exemple. N’ayez pas peur, beaucoup des nôtres se font un jour ou l’autre enfermés pour leurs idées. Le monde s’est-il arrêté d’avancer ? Non. Nous ne devons pas avoir peur de leurs coups, de leurs pressions, de leurs formes de justice où les juges nous enferment avant d’avoir été jugé et couvrent les failles d’un système qui violente et oppresse avant tout ! Je vous rassure, mes codétenus sont bien. Ils m’ont filé des cigarettes pour décompresser, des habits pour vivre dignement et on se respecte pour essayer de vivre dans ce taudis de 20m2. Je ne sais pas quoi vous dire de plus à part de continuer à vivre ensemble, à discuter pour vivre la liberté et l’égalité, pour mettre fin à cette injustice que vivent tous les exilé-e-s arrivés en Europe où on les maltraite pour les forcer à revenir en arrière. Eh Chebabs, malgré cela, vous restez fort et vous allez de l’avant. Comme vous, je reste fort et je ne peux qu’aller de l’avant.
Salam alikoum Chebabs, Ciao regazza, Ciao reggazzi
We are not going back, We need to go
Fouad, un enfant d’exilé enfermé dans une prison française pour avoir soutenu ses frères exiles fuyant les pays en guerre et enfermés quotidiennement suite aux méthodes racistes des polices françaises et italiennes.
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6 Settembre e oltre: #VentimigliaEverywhere, mappe di libertà, solidarietà e resistenza!

#StrugglesEverywhere!

Domenica 6 settembre è stata una giornata di solidarietà e lotta che si inserisce all’interno di una più ampia mobilitazione che, ne siamo certi, non si esaurirà a breve. Non possiamo infatti non notare come tante iniziative, azioni e proteste di questi giorni siano in continuità con la lotta contro le frontiere e la libertà di circolazione, andando oltre questa e rivendicando una vita degna per tutte e tutti. E’ questa la ragione per la quale ci teniamo a raccontare non solo le tante iniziative in solidarietà di Ventimiglia, ma anche alcune delle mobilitazioni di questi ultimi giorni che hanno avuto nel soggetto migrante il proprio riferimento.
In un momento in cui il dibattito sui media mainstream attorno al tema delle migrazioni e dell’accoglienza trova una nuova centralità ci sembra importante cercare di ricostruire una mappa che dia una misura, per quanto approssimativa, della risposta che migranti e solidali stanno costruendo a partire da Ventimiglia ed in tutta Europa alle politiche di segregazione e sfruttamento imposte da governi di varia coloritura in tutto il continente.
Se oggi infatti sono tanti a dirsi solidali con i migranti non possiamo dimenticare come tanto la mobilitazione #VentimigliaEverywhere, quanto le altre mobilitazioni che qui riportiamo, siano una risposta a un clima repressivo e reazionario che vede da un lato le forze di polizia attaccare quotidianamente le persone in viaggio e chi le supporta, e dall’altra conservatori e razzisti di varia natura speculare su quanto accade. In questo senso la nostra risposta non è e non può essere unicamente una reazione morale all’imbarbarimento, ma deve guardare alle ragioni della barbarie, segnando così una differenza netta tra noi e il pietismo di tanta opinione pubblica.
Settimana prossima il presidio permanente No Borders di Ventimiglia giungerà al suo terzo mese di lotta ed è per noi importante riuscire a fa sì che la forza espressa in questi giorni trovi degli obiettivi chiari ed esprima le ragioni di chi non si arrende né alle frontiere, alle detenzioni illegittime ed alle deportazioni, né tanto meno allo sfruttamento e all’esproprio capitalista.
Disegnare mappe di libertà per noi significa costruire territori resistenti che sfuggano al racconto della miseria a favore della costruzione di una vita degna attraverso la lotta, così come ci insegnano i/le resistenti del Kurdistan.

