Notizie dalla frontiera 17 Maggio: Continuano i rastrellamenti a Ventimiglia

A Ventimiglia continuano i rastrellamenti delle persone senza documenti. Lunedì, almeno sette persone sono state fermate ed identificate. Quattro di loro sono stati presi appena scesi dal treno nella stazione ferroviaria mentre gli altri tre erano stati respinti dalla Francia e sono stai trattenuti alla postazione frontaliera di Ponte San Luigi. Tutte queste persone in viaggio hanno ricevuto un decreto di espulsione. Si tratta di un dato parziale, è possibile che le persone fermate ieri siano di più.
Oggi, hanno fermato quattordici persone scese dal treno proveniente da Genova. Due di loro sono stati immediatamente rilasciati mentre gli altri dodici sono stati portati via, alcuni per certo nella caserma di Ventimiglia. Non sappiamo dove sono stati portati tutti, stiamo cercando informazioni. Quello che sappiamo per certo è che la stazione di Ventimiglia nel primo pomeriggio era militarizzata: polizia, polizia locale, guardia di finanza, carabinieri e alpini. Tutto per fermare un gruppo di persone senza i documenti giusti. Se il piano alfano ha fallito l’obbiettivo di “sgomberare” la città dai/dalle migranti, ciò non significa che i rastrellamenti siano finiti.
A seguito della grossa operazione di polizia, nell’accampamento di fortuna sotto il ponte sul Roia c’è stata un’assemblea. Dopo la manifestazione di domenica, con la sua forte richiesta di dignità e libertà, rabbia, coraggio e paura si mischiano nel campo.
Noi stiamo dalla parta di chi viaggia,
per un mondo senza frontiere!
Estendiamo la solidarietà, fermiamo le deportazioni!

WHERE IS FREEDOM: Il piano Alfano e la lotta per la libertà [ITA] [FR] [ENG]

Il piano Alfano è fallito. La serenità di questa affermazione non vuole nascondere la rabbia per i rastrellamenti nelle strade di Ventimiglia, le violenze della polizia nei commissariati e la deportazione di cinquanta persone dal confine italo-francese all’hotspot di Trapani, dove sono attualmente detenute. Gli annunci mediatici del ministro degli interni hanno avuto degli effetti molto concreti fatti di abusi e violenze, ma il “piano per per svuotare Ventimiglia dai migranti”, rivendicato con tanto orgoglio dalla questura di Imperia, è fallito.

Nei giorni immediatamente successivi le dichiarazioni di Alfano il movimento delle persone in viaggio non si è fermato, e già martedì la linea ferroviaria Ventimiglia-Nizza rimaneva chiusa un’ora per l’iniziativa di un gruppo di migranti che in pieno giorno ha cercato di attraversare la frontiera seguendo i binari. In commissariato, nel frattempo, la polizia ha avuto non pochi problemi a imporre l’identificazione alle persone rastrellate in città e le forme di resistenza, anche estreme, si sono andate moltiplicando. La risposta della questura, rafforzata nel suo organico di 60 uomini (oltre ai 60 alpini la cui inutilità è lampante), è stata muscolare e mediatica. Lo scopo è stato placare la pancia razzista del paese mostrando la presenza militare dello stato. Uno spettacolo violento che però non ha sostanzialmente impedito alle persone di raggiungere Ventimiglia e, in più di un caso, di bucare il confine.

Oggi a Ventimiglia sono presenti almeno 150 migranti, a dimostrare che sono fantasie quelle di chi crede che si possano confinare uomini e donne a suon di fermi, detenzioni e deportazioni. Se la polizia non si è fatta scrupolo di fermare le persone anche lungo la strada che porta alla sede della Caritas, così come ha vilmente sgomberato la foce del Roia mentre i/le migranti erano in fila per ricevere un sacchetto di cibo, questo non significa che il piano del ministro sia riuscito a piegare la determinazione di chi viaggia. Le persone rinchiuse a Trapani ci hanno chiamato, stanno bene (come si può star bene in un centro di detenzione…) e non vedono l’ora di ritrovare la libertà per ricominciare il proprio viaggio. Li aspettiamo presto qui al confine.

Dopo lo sgombero della foce del Roia un gruppo di migranti ha trovato rifugio sotto un ponte. Un posto brutto, sulle rive dello stesso fiume ma più a monte. In questo luogo, marginale nell’economia della città rivierasca, hanno trovato un minimo di tranquillità dalle vessazioni quotidiane della polizia. Qui la libertà di chi viaggia ha ricominciato a organizzarsi. Negli scorsi giorni ci sono state diverse assemblee nelle quali è emersa più volte la volontà di stare uniti/e e di far fronte insieme all’attacco della questura. I/le migranti hanno deciso di partecipare alla manifestazione contro violenze e deportazioni, e hanno chiarito a più riprese come le ragioni della protesta riguardano tanto la chiusura del confine, quanto le violenze della polizia italiana e francese. Forte è la voglia di uscire dall’invisibilità, per riaffermare la propria presenza e la comune volontà di passare il confine. La parola d’ordine più ricorrente è sempre la stessa: freedom, hurriya, libertà.

La controparte non l’ha presa bene. Stampa e questura hanno dimostrato in questa settimana un certo nervosismo, cercando di smentire alcune delle testimonianze che i/le solidali andavano via via raccogliendo e diffondendo. Non sono mancate nemmeno le intimidazioni da parte della polizia rispetto alla costante attività di monitoraggio dei/delle solidali presenti sul territorio. Avrebbero evidentemente preferito un po’ di discrezione. Non è a loro che dobbiamo dimostrare la nostra affidabilità, ma a chi ci consegna queste storie. Siamo abituati/e a prendere molto seriamente i colpi inferti dal braccio armato dello stato e sappiamo che serve cura tanto per le ferite del corpo quanto per ciò che si portano dietro. Quando usiamo certe parole, come tortura, violenza, deportazione, non lo facciamo a cuor leggero, ma l’amicizia che ci lega alle persone in viaggio ci impone di raccontare ciò che accade. Le testimonianze riportate nei comunicati nascono come promesse fatte a mezza voce che si rompono in un grido di fronte al silenzio che circonda questi episodi. Forse cominceremo anche a raccogliere i referti medici, ma con o senza questi non temiamo smentite e intimidazioni, sappiamo ciò che diciamo e non sarà un giornale online o un questurino a farci smettere di raccontare.

Come solidali restiamo al fianco di chi è in viaggio, continuando a supportare queste persone che chi governa vorrebbe invisibili e passive. Come nemici e nemiche delle frontiere vogliamo dar seguito alle parole usate in questi giorni nei comunicati usciti. “Estendere la solidarietà”, “bloccare le deportazioni” non sono per noi semplici slogan. A quanti supportano i/le migranti e l’azione dei/delle solidali al confine chiediamo quindi di fare un passo in avanti. Se come abbiamo detto i piani del ministero degli interni e della questura non hanno sortito gli effetti desiderati, ciò non vuol dire che non ci aspettiamo altri attacchi alla libertà di chi viaggia senza documenti. Il campo di fortuna sulle rive del Roia non è un luogo sicuro e in stazione così come nelle strade continuano i rastrellamenti. E’ possibile che nuovi sgomberi e nuove deportazioni abbiano luogo. Dobbiamo essere pronti/e, e non rassegnarci a un ruolo di mera testimonianza. Gli obiettivi non mancano. Il primo di questi è il blocco reale delle deportazioni, interponendoci ai fermi e al trasporto coatto delle persone in viaggio ovunque sia possibile. Se anche non ci si trova sul percorso delle deportazioni questo non impedisce a nessuno di mettere in crisi la circolazione di mezzi e persone in altri luoghi, esprimendo così la propria solidarietà verso i/le migranti. Il secondo obiettivo è denunciare le complicità di cui gode il sistema delle deportazioni, boicottare con i mezzi che ognuno riterrà più opportuni chi fa soldi con il trasporto coatto e la detenzione di esseri umani, Poste Italiane in primis.

Al contempo sentiamo forte la necessità di estendere il piano della solidarietà, dando un sostegno concreto a chi è in viaggio e costruendo materialmente la possibilità per tutti/e di agire qui ed ora come se il confine non ci fosse. La libertà che cerchiamo per tutte e tutti ha bisogno di una dimensione popolare, ampia, che a partire dalle pratiche di mutuo aiuto quotidiane smonti pezzo pezzo il discorso legalitario sulla gestione dei flussi, sull’accoglienza ecc. Crediamo in sostanza che a partire dalle relazioni di solidarietà diretta il distinguo fra ciò che è legale e ciò che non lo è perda di significato, aprendo la strada a una solidarietà diffusa verso le persone senza documenti che metta in crisi gli apparati di controllo della fortezza europa.

