Archivi categoria: General

[ITA-ENG] Notizie dalla frontiera (11 Maggio ’16): Il piano Alfano,rastrellamenti e identificazioni

Il 7 Maggio Alfano è arrivato a Ventimiglia. Il ministro dell’Interno ha visitato il centro della Croce Rossa, vicino alla stazione ferroviaria e ha lanciato il suo piano per risolvere il “problema” dei migranti in città.

Chiudere il centro e aumentare i controlli” questa la ricetta. 60 poliziotti in più e 60 militari per “sgomberare” la città entro domenica. Il progetto prevede di impedire alle persone di raggiungere Ventimiglia per tentare di attraversare il confine, intensificando i controlli a Imperia, Savona e Genova. Risolvere il problema “a monte” come auspicava il sindaco Ioculano, privare della libertà di movimento le persone già all’interno dei confini nazionali. “Se lo capiscono con le buone non partono, se non lo capiscono con le buone li faremo scendere prima” così dichiara Alfano, lo stesso uomo che pubblicamente affermava la necessità di “un modederato uso della forza” per prendere le impronte ai migranti. Il moderato uso di forza di cui parla il ministro significa tortura psicologica, uso di teaser e percosse come ci raccontano le persone che escono dagli Hotspot di Pozzallo e Lampedusa.
Chiudere il centro della Croce Rossa dunque, che era aperto solo per quanti erano disposti a farsi identificare e a fare domanda di asilo in Italia come prevede Dublino 3, rinunciando così alla possibilità di raggiungere amici, familiari in altre destinazioni. Un luogo già funzionale al piano Hotspot, un vero e proprio centro di identificazione al confine.
Centinaia di persone da qualche mese r
estavano invece per strada, tra polizia e passeurs, bloccati in città anche per lungo periodo. Abbiamo già denunciato le violenze e i soprusi che tanti hanno dovuto subire, le continue deportazioni di chi viene fermato dalla polizia anche a Nizza o Marsiglia.
13147277_10153324720545834_4998272330195913419_o-770x375
Il piano Alfano mira a “svuotare” la città da chi vuole viaggiare. Come?
Mostrando i muscoli, rastrellamenti, identificazioni forzate e fogli di espulsione. Per ora.
Lo stiamo vedendo in questi giorni. Polizia e digos fermano le persone in viaggio, a piccoli gruppi per costringerle a lasciare le impronte. Una volta identificate quasi tutte queste persone ricevono un
decreto di espulsione e per ora vengono rilasciate. Martedì, nell’arco di tutta la giornata, almeno 14 persone sono state prese dalla polizia o da agenti in borghese. Qualcuno è stato fermato in spiaggia, altri nel parco pubblico e alcuni sulla strada tra la stazione e la sede della Caritas, che distribuisce cibo. Sempre martedì, nel tardo pomeriggio, la linea ferroviaria tra Italia e Francia è rimasta bloccata per 40 minuti. Un gruppo di migranti ha provato ad attraversare il confine tramite la strada dei binari in pieno giorno. La caccia all’uomo del piano Alfano non ferma la determinazione di chi viaggia. Si prova, in ogni modo, ad attraversare il confine. Anche in pieno giorno e bloccando i treni.

Mercoledì in mattinata gli agenti, grazie alla pioggia battente, sono andati sulla foce del Roya dove molti migranti si rifugiavano per dormire, e hanno gettato via tutte le coperte e i vestiti chiamando quest’infame operazione “sgombero”. Intanto le persone si erano spostate verso un altro luogo più riparato, molti si tengono alla larga dalla stazione per la paura di finire nelle mani dalla polizia. Il numero delle persone fermate dalla polizia continua a crescere; per ora circa 15 persone sono state fermate e prelevate dalla polizia. Alcuni hanno ricevuto il foglio di espulsione. Molti di loro sono già stati identificati in altre città italiane, molti di loro hanno subito violenze. Sappiamo che alcuni hanno provato a resistere all’identificazione, una procedura che inficia la possibilità di chiedere asilo o regolarizzarsi altrove. Qualcuno, nei giorni scorsi, ha messo a rischio la propria vita, provando a darsi la scossa con un filo elettrico e poi bevendo l’inchiostro presente nell’ufficio del commissariato. Sappiamo anche che venerdì una persona di nazionalità eritrea fermata sul confine è stata picchiata dalla polizia di frontiera italiana, aveva i segni delle percosse, ha provato ad impiccarsi con un filo elettrico.

A Ventimiglia è in atto una vera e propria caccia all’uomo.

Uomini, donne e bambini senza i documenti giusti, che già dormivano per strada in condizioni disumane, vengono ora ufficialmente banditi dalla città. Sono loro la preda della caccia, i “criminali”.

