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Workshop
Militarizzazione, moltiplicazione dei confini e pratiche di resistenza
La gestione dei flussi migratori diviene pretesto per giustificare un’intensificazione degli strumenti di controllo e di repressione. La militarizzazione avviene in diverse forme all’interno dei territori europei, incidendo sulla vita di tutti e in maniera specificatamente violenta su quella dei migranti, spesso identificati unicamente su base razziale. La moltiplicazione delle frontiere, che oggi sono chiaramente individuabili non solo nelle reti con filo spinato, ma anche in ogni divisa posta a difesa dell’ordine europeo, riguarda anche i territori di transito e provenienza dei migranti. Infatti nei paesi oggetto di politiche di espansione e sfruttamento economico assistiamo a nuove forme di colonialismo, sotto forma tanto di operazioni militari quanto delle cosiddette missioni umanitarie. Anche il contenimento dei flussi, nella strategia europea, si traduce nella delocalizzazione e spostamento dei confini oltre il Mediterraneo.
A tutto questo è necessario opporre una serie di pratiche, azioni dirette e contro-narrazioni che in forme differenti si sono già sviluppate nei territori. Crediamo che questo possa essere fatto con diversi livelli di intensità dal monitoraggio dell’azione repressiva al sabotaggio dei dispositivi militari, così come attraverso campagne pubbliche di illegalità di massa a supporto dell’attraversamento dei confini. Bisogna inoltre approfondire la discussione sulle organizzazioni criminali che fanno del traffico di esseri umani un business, ed anche sulla contiguità che queste organizzazioni hanno con governi e polizie. Questo workshop è pensato per condividere e intrecciare i diversi percorsi.
Migrazioni, sfruttamento, lotte e riappropriazioni
La distinzione tra categorie di migranti, in particolare quella tra migranti economici e richiedenti asilo, è fittizia e funzionale allo sfruttamento. Alla ricerca di una vita degna i migranti intraprendono un viaggio che li porta a oscillare continuamente tra la legalità e l’illegalità. Il percorso verso la regolarità è pieno di ostacoli, superati i quali i migranti si trovano comunque a dover far fronte a necessità basilari, quali il reddito, la casa, la salute ecc. in una condizione di costante ricattabilità. La subalternità dei migranti all’interno del sistema capitalista è funzionale in questo senso alla creazione di nuove gerarchie tra i lavoratori stessi, contribuendo così alla distruzione dei diritti ed al peggioramento delle condizioni di vita per tutte e tutti.
I migranti però, lungi dall’essere solo forza lavoro ricattabile e a basso costo, sono altrettanto spesso promotori di iniziative di autorganizzazione e pratiche di resistenza. Se guardiamo alle lotte emerse in questi ultimi anni in Italia e non solo infatti vediamo un grande protagonismo del soggetto migrante: dalle lotte dei facchini, ai sollevamenti dei braccianti, alle tante occupazioni abitative che si moltiplicano sui territori. E’ questo protagonismo a cui dobbiamo guardare quando cerchiamo delle risposte alla ricerca di una vita degna per tutte e tutti, costruendo legami di solidarietà che tengano uniti europei e migranti nella lotta allo sfruttamento.
Accoglienza istituzionale e alternative radicali
Il sistema dell’accoglienza è la risposta istituzionale che l’Europa fornisce tanto per sostenere la retorica umanitaria delle democrazie liberali, quanto per attuare forme di controllo e contenimento dei flussi. L’accoglienza istituzionale in Italia si presenta come una nuova possibilità di valorizzazione per un terzo settore in crisi sia dal punto di vista economico che rispetto alla propria identità e ragion d’essere. Stiamo parlando in sostanza di un sistema dove il migrante diviene immediatamente una risorsa sfruttabile per un’attività dalla parvenza umanitaria ma di fatto gestita nella forma imprenditoriale del business. Anche laddove non presenta forme esplicitamente detentive il sistema dell’accoglienza gestito dalle cooperative riproduce servizi dai tratti fortemente paternalistici pensati per mantenere il migrante in una condizione di passività e ricattabilità compatibile con lo sfruttamento di cui è oggetto. In un sistema di questo tipo non c’è spazio per l’interlocuzione, salvo per quei soggetti “forti” che da fuori ne attaccano la legittimità. All’interno di questo spazio politico si è fatta largo la destra razzista e populista, che nel corso degli ultimi anni si è dimostrata per l’ennesima volta utile al potere nel deviare l’attenzione dalle reali ragioni della crisi in corso facendo leva sulla paura del ‘diverso’.
Noi pur non volendo lasciare margini di manovra all’avanzare di razzisti e conservatori di varia specie, non possiamo esimerci dall’attaccare esplicitamente questo sistema di accoglienza, ragionando sin da subito su delle alternative concrete e radicali all’esistente. A partire dall’esperienza di Ventimiglia, così come dalle tante esperienze di occupazioni ed autogestioni di migranti e solidali in tutta Europa, riteniamo di poter tratteggiare alcune risposte che vanno in una direzione diversa rispetto alle proposte che vedono nel cooperativismo “sano” la via da perseguire. L’autogestione degli spazi di vita è sicuramente il punto centrale del nostro agire, è questa pratica infatti che restituisce al migrante la sua natura di soggetto e non di oggetto-utente. La possibilità di autodeterminarsi nel viaggio ad esempio è fortemente condizionata dall’accesso alle informazioni circa il sistema giuridico, politico ed economico dei luoghi di destinazione scelti dai migranti in transito. E’ questo uno dei compiti principali che le reti informali di migranti e solidali devono continuare a sostenere. In questo workshop vorremmo quindi provare a confrontarci sulle forme che l’accoglienza autogestita ha assunto nei vari territori, per avere immediatamente un’alternativa da opporre all’accoglienza istituzionale e fornire nuovi strumenti a quanti, tra operatori e migranti, vogliono provare ad aprire delle crepe all’interno di questo sistema. Crediamo infatti che tra gli operatori sociali dell’accoglienza siano in tanti a vedere l’insostenibilità e l’inadeguatezza del modello istituzionale, e non possiamo sottovalutare l’importanza che avrebbe l’apertura di lotte all’interno dei centri governativi e di quelli gestiti dal cosiddetto “privato sociale”.