Infine Ventimiglia. A breve usciremo con un resoconto della giornata di oggi, in cui in tante e in tanti siamo stati di nuovo in piazza insieme. Rimane importante una presenza al confine di solidali, ma non ci illudiamo che la nostra semplice presenza basti a farla finita con gabbie e frontiere. Per questo chiamiamo fin da subito a delle giornate di azione per il mese di giugno, per fare un passo ulteriore nella lotta internazionale contro tutte le frontiere, ovunque si trovino.

La libertà è dove ci si organizza insieme!

alcune/i solidali a Ventimiglia

al fianco di chi viaggia, contro ogni frontiera

[FR]

WHERE IS FREEDOM : le plan Alfano et la lutte pour la liberté

Le plan Alfano a échoué. Affirmer cela sereinement ne revient pas à cacher notre colère face aux rafles dans les rue de Vintimille, la violence de la police dans les commissariats et la déportation de 50 personnes de la frontière franco-italienne au Hotspot de Trapani, où elles sont actuellement toujours détenues. Certes les annonces médiatiques du ministre de l’intérieur italien a eu des effets très concrets faits d’abus et de violences, mais le « plan pour vider Vintimille des migrants », revendiqué avec tant d’orgueil par la préfecture d’Imperia a néanmoins échoué.

Dans les jours qui ont immédiatement suivi les déclaration d’Alfano, le mouvement des personnes en voyage ne s’est pas arrêté et déjà mardi la ligne ferroviaire de Vintimille-Nice restait fermée à l’initiative d’un groupe de migrant.e.s qui en pleine journée a cherché de traverser la frontière en suivant les rails. Pendant ce temps là, au commissariat, la police a eu quelques difficultés à imposer l’identification des personnes arrêtées en ville, et les formes de résistance, même extrêmes, se sont multipliées. La réponse de la préfecture, renforcée de 60 hommes (en plus des 60 « Alpini » dont l’inutilité est évidente) a été musclée et médiatique. L’objectif a été de satisfaire les racistes de ce pays par la présence militarisée de l’État. Un spectacle violent qui cependant n’a pas fondamentalement empêché les personnes de rejoindre Vintimille et, en plusieurs points, de créer des brèches dans la frontières.

Aujourd’hui à Vintimille se trouvent au moins 150 migrants qui prouvent par leur présence que croire que l’on peut confiner des femmes et des hommes à coups d’arrestations, de rétention et de déportation relève de la fantaisie. Si la police n’a eut aucun scrupule à arrêter les personnes même le long du chemin qui conduit à la porte du siège de la Caritas, tout comme à expulser de manière véhémente la Foce del Roia (l’embouchure de la rivière Roya) alors que les migrant.e.s étaient en file pour recevoir un sac de nourriture, cela ne signifie pas pour autant que le plan du ministre ait réussi à mettre un terme à la détermination de ceulles qui voyagent. Les personnes enfermées à Trapani nous ont appelé. Elles vont bien (aussi bien que l’on puisse être dans un centre de rétention…) et sont impatientes de retrouver la liberté pour recommencer leur propre voyage. Nous les attendons de pied ferme.

Après l’expulsion du camp au bord de la rivière, un groupe de migrant.e.s a trouvé refuge sous un pont. Un endroit affreux, sur les rives du même fleuve, mais plus en amont. En ce lieu, marginal dans l’économie de la ville, ils ont trouvé un minimum de tranquillité face aux vexations quotidiennes de la police. Ici la liberté de ceulles en voyage a recommencée à s’organiser. Durant les jours précédents, se sont tenues plusieurs assemblées au cours desquelles est apparue à plusieurs reprises la volonté de rester uni.e.s et de faire front commun face à cette attaque de la préfecture. Les migrant.e.s ont décidés de participer à la manifestation contre les violences et les déportations et ont clarifié à plusieurs reprises les raisons de cette protestation. Elles concernent aussi bien la fermeture de la frontière que les violences des polices italiennes et françaises. Le désir de sortir de l’invisibilité est fort, afin de réaffirmer leur propre présence et la volonté commune de passer la frontière. Le mot d’ordre le plus récurrent est toujours le même : freedom, hurriya, liberté !

Le camp adverse n’a pas particulièrement apprécié. Journaux et préfectures ont fait preuve cette semaine une certaine nervosité, cherchant de démentir certains des témoignages que les personnes solidaires avaient pu recueillir puis diffuser. Les intimidations de la police se sont multipliées contre le travail quotidien de monitoring (copwatch) des personnes solidaires présentes sur le territoire. Ils auraient évidemment préféré un peu de discrétion pour leur sale besogne.

Ce n’est pas à la parole de ceux-ci, mais plutôt à celle de ceux qui témoignent directement de ces choses que nous devons confier notre confiance. Nous sommes habitué.e.s à prendre très au sérieux les coups assénés par le bras armé de l’État et nous savons qu’ils nécessitent une attention et des soins, que ce soit pour les coups sur les corps que ces blessures qu’ils continuerons à porter en eux/elles. Quand nous usons de paroles telles que torture, violence, déportation, nous ne le faisons pas le cœur léger, mais l’amitié qui nous lie aux personnes en voyage nous impose de raconter ce qu’il leur arrive. Les témoignages rapportés dans nos communiqués naissent comme des promesses faites à demi-voix, qui se transforment en un cri de rage face au silence qui entoure ces épisodes. Peut-être nous allons commencer à recueillir les témoignages médicaux… Mais même en leur absence, nous ne craignons ni les démentis, ni les intimidations, nous savons ce que nous affirmons et ce ne sera pas un journal en ligne ou un minable préfet qui nous feront cesser de publier ces témoignages.

En tant que solidaires, nous restons au côté de ceulles qui voyages, persistant à soutenir ces personnes que nos gouvernements voudraient invisibles et passifs. En tant qu’ennemi.e.s des frontières, nous voulons donner une suite aux paroles utilisées ces derniers jours dans nos communiqués. « Etendre la solidarité », « bloquer les déportations » ne sont pas de simples slogans. Nous invitons donc toutes celles et ceux qui soutiennent les migrant.e.s et l’action des personnes solidaires à la frontières de faire un pas en avant. Si, comme nous l’avons dit, les plans du ministère de l’intérieur et de la préfecture n’ont pas aboutit aux effets escomptés, cela ne revient pas à dire que nous ne nous attendions pas à de nouvelles attaques à la liberté de ceulles qui voyagent sans papiers. Le camp de fortune sur les rives de la Roya n’est pas un lieu safe, tandis qu’à la gare comme dans les rues les arrestations se poursuivent. Il est possible qu’il arrive de nouvelles expulsions et de nouvelles déportations. Nous devons être prêts à ne pas nous résigner à un rôle de simple témoignage. Les objectifs ne manquent pas. Le premier d’entre eux est un un blocage effectif des déportations, nous interposant lors des arrestations et du transport forcé de personnes en voyage, partout où cela se révèle possible. Si nous n’y sommes pas présents, rien ne nous empêchent de mettre en échec la circulation des biens et personnes dans d’autres lieux, exprimant ainsi notre solidarité à l’encontre des migrant.e.s. Le second objectif serait de dénoncer la complicité de ceux qui bénéficient du système des déportations, de boycotter avec les moyens que chacun.e retiendra le plus opportun ceux qui font du profit avec les déportations forcées, la détention d’êtres humains, à commencer par la poste italienne [déportation avec un avion de la poste, sic]

En même temps, nous ressentons la nécessité d’étendre notre solidarité, en offrant un soutien bien concret à ceulles en voyage, construisant matériellement la possibilité de toutes et tous d’agir ici et maintenant comme si la frontière n’existait pas. La liberté que nous cherchons pour toutes et tous a besoin d’une dimension populaire, large, qui, à partir des pratiques d’entraide quotidienne démonte pièce par pièce le discours légaliste sur la gestion des flux, l’accueil, etc. Nous sommes intimement convaincus  qu’à partir de cette relation de solidarité directe la distinction entre ce qui est légal et ce qui ne l’est pas explose et nous apparaît comme inconsistante. Cela ouvre la voix à une solidarité diffuse envers les sans-papier.e.s qui puisse, finalement, mettre en crise les dispositifs de contrôle de la forteresse Europe.

Infine Vintimille. A terme, nous publierons un bilan de la journée d’aujourd’hui, durant laquelle nous fumes de nouveau nombreuses et nombreux dans la rue, ensemble. La présence de personnes solidaires à la frontière reste importante, mais nous ne faisons pas d’illusion : notre simple présence ne suffit pas d’en finir avec les cages et les frontières. Pour cela, nous appelons dès maintenant à des journées d’action durant le mois de juin, pour faire pas supplémentaire dans la lutte internationale contre les frontières, où qu’elles se trouvent.