Stare in silenzio di fronte a questi rastrellamenti, alle identificazioni massicce e alla distribuzione di fogli di espulsione è accettare un regime razzista. Criminalizzare queste persone, lasciare che su di loro si usi la forza è inaccettabile e disumano.
La soluzione di Alfano rivela il vero volto delle politiche europee in materia di immigrazione: rastrellamenti, detenzione e deportazioni.
Non è più possibile voltarsi dall’altra parte, pensare che non ci riguardi. Bisogna scegliere da che parte stare.

[ENG]

On the 7th of May Minister of Interior, Alfano, arrived in Ventimiglia: he visited the Red Cross Center, situated near to the train station, and launched his plan to solve the “problem” concerning the migrants in the city.

Recipe is clear: close the center and increase controls. 60 more police man and 60 military man were send to Ventimiglia in order to “evict” the city by Sunday. The project aims to prevent people from reaching Ventimiglia in order to cross the border, intensifying controls in Imperia, Savona and Genoa. To solve the problem “upstream”, using the words of mayor of Ventimiglia Ioculano, means to deny the people already inside the country of their freedom of movement. “If they understand that, they will not leave, if they do not understand that we let them down before, with any means necessary” said Alfano. Beforehand, he also publicly stated that there was the need for ‘a moderate use of force’ in order to take fingerprints from migrants. The ‘moderate use of force’ mentioned by the minister means psychological torture, use of teaser and beatings as showed by the people coming from the Hotspot of Pozzallo and Lampedusa.

Close the Red Cross Center, then. The center was already open only to those who were willing to be identified and to apply for asylum in Italy – according to the procedures of Dublin 3. This also meant that people had to give up the chance to reach friends and family in other destinations. Therefore, a place already conceived to apply the Hotspot plan, an effective identification center placed in town.

Hundreds of people preferred instead to remain on the street even for few months, between police and smugglers, stuck in town, sometimes for long periods. We have already denounced the violence and abuses that so many people have suffered, and the continuing deportations of those people arrested by the police in Nice or Marseille.

The plan Alfano aims to “empty” the city from those who want to travel. How?
By showing the muscles. In other words, through raids, forced identifications and deportation orders. Until now.
We see it during these days. The Police and Digos stop people traveling in small groups and force them to leave fingerprints. Once this is done, almost all of these identified people receive a deportation order and for now they are released. On Tuesday during the day, at least 14 people were taken by cops and undercover cops. Someone was stopped on the beach, and some others in the public park or on the road between the station and the headquarters of Caritas, (which distributes food). Always on Tuesday, in the late afternoon, the railway line between France and Italy has been blocked for 40 minutes. A group of migrants tried to cross the border through the tracks in bright daylight. The manhunt required by the Alfano plan will not stop the determination of those who travel. We try, in every way, to cross the border. Even in broad daylight and blocking trains.

On Wednesday morning cops, also thanks to persistent rain, have gone on the mouth of the river Roya, where many people took shelter to sleep, and threw away blankets and clothes. They called this infamous operation “eviction”. Meanwhile, people had moved to another more hidden place, many avoid the train station for fear of ending up in the hands of the police. The number of people stopped by the police continues to grow; for now about 15 people were stopped and taken by the police. Some received deportation orders. Many of them have already been identified in other Italian cities, many of them have suffered violence. We know that some have tried to resist the identification procedure, a procedure which impede the possibility of applying for asylum or to be regularized elsewhere. Recently, someone risked his life, trying to jolt himself with an electric wire. Then he drunk the ink in the office of the police station. On Friday, we also know that a person of Eritrean nationality was stopped on the border and beaten by the Italian border police. He carried signs of beating all over his body. He tried to hang himself with an electrical wire.

Literally a manhunt is now taking place in Ventimiglia.

Men, women and children without proper documents, which were already sleeping on the street in inhuman conditions, are now officially banished from the city. They are the prey of the hunt, the “criminals”.

To be silent while raids, massive identifications and distribution of deportation orders sheets means to accept a racist regime. To criminalise these people and let the force to be used on them is unacceptable and inhumane.
The ‘Alfano solution’ reveals the true face of the European policies on immigration: raids, detention and deportation. You can no longer look the other way or think that it does not concern us. You have to choose a side.

Insieme siamo forti!

