(ITA)
A giugno il governo francese decide di chiudere le frontiere con l’Italia. In risposta a questo blocco tra Ventimiglia e Mentone un gruppo di noi ha deciso di resistere sugli scogli, manifestando la volontà di non fermarsi, di rivendicare la libertà di movimento e l’apertura delle frontiere.
Alla protesta si uniscono molte persone provenienti da tutta Europa. Da qui nasce il Presidio NoBorders, spazio di resistenza ed autogestione, in cui migranti e solidali vivono insieme ed insieme lottano contro la violenza del confine.
Da giugno la protesta non si è fermata: ogni settimana il Presidio NoBorders manifesta davanti alla frontiera contro gli abusi della polizia di confine e le violente pratiche di respingimento. Rastrellamenti, fermi, detenzioni estenuanti sono all’ordine del giorno sulla frontiera franco-italiana. Quotidianamente alla stazione di Menton Garavan molte persone vengono fatte scendere dai treni, sulla base del colore della pelle e deportate alla stazione di polizia di Frontiera (Paf). Qui attendono per ore, chiuse in containers, senza ricevere informazioni, acqua e cibo. Arbitrariamente la polizia decide se rilasciarli in Francia o respingerli in Italia, dando luogo ad un assurdo “ping-pong” umano.
Siamo fuggiti dalla repressione dei nostri paesi verso l’Europa in cerca di una libertà che ancora una volta ci viene negata. Quel che accade alla frontiera francese è solo una parte di un percorso ad ostacoli che inizia sulle coste del Mediterraneo, dove sin da subito il mito dell’Europa “terra dei diritti” svela il suo volto ipocrita e repressivo. Dov’è la libertà di cui l’Europa si fa vanto quando innalza barriere di filo spinato e indifferenza? Quale attenzione ai diritti umani se la risposta alla domanda d’asilo è il respingimento? Fuggiamo dai campi profughi del nostro paese, nel quale ci viene negata la libertà di movimento, per approdare in un’Europa che ci riserva lo stesso trattamento.
La maggior parte di noi fugge dal Sudan, paese lacerato da una guerra civile in cui dittatori corrotti hanno fomentato conflitti tra etnie, dividendo così la popolazione e perpetuando i loro abusi di potere. In Sudan un partito unico governa da 26 anni; il diritto all’istruzione, alla sanità e ad una vita degna è garantito solo ad una piccola élite. Ogni forma di dissenso è duramente repressa, ma anche la quotidianità è pervasa dal terrore. Rapimenti, carcere, torture, stupri sono gli strumenti di cui il governo si serve per esercitare il controllo ed arginare ogni forma di opposizione. L’accesso all’istruzione è appannaggio di chi si dichiara filogovernativo; la corruzione è così radicata per cui anche curarsi diventa impossibile per chi non ha i mezzi.
Anche in Eritrea si vive nella paura costante dei mercenari armati del governo, che obbliga alla leva militare sin dai 14 anni. La nostra storia è comune a tante altre persone, africane e non , che vedono nell’Europa un rifugio sicuro e la garanzia di una vita degna. Invece, con il suo silenzio complice, l’Europa non solo alimenta e asseconda regimi dittatoriali corrotti nei nostri paesi d’origine, ma chiude le porte a chi da questi regimi cerca di fuggire.
Ed è a quest’Europa che, dal presidio No Borders di Ventimiglia, chiediamo:
-l’immediata apertura della frontiera franco-italiana e la libera circolazione all’interno degli stati europei anche per chi non è cittadino comunitario. Perché i cittadini europei possono circolare liberamente nei nostri paesi, mentre noi qui incontriamo solo confini invalicabili?
– agli stati europei di ammettere le loro responsabilità coloniali nell’aver reso l’Africa un campo di battaglia per lotte intestine favorite da leaders corrotti e facciamo appello all’opinione pubblica affinchè faccia pressione sui propri governi per porre fine al suo silenzio e smetterla di alimentare con armi e finanziamenti regimi dittatoriali
– la revisione del trattato di Dublino III che vincola la domanda di asilo al paese di arrivo, in cui spesso veniamo costretti anche con la forza a rilasciare le impronte digitali. Molti di noi hanno parenti ed amici in paesi che questa legislazione ci impedisce di raggiungere.
– il rispetto del trattato di Ginevra e la garanzia che ci vengano riconosciuti quei diritti di cui l’Europa si fa portavoce
– chiediamo ai governi europei, dal momento che fanno continuamente appello alla tanto decantata “legalità” di rispondere del trattamento violento e repressivoche la polizia ci riserva: sono “legali” le identificazioni forzate, i maltrattamenti? Sono legali le minacce, le percosse della polizia? È legale il continuo processo di criminalizzazione a cui veniamo soggetti appena sbarcati in Europa?
– ai giornalisti di dare voce alle nostre storie oltre gli stereotipi e di denunciare le condizioni disumane in cui viaggiamo anche all’interno della stessa Europa.
L’accoglienza che ci aspettavamo dall’Europa l’abbiamo trovata nelle singole persone, non nei governi. Insieme ai fratelli e alle sorelle del presidio No Borders rivendichiamo la libertà di movimento e l’apertura di ogni frontiera.
WE ARE NOT GOING BACK!
I Migranti del Presidio No Borders Ventimiglia
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