La liberté se trouve là où l’on s’organise collectivement !

Quelques personnes solidaires de Vintimille

Aux côté de ceulles qui voyage, contre toutes les frontières !

[ENG]

WHERE is FREEDOM : the Alfano [interior italian minister, sic] and the struggle for freedom

The Alfano plan failed. Affirming this serenely doesn’t mean ignoring our anger with round-ups in the streets of Ventimiglia, the violence of the cops in the police station and the deportation of 50 people from the french-Italian border and the Hotspot of Trapani, where there are still detained. Obviously, those declarations of the Italian interior minister had real its real concreteness within various abuses and violence. Nervetheless, the “plan to pull back migrants from Ventimiglia”, proudly claimed by the prefecture of Imperia has failed.

In the following days of the Alfano statement, the movement of the travelling people did not stop and tuesday yet, the train line Ventimiglia-Nice stayed closed due to the presence of a group of migrants on the railway in the middle of the day who were trying to cross the border following it. Meanwhile in the police station, cops were having some difficulty to complete the identification of the persons arrested in city: the even more extreme forms of resistance multiplied. The answer of the police headquarters (questura) of Imperia , reinforced by 60 more men – in addition with the 60 useless “Alpini” has been highly forceful and publicized. The goal was certainly to satisfy the racists of this country showing up a reinforced militarized state presence. A violent spectacle. Noneless, it did not substantially block the persons to reach Ventimiglia and even breaking in the border on several points.

Today in Ventimiglia, there is at least 150 migrants, proving by their mere presence how believing to confine women and men with arrests, detention and deportation. If the police didn’t feel any problem with arresting people on the way to the Caritas [only place where they can get food legally, sic] or with their vehement eviction of the Foce del Roya Camp [at the estuary of the river] while migrants were in line to receive a food pack, it does not mean the Alfano Plan managed to break and submit the determination of the persons in travel. Persons jailed in Trapani called us, they are ok (as ok you can be in a detension center…) and they can’t wait to regain freedom to restart their own trip. We are waiting for them here.

After the eviction of the Foce del Roya, a group of migrant found shelter under a bridge. A awfull place, on the riverside of the city but more upstream. In this marginalized zone of the city economy, they found some minimal peace from the everyday vexations of the police. Here, the freedom of those who travel re-organized itself again. In the same days several assemblies took place where appeared on several occasions the strong will to stay together and stand united in front of the police offensive. The migrants decided to participate to the demonstration against violence and deportation, and they clarified on different occasion the reasons of this protest. The concern is as much about the closure of the border as the violence of the Italian and French police. Strong is the desire to get out of invisibility, to reassess their own presence and common will to cross the border. The watchword remains the same: FREEDOM! HURRYA!

Our enemies did not really appreciate. Medias as police prove a certain nervousness, trying to deny some of the testimonies that activists gathered and spread. Intimidations towards those same people present on the territory who try to monitor the border went growing. They would have obviously preferred more discreteness. Our trust must not go to those ones, but rather towards the ones who directly testified it to us. We are used to take seriously any hurt perpetrated by the armed hand of the state. We know perfectly how much attention those bodily inflicted injuries as those ones irreparable they will keep with them need. When we use some words like torture, violence, deportation, we don’t do it with a light heart, but the friendship that bounds us to those persons pushes us to say what is happening. Testimonies brought out in our statements get born as promises whispered, and breach out as a shout in front of all the silence surrounding those events. Maybe We will state to gather medical reports. But with or without them, We are not afraid of denials and intimidations We know what we are saying and it will not be an online journal or an officer who will stop to talk.

As person in solidarity, we stay together with those who travel, persisting in supporting those persons that governments would like to see invisible and passive. As ennemies of the borders, We want to give a continuation to the same words pronounced in our recent statements. “To extend solidarity”, “to stop deportations” are not mere slogans for us. To those who support migrants and the action of activists at the border we ask to make a step forward. If, as we said before, the plans of the interior ministry and of the police headquarters did not reached their goals, it doesn’t mean we are not awaiting for a new attacks to the freedom of those travelling without documents. The camp on the river of the Roya is not a safe place, and in the station as in the streets, arrests are continuing. New evictions and deportations could occur. We must be ready, and to not restrain within a role of mere testimony. We don’t miss goals to reach! The first one is the real blockade of any deportation, standing at any arrest and forced displacement of person in travel anyway it is possible. And even if We are not on the way of a deportation, it doesn’t stop anybody to put into crisis the free movement of goods and people in other places, expressing so her or his own solidarity towards migrants. The second objective is to denounce the complicity of those who take advantage of the deprtation system, boycotting by any means necessary, all those who make profit with forced displacement and detention of human beings, starting by the Italian Post Service [facilitating the airplane for the deportation to Sicily]

At the same time we strongly feel the necessity to spread the solidarity, giving concret support to those who are travelling, building materially the possibility for all to act here and now as if the border did not exist. The freedom We are claiming for all needs a grassroots and large dimension that, from practices of everyday mutual aid, breaks brick by brick the legalistic discourse on the management of fluxes, reception, etc. In a few words, We believe that from the relations of direct and widespread solidarity the distinction between legal and illegal loses its pertinence, opeing the way to a form of solidarity towards undocumented persons that put into crisis the systems of control of the Fortress Europe.

Finally, Ventimiglia. In a short time We will publish a statement about today’s events, during which we found ourself protesting together. The presence of persons in solidarity at the borders remains important, but We are aware own mere presence is not enough to make an end to a cage and border regime. This is why we already call for days of action during the month of June, in order to make a step forwards in the international struggle against all borders, anywhere they are.

Freedom is where We organize!

Some persons in solidarity in Ventimiglia

On the side of those who travel, against any border!

12 Maggio ’16: OPERAZIONE DI POLIZIA IN CORSO SUL CONFINE ITALO-FRANCESE: DEPORTAZIONI IN CORSO [ITA-ENG]

Da questa mattina è in corso una grande operazione di polizia sulla frontiera italo-francese, con blocchi di polizia su entrambi i lati del confine, il cui scopo è probabilmente difendere la deportazione verso altre città italiane tanto dei migranti respinti dalla Francia, quanto di coloro che sono state vittime dei rastrellamenti di questi ultimi giorni a Ventimiglia. Già nella frazione di Latte, uno degli ultimi centri abitati prima di raggiungere la Francia, è presente un grosso posto di blocco con mezzi di polizia, carabinieri e guardia di finanza che controllano ogni mezzo in direzione del confine. Poco più avanti un paio di pattuglie impediscono a chiunque di raggiungere la frontiera alta di Ponte San Luigi, dove risiede il centro di cooperazione transfrontaliera tra Italia e Francia. Alla frontiera bassa di Ponte San Ludovico la polizia è presente in forze. Stesso scenario sul lato francese, con un grande dispiegamento di uomini e mezzi. Da Menton Garavan è ugualmente impossibile raggiungere la frontiera alta, con i poliziotti francesi che dichiarano che non si può passare perchè c’è in corso un’operazione sul lato italiano.

Questa mattina a Ventimiglia sono stati avvistati due pullman civili che sono poi stati visti in frontiera alta. Una compagna italiana e un compagno francese che cercavano di raggiungere Ponte San Luigi sono stati fermati e trattenuti in caserma per un paio d’ore per impedire di monitorare la natura di questa operazione. Ciò che con molta probabilità sta accadendo è che alle richieste del sindaco Ioculano ed agli annunci del ministro Alfano stiano seguendo le deportazioni tanto dei migranti respinti dalla Francia, quanto di coloro che sono stati vittime dei rastrellamenti di questi ultimi giorni nelle strade di Ventimiglia. Stiamo cercando di entrare in contatto con i migranti detenuti per riuscire a capire quanti sono e dove hanno intenzione di deportarli.

Contro il piano Alfano ed il suo disegno razzista,
rilanciare la solidarietà, bloccare le deportazioni!

[ENG]

Since this morning, a large police operation has occurred on the Italian-French border. Police blocks have been placed on both sides of the border. Most likely, the purpose of this military operation is to defend the deportations happening there: deportations of, on one hand, the rejected migrants from France, and on the other hand of those people that have been recently victims of raids in Ventimiglia. In the village of Latte, one of nearest village to France, there is a big roadblock by police vehicles, police and financial police who control everyone is heading to the border. Just ahead a couple of patrols prevent anyone from reaching the ‘high border’ – frontier alta – of St. Luigi Bridge, where the center of cross-border cooperation between Italy and France is placed. At the lower border – frontiera bassa – of St. Ludovico Bridge, the police is also massively present. Same scenario on the French side, with a large deployment of personnel and equipment. Reaching the high frontier is equally impossible from Menton Garavan. There you will find the French police claiming that you can not cross the border since, on the Italian side, an operation is taking place.