#4S_lotta allo sfruttamento, solidarietà e attraversamento dei confini

In Italia la mobilitazione è cominciata il 4 settembre con la manifestazione dei lavoratori delle campagne a Foggia e presidi solidali con rifugiati e richiedenti asilo a Bresso (MI) e a Massa (MS). Il fatto che ad aprire questo fine settimana sia stata proprio la lotta dei lavoratori della Capitanata è particolarmente significativo, perché unisce nel conflitto i lavoratori migranti con quanti sono ancora in viaggio in cerca di una destinazione possibile.
A Foggia venerdì sono sfilate in corteo circa trecento persone, tra lavoratori provenienti dai vari insediamenti rurali della provincia e solidali del territorio, rivendicando il rilascio dei permessi di soggiorno per tutte e tutti, l’accesso all’istituto della residenza, il rispetto dei minimi contrattuali, e servizi di base quali casa, acqua e trasporti gratuiti. La determinazione dei lavoratori in corteo, che nel loro percorso hanno anche occupato la sede della Coldiretti per poi dirigersi verso la Prefettura, ha ottenuto l’apertura di due tavoli di trattative, uno sulla questione dei documenti e l’altro sulle questioni legate al lavoro, e promette nuovi scioperi e mobilitazioni per portare avanti le proprie rivendicazioni.
Nello stesso giorno a Bresso (MI), nei pressi del centro d’accoglienza dove due settimane fa i migranti hanno protestato contro le condizioni di vita e per avere certezze riguardo la valutazione delle proprie richieste d’asilo, si è svolto un partecipato presidio. Oltre all’assemblea i migranti hanno avuto accesso alla consulenza legale organizzata dai solidali e hanno partecipato con piacere alla cena, evitando per un giorno di mangiare il pessimo cibo offerto dalla Croce Rossa. Al presidio erano ben esposti striscioni in solidarietà al presidio No Borders di Ventimiglia.
A Massa (MS) in serata si è tenuto un volantinaggio per le vie della città accompagnato dal ritmo dei Sambaxata. Tra le parole d’ordine “Refugees Welcome” e “Ventimiglia Ovunque”.
Mentre questo avveniva in Italia, sull’autostrada Budapest-Vienna la marcia a piedi di migranti partiti dalla stazione di Keleti e una carovana di veicoli di solidali austriaci attraversavano la frontiera verso Austria e Germania costringendo di fatto i paesi coinvolti ad aprire i confini.


#5S_antifascismo, lotta alla repressione e contro ogni frontiera

Sabato è stata un’importante giornata di lotta in Francia. A Marsiglia circa 500 persone sono scese in piazza per contestare l’università d’estate del Front National e l’avanzata del nuovo fascismo denunciando con forza le politiche securitarie e razziste del governo Hollande. Il corteo, una volta giunto a qualche centinaia di metri dal luogo dell’iniziativa del FN, di fronte allo schieramento delle forze di polizia, è poi ripartito in in direzione del Porto Vecchio dove si teneva un presidio delle reti associative solidali con i migranti. La manifestazione a questo punto ha trovato nella lotta per la libertà di circolazione il proprio baricentro, attraversando il centro della città chiedendo a gran voce l’apertura delle frontiere per tutte e tutti (“De l’air, de l’air ouvrons les frontières! Solidarité avec les sans-papiers!”).
A Parigi intanto i migranti sgomberati il giorno prima dall’accampamento nella piazza della Chapelle si riorganizzavano costituendo un presidio nella piazza del diciottesimo municipio. Sono mesi che la polizia francese continua a sgomberare gli accampamenti spontanei sorti per rispondere al problema abitativo, e i migranti hanno quindi deciso di rispondere con la lotta alle difficoltà ed agli abusi che subiscono quotidianamente. Oltre a proseguire l’occupazione dello scorso mese di un ex-liceo abbandonato, ormai strapieno, i migranti hanno quindi deciso di proseguire il presidio sotto il municipio e chiedono un’accelerazione e facilitazione delle procedure relative alle domande d’asilo e soluzioni abitative concrete e stabili. A Parigi è già stata annunciata un’altra manifestazione di protesta per mercoledì 9 settembre contro sgomberi e repressione.
Anche a Calais sabato è stata una giornata di lotta. Una marcia di 500 migranti ha raggiunto il municipio della città rivendicando l’apertura delle frontiere ed una risposta effettiva a quanti hanno chiesto asilo in Francia e sono ancora in attesa di un alloggio. I migranti hanno quindi denunciato le violenze della polizia francese e inglese che presidiano il confine. Sempre a Calais sta inoltre continuando lo sciopero della fame di almeno 176 migranti per ribadire che il bisogno primario è quello della libertà di movimento ed in serata un nuovo presidio di cittadini inglesi e francesi si è radunato sotto il municipio per protestare contro le morti nel Mediterraneo e le politiche europee sull’immigrazione. Insomma, per quanto i politicanti europei si dichiarino disponibili e pronti all’accoglienza, nella giungla di Calais i migranti si organizzano e chiedono fatti, non promesse. La manifestazione si è ripetuta infatti lunedì 7 settembre, con oltre 300 migranti in corteo che ribadiscono che la protesta continuerà fino a quando non verrà raggiunto un risultato positivo.
Anche a Roma infine sabato è stata una giornata di lotta contro tutte le frontiere. Al CIE di Ponte Galeria come ormai ogni mese si è tenuto un presidio solidale con i/le migranti detenuti/e. Ancora una volta attraverso la battitura, la musica e le grida si è comunicata la complicità dei solidali coi migranti, e con la consegna di un cibo dignitoso si è cercato di abbattere quel muro ingiusto che rinchiude le persone in viaggio. Dalla sezione maschile a quella femminile forte è stata la risposta di chi sta all’interno: materassi incendiati, grida di libertà, applausi. Chi è rinchiuso ha dato dunque un chiaro segnale di rabbia ma anche di gioia per la solidarietà.