But two civilian buses were spotted in Ventimiglia and then they were also seen in high frontier this morning. An Italian and a French comrades who tried to reach St. Luigi Bridge were arrested and detained for a couple of hours in order to prevent them to monitor this operation. What is probably happening is that the demands of Mayor Ioculano and of the Minister Alfano have been followed by deportations of both the migrants rejected by France, and also of the people who were victims of raids in recent days in Ventimiglia. We are trying to get in touch with detained migrants to figure out how many they are and where they are going to deport them.

Against the Alfano plan and his racist drawing,
raise solidarity, resist raids and deportations!

[ITA-ENG] Notizie dalla frontiera (11 Maggio ’16): Il piano Alfano,rastrellamenti e identificazioni

Il 7 Maggio Alfano è arrivato a Ventimiglia. Il ministro dell’Interno ha visitato il centro della Croce Rossa, vicino alla stazione ferroviaria e ha lanciato il suo piano per risolvere il “problema” dei migranti in città.

Chiudere il centro e aumentare i controlli” questa la ricetta. 60 poliziotti in più e 60 militari per “sgomberare” la città entro domenica. Il progetto prevede di impedire alle persone di raggiungere Ventimiglia per tentare di attraversare il confine, intensificando i controlli a Imperia, Savona e Genova. Risolvere il problema “a monte” come auspicava il sindaco Ioculano, privare della libertà di movimento le persone già all’interno dei confini nazionali. “Se lo capiscono con le buone non partono, se non lo capiscono con le buone li faremo scendere prima” così dichiara Alfano, lo stesso uomo che pubblicamente affermava la necessità di “un modederato uso della forza” per prendere le impronte ai migranti. Il moderato uso di forza di cui parla il ministro significa tortura psicologica, uso di teaser e percosse come ci raccontano le persone che escono dagli Hotspot di Pozzallo e Lampedusa.
Chiudere il centro della Croce Rossa dunque, che era aperto solo per quanti erano disposti a farsi identificare e a fare domanda di asilo in Italia come prevede Dublino 3, rinunciando così alla possibilità di raggiungere amici, familiari in altre destinazioni. Un luogo già funzionale al piano Hotspot, un vero e proprio centro di identificazione al confine.
Centinaia di persone da qualche mese r
estavano invece per strada, tra polizia e passeurs, bloccati in città anche per lungo periodo. Abbiamo già denunciato le violenze e i soprusi che tanti hanno dovuto subire, le continue deportazioni di chi viene fermato dalla polizia anche a Nizza o Marsiglia.
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Il piano Alfano mira a “svuotare” la città da chi vuole viaggiare. Come?
Mostrando i muscoli, rastrellamenti, identificazioni forzate e fogli di espulsione. Per ora.
Lo stiamo vedendo in questi giorni. Polizia e digos fermano le persone in viaggio, a piccoli gruppi per costringerle a lasciare le impronte. Una volta identificate quasi tutte queste persone ricevono un
decreto di espulsione e per ora vengono rilasciate. Martedì, nell’arco di tutta la giornata, almeno 14 persone sono state prese dalla polizia o da agenti in borghese. Qualcuno è stato fermato in spiaggia, altri nel parco pubblico e alcuni sulla strada tra la stazione e la sede della Caritas, che distribuisce cibo. Sempre martedì, nel tardo pomeriggio, la linea ferroviaria tra Italia e Francia è rimasta bloccata per 40 minuti. Un gruppo di migranti ha provato ad attraversare il confine tramite la strada dei binari in pieno giorno. La caccia all’uomo del piano Alfano non ferma la determinazione di chi viaggia. Si prova, in ogni modo, ad attraversare il confine. Anche in pieno giorno e bloccando i treni.

Mercoledì in mattinata gli agenti, grazie alla pioggia battente, sono andati sulla foce del Roya dove molti migranti si rifugiavano per dormire, e hanno gettato via tutte le coperte e i vestiti chiamando quest’infame operazione “sgombero”. Intanto le persone si erano spostate verso un altro luogo più riparato, molti si tengono alla larga dalla stazione per la paura di finire nelle mani dalla polizia. Il numero delle persone fermate dalla polizia continua a crescere; per ora circa 15 persone sono state fermate e prelevate dalla polizia. Alcuni hanno ricevuto il foglio di espulsione. Molti di loro sono già stati identificati in altre città italiane, molti di loro hanno subito violenze. Sappiamo che alcuni hanno provato a resistere all’identificazione, una procedura che inficia la possibilità di chiedere asilo o regolarizzarsi altrove. Qualcuno, nei giorni scorsi, ha messo a rischio la propria vita, provando a darsi la scossa con un filo elettrico e poi bevendo l’inchiostro presente nell’ufficio del commissariato. Sappiamo anche che venerdì una persona di nazionalità eritrea fermata sul confine è stata picchiata dalla polizia di frontiera italiana, aveva i segni delle percosse, ha provato ad impiccarsi con un filo elettrico.

A Ventimiglia è in atto una vera e propria caccia all’uomo.

Uomini, donne e bambini senza i documenti giusti, che già dormivano per strada in condizioni disumane, vengono ora ufficialmente banditi dalla città. Sono loro la preda della caccia, i “criminali”.

Stare in silenzio di fronte a questi rastrellamenti, alle identificazioni massicce e alla distribuzione di fogli di espulsione è accettare un regime razzista. Criminalizzare queste persone, lasciare che su di loro si usi la forza è inaccettabile e disumano.
La soluzione di Alfano rivela il vero volto delle politiche europee in materia di immigrazione: rastrellamenti, detenzione e deportazioni.
Non è più possibile voltarsi dall’altra parte, pensare che non ci riguardi. Bisogna scegliere da che parte stare.

[ENG]

On the 7th of May Minister of Interior, Alfano, arrived in Ventimiglia: he visited the Red Cross Center, situated near to the train station, and launched his plan to solve the “problem” concerning the migrants in the city.

Recipe is clear: close the center and increase controls. 60 more police man and 60 military man were send to Ventimiglia in order to “evict” the city by Sunday. The project aims to prevent people from reaching Ventimiglia in order to cross the border, intensifying controls in Imperia, Savona and Genoa. To solve the problem “upstream”, using the words of mayor of Ventimiglia Ioculano, means to deny the people already inside the country of their freedom of movement. “If they understand that, they will not leave, if they do not understand that we let them down before, with any means necessary” said Alfano. Beforehand, he also publicly stated that there was the need for ‘a moderate use of force’ in order to take fingerprints from migrants. The ‘moderate use of force’ mentioned by the minister means psychological torture, use of teaser and beatings as showed by the people coming from the Hotspot of Pozzallo and Lampedusa.

Close the Red Cross Center, then. The center was already open only to those who were willing to be identified and to apply for asylum in Italy – according to the procedures of Dublin 3. This also meant that people had to give up the chance to reach friends and family in other destinations. Therefore, a place already conceived to apply the Hotspot plan, an effective identification center placed in town.

Hundreds of people preferred instead to remain on the street even for few months, between police and smugglers, stuck in town, sometimes for long periods. We have already denounced the violence and abuses that so many people have suffered, and the continuing deportations of those people arrested by the police in Nice or Marseille.

The plan Alfano aims to “empty” the city from those who want to travel. How?
By showing the muscles. In other words, through raids, forced identifications and deportation orders. Until now.
We see it during these days. The Police and Digos stop people traveling in small groups and force them to leave fingerprints. Once this is done, almost all of these identified people receive a deportation order and for now they are released. On Tuesday during the day, at least 14 people were taken by cops and undercover cops. Someone was stopped on the beach, and some others in the public park or on the road between the station and the headquarters of Caritas, (which distributes food). Always on Tuesday, in the late afternoon, the railway line between France and Italy has been blocked for 40 minutes. A group of migrants tried to cross the border through the tracks in bright daylight. The manhunt required by the Alfano plan will not stop the determination of those who travel. We try, in every way, to cross the border. Even in broad daylight and blocking trains.

On Wednesday morning cops, also thanks to persistent rain, have gone on the mouth of the river Roya, where many people took shelter to sleep, and threw away blankets and clothes. They called this infamous operation “eviction”. Meanwhile, people had moved to another more hidden place, many avoid the train station for fear of ending up in the hands of the police. The number of people stopped by the police continues to grow; for now about 15 people were stopped and taken by the police. Some received deportation orders. Many of them have already been identified in other Italian cities, many of them have suffered violence. We know that some have tried to resist the identification procedure, a procedure which impede the possibility of applying for asylum or to be regularized elsewhere. Recently, someone risked his life, trying to jolt himself with an electric wire. Then he drunk the ink in the office of the police station. On Friday, we also know that a person of Eritrean nationality was stopped on the border and beaten by the Italian border police. He carried signs of beating all over his body. He tried to hang himself with an electrical wire.

Literally a manhunt is now taking place in Ventimiglia.

Men, women and children without proper documents, which were already sleeping on the street in inhuman conditions, are now officially banished from the city. They are the prey of the hunt, the “criminals”.

To be silent while raids, massive identifications and distribution of deportation orders sheets means to accept a racist regime. To criminalise these people and let the force to be used on them is unacceptable and inhumane.
The ‘Alfano solution’ reveals the true face of the European policies on immigration: raids, detention and deportation. You can no longer look the other way or think that it does not concern us. You have to choose a side.

Insieme siamo forti!

Come annunciato, oggi sabato 23 aprile abbiamo infranto collettivamente l’infame ordinanza comunale emanata dal sindaco del Partito Democratico Enrico Ioculano, che ha vietato di condividere un pasto con i migranti bloccati a Ventimiglia “per mero spirito di solidarietà”. La partecipazione è stata molto ampia e variegata: solidali da tutto il Ponente Ligure, da Nizza, dalla Costa Azzurra e dalla Val Roja hanno sfidato insieme la proibizione organizzando un gioioso pic nic in riva al mare.
Con la pancia finalmente piena ci si è poi riuniti in assemblea. Indiscusso il protagonismo dei numerosi migranti, i quali hanno lanciato la proposta di muovere tutti insieme – uniti – verso quella maledetta frontiera. Senza esitazione siamo allora partiti in corteo nonostante l’ingente dispositivo poliziesco italiano schierato per le strade di Ventimiglia. La marcia, a suon di cori e battimani, procedeva rapida e determinata sotto la pioggia battente.
Nei pressi di Ventimiglia Alta polizia e carabinieri si sono schierati in assetto antisommossa sbarrando la strada. Dopo un fronteggiamento durato una mezzora circa, il corteo ha invertito la marcia puntando verso la stazione ferroviaria. Abbiamo sfilato per le strade comunicando tanto il nostro sdegno quanto l’energia della lotta. La polizia era evidentemente spiazzata dalla rapidità e dalla creatività dei manifestanti.
Siamo infine giunti in stazione al grido di “solidarité avec les sans-papiers!” Polizia e carabinieri si sono confusamente schierati per impedirne l’accesso. Un altro confine. Dopo aver bloccato la strada antistante, ci siamo nuovamente riuniti in assemblea per capire il da farsi per continuare la lotta.
A detta di tutte le presenti, la giornata di oggi è stata molto significativa. Italiani e francesi insieme ai migranti abbiamo rotto in maniera forte il silenzio mediatico sulla questione dei bisogni materiali negati a chi vuole proseguire il suo viaggio dentro la Fortezza Europa, dei quotidiani respingimenti da parte delle autorità francesi in complicità con quelle italiane, delle identificazioni coatte non scevre da episodi di violenza e addirittura tortura. Insieme siamo forti ed è su questa strada che dobbiamo proseguire.
La sinergia tra solidali italiani e francesi è stata determinante. L’ondata di entusiasmo delle mobilitazioni #NuitDebout è arrivata anche a Ventimiglia, contagiando la lotta contro il confine. Possiamo trasformare il confine in una frontiera di lotta, aggredendolo da entrambi i suoi lati, individuando come controparti tanto lo Stato italiano quanto quello francese, oltre naturalmente all’Unione Europea.
I migranti esprimono l’esigenza di passare il confine e rivendicano la libertà di movimento per tutti. Insieme possiamo farlo, se la città e la frontiera sono così militarizzate è perché il potere ha paura che ci si organizzi e si vinca. E allora avanti tutta.
A breve aggiornamenti sui prossimi appuntamenti.
Ceci n’est pas qu’un debut! We are not going back!
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Notizie dalla frontiera (20 aprile ’16): tra abusi di potere e resistenza [ITA] – [FR]

Nel pomeriggio di lunedì 18 aprile, una sessantina di migranti, bloccati da giorni a Ventimiglia, si sono incamminati verso la frontiera italo-francese in segno di protesta, per rompere l’invisibilità imposta loro dal regime del confine,  per denunciare le indegne condizioni di vita nella città frontaliera italiana, e per rivendicare la libertà di movimento per tutti.

Il primo gruppo, composto da circa 25 persone sudanesi, ha superato la frontiera marciando sui binari, successivamente sono stati fermati dalla polizia francese con 4 mezzi blindati antisommossa e due macchine. Al rifiuto da parte dei migranti di tornare indietro, le forze dell’ordine hanno reagito con manganellate e scariche elettriche. L’intero gruppo è stato detenuto dalla PAF (police aux frontières) e due ragazzi sudanesi sono stati ripetutamente picchiati, tanto che uno di loro è stato ospedalizzato prima di essere consegnato alla polizia italiana. Anche altri gruppi di persone in viaggio sono stati intercettati dagli agenti mentre marciavano verso la frontiera e riaccompagnati a Ventimiglia.

Stazione PAF a Ponte San Luigi

In totale 34 persone senza documenti, tutte recentemente sbarcate sulle coste italiane, sono state detenute da lunedì fino al tardo pomeriggio del giorno seguente dalle forze dell’ordine italiane, che ne hanno prelevato le impronte digitali e decretato l’espulsione tramite provvedimento di respingimento differito entro sette giorni.
I migranti hanno denunciato abusi anche da parte delle autorità italiane: cinque persone sono state malmenate per ottenere forzatamente le impronte, mentre diversi di loro hanno subito trattamenti estremamente degradanti e violenti, addirittura con uso di pinze nelle zone genitali.

In un clima di costante abuso di potere, chi si ribella al vile regime di frontiera per rivendicare dignità e libertà di movimento, viene represso e punito in modo brutale.

Negli ultimi giorni nella città di Ventimiglia sono bloccati più di 200 migranti, costretti a bivaccare in condizioni disumane: si dorme in strada o in spiaggia, senza coperte, cibo sufficiente né beni di prima di necessità, subendo vessazioni e violenza quotidiane da parte delle forze dell’ordine.
Quanto successo Lunedì è  solo l’esito della linea dura delle autorità italo-francesi il cui scopo principale è rendere invisibili le persone in viaggio. Già la mattina di Venerdì 16 Aprile, la polizia italiana aveva sgomberato l’area della stazione, buttando via tutte le coperte e i vestiti e portando in caserma 9 persone per identificarle e poi dargli il decreto di espulsione.
Una situazione di grave repressione che mira a “gestire” il “problema migranti” a suon di violenza ed espulsione, cercando così di silenziare e invisibilizzare chi viaggia.

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“People die on the sea, freedom of movement to all”; “We are all one, we want dignity”; “Save us, do not push us back”; alcune delle scritte che stringevano tra le mani i migranti appena rilasciati.

Mentre si allunga la macabra conta dei morti nel Mediterraneo e si muore per mani della polizia a Idomeni, a Ventimiglia le persone in viaggio resistono. La frontiera, come insegna quanto successo a Taranto o Marsiglia, è ovunque e il prezzo da pagare per la libertà è fatto di violenze e fogli di espulsione. Il silenzio e la cecità di troppi non possono impedirci di sentire l’urlo forte di chi vuole la libertà e la dignità.

[FR]

« Marche pour la dignité et la liberté », circulation des trains brièvement bloqués et violences policières entre Menton et Vintimille.

Ce lundi 18 avril dans l’après-midi, une soixantaine d’exilés soudanais bloqués depuis plusieurs jours à Vintimille, se sont dirigés vers la frontière franco-italienne en signe de révolte, pour effacer l’invisibilité que le régime des frontières cherche à leur imposer, dénoncer les conditions de vie indignes dans laquelle ils se trouvent dans la ville frontalière et pour revendiquer la liberté de circulation pour tous.

Le premier groupe, composé d’environ 50 exilés d’origine du Soudan (principalement du Darfour) a traversé la frontière à pied en marchant plus de 8km depuis la gare de Vintimille, le long des voies ferrées. Ils ont étés stoppés au passage à niveau de Menton Garavan par la police française. Quatre fourgons renforcés et deux voitures de police leur barrèrent le chemin. Face au refus des migrants de faire marche arrière, les forces de l’ordre ont réagi par l’usage de matraque (tonfas) et de pistolet à impulsion électrique (taser). Le groupe entier a ensuite été détenu par la PAF de Menton, et deux jeunes soudanais ont été particulièrement victime de violences policières si bien que l’un d’entre eux a dû être finalement emmené à l’hôpital  avant d’être remis aux autorités italiennes. D’autres groupes de personnes en voyage ont étés également interceptés par la police tandis qu’ils marchaient vers la frontière et raccompagné à Vintimille.