#6S_Ventimiglia in ogni città

All’interno della cornice delle mobilitazioni che abbiamo appena cercato di raccontare, si inserisce la giornata del 6 Settembre.
Nell’ultimo mese il presidio No Borders di Ventimiglia ha subito una serie di attacchi da parte delle forze di polizia italiane e francesi: 18 denunce per occupazione, 7 fogli di via, due arresti risolti – per ora – con la scarcerazione in attesa dei processi previsti per i primi di settembre e la prima metà di ottobre.
Domenica, dunque, tante persone hanno risposto all’appello lanciato dal Presidio No Borders di Ventimiglia. In tutto il territorio italiano, e non solo, tante piccole e grandi iniziative hanno dato corpo alla solidarietà verso migranti e solidali, sostenendo la lotta per la libertà di movimento di tutte e tutti.
A Bologna 400 persone si sono raccolte in presidio davanti alla Stazione Centrale, luogo simbolico del transito dei migranti. Tante persone – italiane, somale, palestinesi ed eritree – hanno preso parola per ribadire come non bastino le barriere a fermare la voglia di libertà, ma anche per attaccare la “Fortezza Europa” e mettere a critica le politiche di accoglienza in città. Il presidio si è poi mosso in corteo, attraversando il quartiere meticcio della Bolognina. La manifestazione è stata accolta da uno scroscio di applausi davanti all’occupazione abitativa dell’Ex Telecom dove da mesi centinaia di migranti e italiani vivono in autogestione e insieme resistono alle sempre più pressanti minacce di sgombero da parte delle istituzioni. Il corteo si è poi concluso in piazza dell’Unità dove la Rete Eat the Rich, che nei mesi scorsi ha dato vita ad una staffetta di solidarietà per Ventimiglia, ha organizzato un momento di socialità con cena e proiezione del documentario “Io sto con la Sposa”.
Anche la Val di Susa ha risposto alla chiamata organizzando, all’interno delle giornate di “Seminiamo Resistenza” organizzate dal movimento No tav, un torneo di calcio antirazzista in solidarietà al presidio di Ventimiglia.
A Torino attivisti e attiviste hanno dato vita ad un presidio informativo davanti all’Ex Moi, luogo simbolo della speculazione immobiliare e del fallimento delle politiche europee sull’immigrazione. Qui è stato appeso uno striscione con scritto “Dalla parte di chi viaggia, contro i muri della Fortezza Europa. Libertà di movimento: No Borders No nation. #ventimigliaeverywhere”.
Anche a Carrara un presidio nella passeggiata del Porto esprimeva la propria solidarietà con Ventimiglia esponendo striscioni e dando vita a un volantinaggio. Sempre striscioni con scritto “La solidarietà è un’arma – libertà per i migranti! libertà per i solidali!” a firma “Ventimiglia ovunque” hanno riempito le città di Milano e Roma. A Genova nel tardo pomeriggio un presidio itinerante ha attraversato il centro storico della città esprimendo complicità e solidarietà con la lotta No Borders, e in serata si è tenuto un banchetto informativo e sono stati esposti striscioni di solidarietà ad un concerto benefit al csoa Pinelli. A Rovigo per tutta la mattinata attivisti e ragazzi del centro di accoglienza hanno tenuto un presidio informativo nel centro cittadino nel corso del quale si è svolto un flashmob e un’azione itinerante con volantinaggio all’interno dell’euromercato. A Tradate invece attiviste e attivisti hanno preso la piazza dove Forza Nuova contestava l’accoglienza dei rifugiati, connettendo la lotta per libertà del Presidio No Borders alla lotta antifascista. Anche in Francia, nella città di Saint Jean Du Gard, un gruppo di persone si è riunito per esprimere solidarietà e manifestare contro il comportamento della polizia di frontiera francese. Infine nel pomeriggio uno striscione “Welcome Refugees” è apparso nella curva del Perugia. E ancora, in serata, una fiaccolata ha attraversato il centro della città di Firenze per denunciare le detenzioni e deportazioni illegittime che migranti e solidali subiscono.