En total, ce sont 34 personnes « sans-papiers », tous récemment débarqués sur les côtes siciliennes qui ont été détenus par la police italienne de lundi à mardi jusqu’à tard dans l’après-midi. Ils leurs ont prélevés leurs empreinte digitales et ont prononcé à leur encontre des obligations de quitter le territoire italien d’ici à sept jours.
Les migrants ont dénoncés des violences et des abus également de la part des autorités italiennes : cinq personnes ont étés littéralement malmenées afin de les faire obtempérer par la force à donner leurs empreintes digitales. D’autres ont subis des traitements extrêmement dégradants et violents allant même jusqu’à l’usage de pinces électrique sur les parties génitales (!).

Dans un climat d’abus de pouvoir permanent, qui ose se lever face au régime corrompu des frontières pour revendiquer sa dignité et la liberté de circulation se fait réprimer et punir de manière brutale.

Ces derniers jours dans la ville de Vintimille plus de 200 migrants dont des familles avec enfants en bas âge se trouvent bloqués, contraints à bivouaquer dans des conditions précaires et inhumaines. A même le sol de la gare ou sur la plage, sans couvertures ni nourriture suffisante, sans quelconque bien de première nécessité, ils sont sujets au harcèlement et aux violences quotidiennes des force de l’ordre.

Ce qui s’est produit ce lundi est le résultat de la ligne ferme tenue par les pouvoirs français et italiens et dont le souci central semble être de plonger dans l’invisibilité les personnes en voyage. Déjà, dans la matinée du vendredi 16 avril, la police italienne a fait évacuer les bords du parvis de la gare, en détruisant toutes les couvertures et les vêtements qu’ils y trouvèrent et en embarquant au poste 9 personnes toutes relâchées dans la journée avec un avis d’expulsion du territoire à effet immédiat. C’est donc une situation de répression sérieuse qui a lieu en ce moment à la frontière, une politique de « gestion » du « problème des clandestins » basée sur la violence et les expulsions systématique, qui cherche à faire taire et rendre invisible tous ceux qui voyagent.

“People die on the sea, freedom of movement to all”; “We are all one, we want dignity”; “Save us, do not push us back”; parmi les pancartes que seraient dans leurs mains les migrants à peine relâchés.

Tandis que s’alourdit le bilan macabre des naufrages en méditerranée et que des refugiés meurent entre les mains de la police à Idomeni, à Vintimille, les personnes en voyage résistent. La frontière, comme ce qui s’est passé à Marseille ou à Taranto l’a encore récemment montré est partout et le prix à payer pour la liberté est fait de violences et de décrets d’expulsion. Le silence et la complaisance de trop nombreux d’entre nous ne peuvent néanmoins pas nous éviter d’entendre le cri cinglant d’individus qui, au risque de leur vie, recherchent la dignité et la liberté.

VENTIMIGLIA: COSA SUCCEDE IN CITTA’ [ITA] VINTIMILLE: CE QUI SE PASSE EN VILLE [FR]

Negli ultimi giorni i media hanno ricominciato a parlare di ciò che accade al confine tra Italia e Francia.
Le parole sono sempre le stesse: “invasione”, “crisi”, “emergenza”, ecc. Leggendo i giornali si ha l’impressione che il “problema migranti” sia improvvisamente riemerso dal nulla, come se in questi mesi a Ventimiglia non si fossero più viste persone in viaggio. La verità è che i migranti non sono tornati, semplicemente il flusso non si è mai interrotto.

Ventimiglia è zona di frontiera: in tanti hanno continuato e continuano ad arrivare per provare ad attraversare il confine. E così non si ferma la caccia ai migranti lungo tutta la Costa Azzurra, continuano i respingimenti e le deportazioni, non si ferma il lavoro dei passeur. Insomma, il dispositivo di confine continua a funzionare a pieno regime. E a subirlo è soprattutto chi non ha la disponibilità economica per garantirsi un passaggio tramite trafficanti di esseri umani.

Il numero di persone che dorme all’addiaccio in stazione aumenta di giorno in giorno. In tanti scelgono infatti di non accettare l’“accoglienza” offerta dal centro della Croce Rossa. Come mai? Perché da dopo gli attentati di Parigi l’accesso al centro è vincolato al rilevamento delle impronte digitali, così come previsto dall’infame Regolamento di Dublino, secondo cui i migranti devono essere identificati – se necessario, anche con l’uso della forza – e presentare domanda di protezione internazionale nel primo paese d’approdo. Per chi è in transito l’ingresso nel centro della Croce Rossa comprometterebbe quindi la possibilità di richiedere asilo altrove, fuori dall’Italia, così come desiderato dalla stragrande maggioranza delle persone in viaggio.

L’accoglienza offerta dalla Croce Rossa non è neutrale: l’istituzione non svolge un ruolo meramente umanitario ma è un attore chiave del governo delle migrazioni. In cambio di un pasto caldo e una brandina, viene intensificato il controllo su chi è in transito. Capirlo è piuttosto intuitivo, basterebbe infatti affacciarsi all’ingresso del centro e vedere i poliziotti che lo presidiano. Non è allora esagerato ridefinire come ricatto umanitario il lavoro svolto dalla Croce Rossa.

E se molta gente dorme in stazione, senza cibo salvo quel poco che Caritas e solidali più o meno organizzati riescono a fornire, ad aggravare la situazione vi è inoltre l’ordinanza emanata dal sindaco Ioculano che vieta di condividere del cibo coi migranti sul territorio del Comune di Ventimiglia. Uno dei titoli più interessanti delle scorse settimane enunciava: «I No Borders sfamano i migranti. Compatta l’amministrazione “Faremo valere l’ordinanza”». Interessante perché grottesco, impreciso e chiarificatore al contempo. Per Ioculano e l’amministrazione comunale guidata dal Partito Democratico condividere un pasto con le persone in viaggio è una pratica da sanzionare, chi lo fa va fermato, multato e criminalizzato. La solidarietà va repressa perché permette che i migranti possano sfuggire al ricatto umanitario, autodeterminarsi e magari pure organizzarsi contro il confine. Ciò mostra la dimensione assolutamente grottesca del potere, che si accanisce in modo esplicitamente razzista verso il più umano dei gesti, quello di condividere del cibo, svelando al contempo la forza potenzialmente sovversiva della solidarietà in questi tempi sempre più bui.

Di fronte alla resistenza dei migranti, Ioculano, il giovane e sorridente sindaco renziano, sa che un’ordinanza non può né potrà comunque bastare. A parer suo il problema va risolto “a monte”, espressione diplomatica per dire che alle persone andrebbe fisicamente impedito di raggiungere Ventimiglia, negando loro la libertà di circolazione anche all’interno del territorio nazionale. Chiediamoci allora dove sia “a monte”: in un hotspot, in un CIE, in un campo profughi in Turchia, in una prigione in Libia? Sicuramente lontano dai nostri occhi. D’altronde non si può certo permettere che la quiete della mite cittadina rivierasca sia turbata da orde di migranti…il turismo ne risentirebbe! Quello che Ioculano e più in generale le classi dirigenti nazionali ed europea non ci dicono è che un tale obiettivo può essere raggiunto solamente al prezzo di deportare e detenere in massa centinaia di migliaia di persone: precisamente ciò che hanno cominciato a fare.

E poi i “No Borders”. Che fanno cose, danno cibo, si assembrano, organizzano presidi, manifestano. Insieme agli immigranti clandestini, categoria contro la quale il potere ha buon gioco nell’organizzare la paura con lo scopo di deresponsabilizzarsi. Ancora oggi sulla stampa, leggiamo cose mai successe: allontanamento di attivisti, sgomberi di presunti accampamenti. Fantascienza pura creata ad arte per agitare e spaventare gli animi. Falsità per alimentare la tensione e spostare il problema. Sentiamo allora l’esigenza di fare chiarezza: i No Borders non esistono, o se esistono sono ben più di quei gruppuscoli di cui parla la stampa locale. No Borders è un’attitudine etica condivisa da un vastissimo movimento di persone, che – ovunque, dalle isole greche al Brennero, da Lampedusa a Calais, ma anche in Australia, in Marocco o in Messico – ha consapevolmente scelto di sfidare i confini imposti dal potere e affermare la libertà di movimento per tutte e tutti. Sono No Borders i migranti che tutti i giorni attraversano le frontiere della Fortezza Europa, sono No Borders tutte le persone che, ciascuna a proprio modo, supportano il loro viaggio. In altre parole, No Borders è una scelta di parte che tutte e tutti possiamo compiere.

Questo e tanto altro succede oggi a Ventimiglia e non solo.

La solidarietà è la nostra arma, usiamola!

alcune/i solidali di Ventimiglia e dintorni
dalla parte di chi viaggia, nemici delle frontiere

E perchè no, anche i migranti!

E perchè no, anche i migranti!

[FR]

VINTIMILLE: CE QUI SE PASSE EN VILLE

Ces derniers jours, les médias ont recommencé à parler de ce qui se passe à la frontière franco-italienne.

Les mots sont toujours les mêmes: “invasion”, “crise”, “urgence”, etc. En lisant les journaux, on a l’impression que le “problème migrants” a subitement resurgi de nulle part, comme si pendant ces mois on n’avait plus vu de personnes en voyage à Vintimille. La vérité est que les migrants ne sont pas revenus: pour cause, le “flux” de gens n’a jamais cessé.

Vintimille est une zone frontalière: beaucoup ont continué et continuent à arriver ici pour essayer de passer la frontière. La chasse aux migrants dans toute la Côte d’Azur ne s’arrête pas, les refoulements et les déportations continuent, le travail des passeurs ne s’arrête pas non plus. En somme, les dispositifs aux frontières continuent à tourner à plein régime, et s’applique avant tout à qui n’a pas les moyens de s’offrir un passage par le biais de trafficants d’êtres humains.

Le nombre de personnes qui dorment à la gare augmente de jour en jour. Nombreux choisissent de ne pas accepter “l’accueil” du centre de la Croix Rouge. Mais pourquoi ? Depuis les attentats de Paris, l’accès au centre est soumis à la prise d’empreintes digitales, comme le prévoit le règlement de Dublin, selon lequel les migrants doivent être identifiés -si nécessaire, par contrainte physique- et présenter leur demande d’asile dans le premier pays d’arrivée en Europe. Pour la grande majorité des personnes en transit ici, un passage par le centre de la Croix Rouge compromettrait le rêve d’une possible protection ailleurs, hors d’Italie.

L’accueil offert par la Croix Rouge n’est pas neutre: l’institution ne suit pas un rôle purement humanitaire mais constitue un acteur de la gestion des migrations. En échange d’un repas et d’un lit de camp, ceux qui sont en transit doivent accepter un contrôle renforcé. Comprendre ceci est plutôt élémentaire, pour peu que l’on se rapproche de l’entrée du centre et qu’on y voit les policiers qui y président. Il ne semble alors plus excessif de redéfinir comme un chantage humanitaire le travail effectué par la Croix Rouge.

Et alors que tant de gens dorment à la gare, sans nourriture sauf le peu que Caritas et quelques solidaires plus ou moins organisés sont capables de leur fournir, la situation est aggravée par l’ordonnance émanant du maire Ioculano et interdisant de partager toute nourriture avec les migrants sur le territoire de la commune de Vintimille. Un des titres les plus intéressants dans la presse des derniers jours annonçait : “les noborders donnent à manger aux migrants. La municipalité unanime: “nous allons faire respecter l’ordonnance”. Intéressant mélange d’absurdité, d’imprécision et de clarté. Pour Ioculano et l’administration municipale menée par le Parti Démocratique, partager un repas avec les personnes en voyage est une pratique à sanctionner, et ceux qui l’enfreignent doivent être poursuivis, amendés et criminalisés. La solidarité doit être réprimée parce qu’elle donne la possibilité aux personnes migrantes d’échapper au chantage humanitaire, de pouvoir décider pour elles-mêmes, et peut-être de s’organiser contre la frontière. Cette histoire nous révèle la dimension absolument grotesque du pouvoir qui s’acharne de façon explicitement raciste contre le plus humain des gestes, celui de partager ce que l’on a à manger, et rappelle en même temps la force potentiellement subversive de la solidarité dans cette période toujours plus sombre.

Face à la résistance des migrants, Ioculano, le jeune maire souriant au style renzi, sait qu’une ordonnance ne peut et ne pourra être suffisante. Selon lui, le problème se résoudra “en amont”, expression diplomatique pour dire que ces personnes devraient être physiquement empêchées de rejoindre Vintimille, niant leur liberté de circulation à l’intérieur même du territoire national. Demandons-nous alors quel sera cet “amont” : un hotspot, un CIE, un camp d’exilés en Turquie, une prison en Lybie ? Une seule certitude: loin de notre regard. Pas question de laisser troubler l’ordre et la tranquillité citadine de la Riviera par les migrants… le tourisme s’en ressentirait! Ce que Ioculano et plus généralement les classes dirigeantes nationales et européenne ne disent pas, c’est qu’un tel objectif ne peut être atteint que si l’on accepte de déporter et détenir en masse des centaines de milliers de personnes: précisément ce qu’ils ont commencé à faire.

Ensuite viennent les No Borders. Ils font des choses, donnent à manger, se rassemblent, organisent des camps, manifestent. Tout ceci avec des immigré-es clandestin-es, catégorie contre laquelle le pouvoir a beau jeu d’organiser la peur afin de se déresponsabiliser. Aujourd’hui encore dans la presse, on peut lire: dispersion d’activistes, expulsion de campements présumés. Pures fantaisies créées dans le but d’agiter et d’effrayer les esprits. Mensonges pour alimenter la tension et détourner l’attention des problèmes réels. Nous ressentons le besoin d’apporter des clarifications: les No Borders n’existent pas, ou s’ils existent, ils sont bien plus que ces groupuscules qu’évoque la presse locale. No Borders est une attitude éthique partagée par un très large mouvement de personnes qui, partout depuis les îles grecques jusqu’à Brennero, de Lampedusa à Calais, mais encore en Australie, au Maroc ou au Mexique, a consciemment décidé de combattre les frontières imposées par le pouvoir et affirmer la liberté de mouvement pour toutes et tous. Sont No Border les migrants qui tous les jours traversent les frontières de la Forteresse Europe, comme le sont aussi toutes les personnes qui, chacun-e à sa manière, soutiennent leur voyage. En d’autres termes, No Border est un choix partisan, l’affirmation d’un engagement que toutes et tous nous pouvons partager.

Voilà un peu de ce qui se passe aujourd’hui, à Vintimille et ailleurs.

La solidarité est notre arme, prenons-la !

Quelques solidaires de Vintimille et des alentours, de la part de qui voyage, contre toutes les frontières

26 Marzo: Invito alla solidarietà / 26 March: Call for solidarity

C’è un’ordinanza nella città di Ventimiglia: un’assurda ordinanza firmata dal sindaco Ioculano che vieta di dare sostegno alimentare ai migranti senza documenti presenti in città.
Contro un tale ridicolo e odioso provvedimento, oggi un folto gruppo di solidali e persone in viaggio hanno mangiato insieme pubblicamente nella spiaggia di Ventimiglia.
Non facciamoci intimidire!
La solidarietà è un’arma: a volte forchetta, a volte un piatto di pasta!

Qui sotto il volantino distribuito durante il pranzo:

C’è un’ordinanza nella città di Ventimiglia che vieta di fornire sostegno alimentare a tutti i migranti senza documenti regolari validi per il soggiorno o per l’espatrio.
Chiunque porti generi alimentari ai ragazzi bloccati in stazione viene identificato dalla polizia e può incorrere in una multa di 200 euro. Quest’assurdo provvedimento, firmato il 3 luglio dal sindaco Ioculano, mira proprio a colpire chi agisce “per mera solidarietà” come recita lo stesso testo.

Tutti i giorni e tutte le notti un centinaio di persone, bloccate alla frontiera di Menton Garavan, sono costrette a tornare alla stazione di Ventimiglia, dove a stomaco vuoto, dormono al freddo e aspettano di trovare una soluzione alla propria condizione.
Il centro della Croce Rossa Italiana, prima centro di assistenza, è ora aperto solo per chi è disposto a farsi identificare e restare in Italia. Chi vuole proseguire il proprio viaggio è così criminalizzato ed è scoraggiata la spontanea solidarietà verso chi ha la “sola colpa” di non avere i documenti giusti. La stazione di Ventimiglia è un’area militarizzata, dove pare che solo i passeurs abbiano piena agibilità.
Ci sono tante persone che abitano in questa città e non sono disposte a cedere a questo ridicolo ricatto. La solidarietà è un valore importante: invitiamo tutti a non nascondersi, a non avere paura. Offrire e condividere quello che si ha con chi ne ha bisogno non è qualcosa da criminalizzare ma qualcosa di cui andare fieri e fiere. Dimostriamo che Ventimiglia è capace di essere una città ospitale. Invitiamo tutti a continuare a supportare le persone bloccate al confine.

alcuni solidali di Ventimiglia e dintorni

[ENG]

There is an injunction in the town of Ventimiglia: an absurd injunction signed by Mayor Ioculano which prohibits sharing food wih undumened migrants in the city.
Against such a ridiculous and hateful measure, today a large group of people have had a public lunch all together in the Ventimiglia beach.
Let us not be intimidated!
Solidarity is a weapon: sometimes a fork, sometimes a pasta!