E’ tutto in movimento!
Le mobilitazioni di migranti e solidali si susseguono, la solidarietà attiva si diffonde, le pratiche di liberazione si condividono ed è così che si arriva ad oggi. Sta iniziando la tre giorni di assemblea transnazionale “Solidarity without Borders” e ogni giorno nuove iniziative sui territori prendono corpo. C’è chi ci chiama per dire che non sarà a Ventimiglia questo week-end perché è impegnato sul territorio. Non esiste probabilmente risposta migliore.
Al campo nel frattempo i migranti sono di nuovo aumentati, e forse lo spazio del dibattito verrà ridotto rispetto alle aspettative. Ma d’altronde e per fortuna, non siamo noi a decidere l’andamento delle cose, tanto vale cogliere il momento.
Intorno a noi tutto si muove, i confini si riconfigurano continuamente, le deportazioni cambiano traiettorie, si studiano sistemi di espulsione accelerate. La nostra parte non è da meno. Cambiano i flussi, aumentano gli amici e la loro varietà, continuiamo ad organizzarci insieme contro i confini e chi li difende. Dappertutto.
Ventimiglia ovunque, puntiamo al contagio!

Blocco alla frontiera, investito un giornalista francese [ITA-ENG]

[ITA]

Il 7 settembre 2015 150 persone del presidio permanente No Border di Ventimiglia, hanno partecipato ad un progetto di resistenza artistica, la cui finalità era la commemorazione delle vittime dei cosiddetti viaggi della speranza che spesso si trasformano in viaggi della morte.
Attraverso i corpi e le voci si é urlato per invocare il diritto alla libertà di movimento senza discriminazione, per opporsi alla militarizzazione repressiva da parte delle forze dell’ordine e delle istituzioni. Durante l’attività i “migranti” hanno dato vita ad una protesta spontanea e pacifica. In questo frangente, un giornalista francese che stava riprendendo la protesta è stato investito da un’auto che ha sfondato il blocco dei manifestanti, ed é stato portato al pronto soccorso.
Da sottolineare il comportamento della polizia che è sempre così attenta a controllare la pericolosità dei No Borders e non é intervenuta davanti ad un automobilista che é fuggito dopo aver volontariamente investito qualcuno. Tale fatto inoltre é stato preceduto da episodi analoghi in cui altri conducenti hanno urtato altri manifestanti.

Gli avvenimenti di ieri rafforzano la guerra contro i movimenti di lotta dei migranti come questo. Nei fatti, contraddicono il discorso mediatico e politico attuale che vorrebbe depoliticizzare la condizione dei “migranti” parlandone solo in termini di “crisi umanitaria” e occultando il fatto che l’Europa non ha mai così tanto militarizzato le sue frontiere e così tanto violentemente represso i flussi migratori.

Qui il video.

Qui il racconto del giornalista.
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¡Solidaridad sin frontera! 11-12-12 de septiembre — Encuentro international contra las fronteras, el racismo, la explotación y la militarización.

La frontera franco-italiana de Vintimille es un lugar lleno de contradicción. Desde el cierre de la
frontera al medio del mes de Junio 2015, este lugar fue uno de los símbolos de la violencia que
caracteriza la política migratoria de la union Europea. Hemos visto los asaltos de la policía sobre
los trenes y las estaciones quien paraban a personas con arreglo a sus colores
de piel, nosotros
estuvimos testigos de las deportaciones que centenas de migrantes sufren cada dia, fuimos
detenidos por la policía aquí y des otro lado de la frontera.
Los/Las migrantes fueron los primeros a contestar a la represión, ocupando la roca cerca de la
frontera y instalando un campo que se ha cambiado, durante estas meses, un lugar de resistencia,
de complicidad y de lucha. Después de eso, el campo Presidio No Border a hecho muchas
iniciativas y acciones directa para contestar la cerrada de la frontera, su lógica y sus
consecuencias.
Después de una primera tentativa de expulsión que sida suspendido, las instituciones an hecho
una estrategia de baja intensidad contra la resistencia, practicando un presión continúa contra el
campo. Las atacas de la policía italiana y francesa, fueron implementado con el apoyo
de los
barqueros y la logística surtida por la Cruz-Roja Italiana, con ayuda de los periodistas y de los
políticos, todos unidos en la manipulación de lo que llaman «Emergencia des los refugiados».
L’escalada de la represión contra las personas solidarias con los-las migrantes estuve al tope en
varios momentos que citamos aquí. Nuestra vigilancia y las reacciones contra las deportaciones a
través de la frontera de Ponte San Luigi ya nos valieron 18 persecuciones
para ocupación, una
detención y 7 orden de expulsión, si tomar en cuenta los numerosos casos de intimidación que
sufrimos cada días. Estas mesuras administrativas no fueran suficiente para acabar el proceso de
auto-organización de los-las migrantes y de las personas solidarias a la frontera.
Después de 2 meses, el Presidio Permanente No Border a Vintimille esta todavía aquí y llama a
todos los redes, personas y colectivos que se han recientemente movilizados en solidaridad con
los-las migrantes para relanzar una convergencia internacional contra las fronteras, el racismo, la
explotación
y la militarización de los territorios.
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