13 Marzo: Riviera Classic #noborders

Oggi si è tenuta la ‘Monaco Run Riviera Classic’, corsa podisitica da Ventimiglia a Montecarlo che ha visto la partcipazione di un migliaio di persone. Nei giorni scorsi alcuni temevano che qualche migrante potesse infiltrarsi cogliendo l’occasione per superare il confine. Noi lo speravamo.
La paranoia securitaria, strumentalmente alimentata dai media, dilagava: tutti gli atleti sono stati schedati e muniti di pettorine con microchip. Anziché occasione d’incontro e uguaglianza, anche lo sport è stato sottomesso alle disumane regole che governano la frontiera.

Non potevamo lasciar passare quest’ennesima vergogna sotto silenzio: questa mattina ci siamo presentati alla partenza della gara portando cartelli con messaggi di solidarietà con i migranti bloccati a Ventimiglia e ai confini della Fortezza Europa. Numerosi maratoneti hanno accettato di esporli durante il percorso per denunciare l’ingiustizia delle frontiere.

Libertà di movimento: o tutti o nessuno!

Freespot: Osservatorio di confine e spazio di solidarietà attiva a Ventimiglia

Il freespot nasce da bisogni e desideri che assillano chi si scontra con il confine: dare vita ad uno spazio di libertà e solidarietà sul territorio di Ventimiglia, un punto di riferimento per le tante persone in transito sul confine italo-francese, un osservatorio permanente della repressione in corso.
Per arginare i flussi migratori, le nuove direttive dell’Unione europea prevedono la creazione degli “hotspot”, strutture allestite per identificare rapidamente, fotosegnalare e raccogliere le impronte digitali dei migranti. Le persone così identificate dovrebbero quindi essere deportate secondo le quote di ripartizione stabilite tra i vari paesi dell’UE. Questo piano sta velocemente fallendo, grazie alla resistenza dei migranti a farsi identificare in Italia, all’incapacità istituzionale di realizzarlo e alla litigiosità dei vari populismi europei.
In giro per l’Europa, da Lampedusa a Marsiglia via Roma, Milano, Torino e Ventimiglia fino a Parigi e Calais stanno invece nascendo tanti “freespot”, degli spazi aperti, frutti delle lotte, che rimangono fruibili da chi vive i territori e da chi li attraversa, luoghi in cui si pratica solidarietà attiva e mutuo aiuto fuori dalle logiche istituzionali e di mercato, e in supporto alle lotte dei migranti. Noi abbiamo scelto questa strada.
Lo spazio “freespot” intende essere un punto di riferimento per le persone in viaggio, per chi decide di rimanere e per il territorio. Vuole essere al contempo luogo di memoria delle resistenze passate e spazio di autorganizzazione per il presente ed il futuro. Un modo per condividere i tanti saperi e pratiche che possono aprire la via ad un mondo senza frontiere. Un ritrovo dove poter scambiare emozioni e racconti, dove le conoscenze individuali possano divenire conoscenze condivise e collettive. Ripartire da qui, da un luogo da riempire con attività di vario tipo, che vanno dai workshop legali ai corsi di lingua e di geografia, dai dibattiti alla mensa popolare. Da un luogo libero e aperto dove le persone in fuga possono tirare il fiato, riposarsi e riorganizzarsi. Dove si possono condividere i propri bisogni, siano essi vestiti o libri, cibo o aria, e insieme procurarsi ciò che serve. Uno spazio attraversabile senza braccialetti di ogni genere o orari prestabiliti, dove non è un documento a permetterti l’entrata.
Il bisogno più grande rimarrà sempre la libertà: anche per questa ci stiamo organizzando.

Ventimiglia, il confine e gli scogli

A partire dall’11 giugno 2015 gli scogli di Ventimiglia sono diventati espressione della resistenza e della determinazione a vivere e viaggiare in libertà di tante persone che, lasciati i propri Paesi di origine in Africa o Medio Oriente, hanno deciso di cercare una vita diversa attraversando i confini della Fortezza Europa. Per più di cento giorni migranti provenienti da Sudan, Eritrea, Somalia, Pakistan, Siria e tanti altri paesi, insieme a solidali da tutta Europa, hanno dato vita al Presidio Permanente No Borders di Ventimiglia, un spazio di lotta e vita in comune contro tutte le frontiere.
L’estremo ponente ligure è da sempre uno spazio di frontiera, attraversato da flussi di varia umanità: emigranti e contrabbandieri che facevano affari dai due lati del confine, socialisti, anarchici, antifascisti sulla via dell’esilio, poi gli ebrei che prima e durante la Seconda Guerra Mondiale fuggivano dalle persecuzioni e nel dopoguerra gli slavi che volevano raggiungere la Francia. Negli anni ’90 gli accordi di Schengen aboliscono ufficialmente le frontiere per le merci e i cittadini europei. La repressione contro gli stranieri si fa più brutale e più specifica, il dispositivo cambia. La frontiera oggi non è più una linea ma un intero territorio capillarmente controllato da pattuglie e posti di blocco di polizie a caccia di migranti senza documenti. Nel 1995 una pattuglia della PAF (Police aux Frontieres) apre il fuoco su una carovana proveniente dall’ex-Yugoslavia uccidendo un bambino di otto anni, Todor Bogdanovic. Poi i curdi nel 1998, come le proteste dei tunisini nel 2011, diventano oggetto di isterie collettive, campagne d’odio xenofobo contro persone in viaggio ridotte a numeri di improbabili “crisi umanitarie”.
Il confine italo-francese di Ventimiglia si trova oggi sulla rotta che dagli sbarchi di Lampedusa va in direzione di Calais, ultima, terribile frontiera prima di raggiungere l’Inghilterra, meta sognata da molti. A Ventimiglia il confine ha mille volti, mille forme, tutte ugualmente spregevoli. Ci sono i controlli razziali nelle stazioni e nelle strade di tutta la Costa Azzurra. C’è la giostra delle riammissioni, una ruota che vede alternarsi forze di polizia italiane e francesi nella deportazione dei migranti da un paese ad un altro, da un centro a un altro, che ci ricorda le pagine più buie della nostra storia. Poi ci sono i passeur, che del confine fanno un business, e continuano ad esistere unicamente perché alle persone non è data la possibilità di superare autonomamente il confine. Ecco come si gestisce un confine, fermando i migranti a piedi e lasciando passare il grosso delle macchine dei passeur, legittimando così la guerra ai migranti in nome della lotta contro il traffico di essere umani. Il problema rimane il confine e la sua moltiplicazione infinita.
Dopo lo sgombero del presidio No Borders, la Croce Rossa è nuovamente stata investita della carica di gestore unico di un’emergenza creata dalle politiche razziste dell’Unione ed è diventata progressivamente parte integrante della macchina del controllo territoriale, predisponendo l’accoglienza di chi viene riammesso dalla Francia e identificando obbligatoriamente tutti i migranti che entrano nel centro adiacente alla stazione. Ogni forma di solidarietà verso le persone in viaggio continua a essere repressa dai due lati del confine e diventa accettabile che ci sia un campo profughi a 15 km dal principato di Monaco. Basta che non sia visibile, che si dimostri l’efficacia del dispositivo e che non rovini la vetrina d’ingresso nella ricca Côte d’Azur.
L’attuale stato di emergenza in Francia non ha inciso in profondità sul controllo messo in atto sul territorio, salvo aver spettacolarizzato la presenza in frontiera con armi da fuoco e mezzi militari. “Emergenza profughi”, COP21, “allarme attentati”, stato di emergenza ecc. non sono altro che pretesti utili a rafforzare la spinta securitaria di questi ultimi anni. In questo modo aumenta l’arbitrio delle forze di polizia e si restringono gli spazi di libertà per tutte e tutti. Anche per questo resistiamo al confine!
Tra poco lanceremo una campagna di crowdfounding con la quale intendiamo sostenere le spese e le utenze dello spazio, i costi di materiali vari e soprattutto finanziare una parte delle attività che in esso si svolgeranno. Ci impegnamo a costruire un centro di documentazione sulle politiche di frontiera, un osservatorio contro la repressione e a produrre materiali di divulgazione che affrontino criticamente questi argomenti. Il freespot sarà inoltre un luogo dotato di computer e wifi a disposizione di tutti, freeshop di vestiti e altri utensili, materiali informativi per richiedenti asilo aggiornati e tradotti in più lingue. Lo spazio sarà per sua natura aperto e a disposizione di chi lo attraversa. L’intento è che sia sempre più uno spazio delle persone in viaggio, dove i bisogni vengono definiti dai primi interessati.
Il percorso avviato non si arresta, si evolve, assume nuove forme e chiede la collaborazione direttamente a quanti siano sensibili all’argomento e vogliano supportare in questo modo il nostro progetto.
We are not going back!