Come annunciato, oggi sabato 23 aprile abbiamo infranto collettivamente l’infame ordinanza comunale emanata dal sindaco del Partito Democratico Enrico Ioculano, che ha vietato di condividere un pasto con i migranti bloccati a Ventimiglia “per mero spirito di solidarietà”. La partecipazione è stata molto ampia e variegata: solidali da tutto il Ponente Ligure, da Nizza, dalla Costa Azzurra e dalla Val Roja hanno sfidato insieme la proibizione organizzando un gioioso pic nic in riva al mare.
Con la pancia finalmente piena ci si è poi riuniti in assemblea. Indiscusso il protagonismo dei numerosi migranti, i quali hanno lanciato la proposta di muovere tutti insieme – uniti – verso quella maledetta frontiera. Senza esitazione siamo allora partiti in corteo nonostante l’ingente dispositivo poliziesco italiano schierato per le strade di Ventimiglia. La marcia, a suon di cori e battimani, procedeva rapida e determinata sotto la pioggia battente.
Nei pressi di Ventimiglia Alta polizia e carabinieri si sono schierati in assetto antisommossa sbarrando la strada. Dopo un fronteggiamento durato una mezzora circa, il corteo ha invertito la marcia puntando verso la stazione ferroviaria. Abbiamo sfilato per le strade comunicando tanto il nostro sdegno quanto l’energia della lotta. La polizia era evidentemente spiazzata dalla rapidità e dalla creatività dei manifestanti.
Siamo infine giunti in stazione al grido di “solidarité avec les sans-papiers!” Polizia e carabinieri si sono confusamente schierati per impedirne l’accesso. Un altro confine. Dopo aver bloccato la strada antistante, ci siamo nuovamente riuniti in assemblea per capire il da farsi per continuare la lotta.
A detta di tutte le presenti, la giornata di oggi è stata molto significativa. Italiani e francesi insieme ai migranti abbiamo rotto in maniera forte il silenzio mediatico sulla questione dei bisogni materiali negati a chi vuole proseguire il suo viaggio dentro la Fortezza Europa, dei quotidiani respingimenti da parte delle autorità francesi in complicità con quelle italiane, delle identificazioni coatte non scevre da episodi di violenza e addirittura tortura. Insieme siamo forti ed è su questa strada che dobbiamo proseguire.
La sinergia tra solidali italiani e francesi è stata determinante. L’ondata di entusiasmo delle mobilitazioni #NuitDebout è arrivata anche a Ventimiglia, contagiando la lotta contro il confine. Possiamo trasformare il confine in una frontiera di lotta, aggredendolo da entrambi i suoi lati, individuando come controparti tanto lo Stato italiano quanto quello francese, oltre naturalmente all’Unione Europea.
I migranti esprimono l’esigenza di passare il confine e rivendicano la libertà di movimento per tutti. Insieme possiamo farlo, se la città e la frontiera sono così militarizzate è perché il potere ha paura che ci si organizzi e si vinca. E allora avanti tutta.
A breve aggiornamenti sui prossimi appuntamenti.
Ceci n’est pas qu’un debut! We are not going back!
13048237_944283869023127_2066076218848962692_o

Notizie dalla frontiera (20 aprile ’16): tra abusi di potere e resistenza [ITA] – [FR]

Nel pomeriggio di lunedì 18 aprile, una sessantina di migranti, bloccati da giorni a Ventimiglia, si sono incamminati verso la frontiera italo-francese in segno di protesta, per rompere l’invisibilità imposta loro dal regime del confine,  per denunciare le indegne condizioni di vita nella città frontaliera italiana, e per rivendicare la libertà di movimento per tutti.

Il primo gruppo, composto da circa 25 persone sudanesi, ha superato la frontiera marciando sui binari, successivamente sono stati fermati dalla polizia francese con 4 mezzi blindati antisommossa e due macchine. Al rifiuto da parte dei migranti di tornare indietro, le forze dell’ordine hanno reagito con manganellate e scariche elettriche. L’intero gruppo è stato detenuto dalla PAF (police aux frontières) e due ragazzi sudanesi sono stati ripetutamente picchiati, tanto che uno di loro è stato ospedalizzato prima di essere consegnato alla polizia italiana. Anche altri gruppi di persone in viaggio sono stati intercettati dagli agenti mentre marciavano verso la frontiera e riaccompagnati a Ventimiglia.

Stazione PAF a Ponte San Luigi

In totale 34 persone senza documenti, tutte recentemente sbarcate sulle coste italiane, sono state detenute da lunedì fino al tardo pomeriggio del giorno seguente dalle forze dell’ordine italiane, che ne hanno prelevato le impronte digitali e decretato l’espulsione tramite provvedimento di respingimento differito entro sette giorni.
I migranti hanno denunciato abusi anche da parte delle autorità italiane: cinque persone sono state malmenate per ottenere forzatamente le impronte, mentre diversi di loro hanno subito trattamenti estremamente degradanti e violenti, addirittura con uso di pinze nelle zone genitali.

In un clima di costante abuso di potere, chi si ribella al vile regime di frontiera per rivendicare dignità e libertà di movimento, viene represso e punito in modo brutale.

Negli ultimi giorni nella città di Ventimiglia sono bloccati più di 200 migranti, costretti a bivaccare in condizioni disumane: si dorme in strada o in spiaggia, senza coperte, cibo sufficiente né beni di prima di necessità, subendo vessazioni e violenza quotidiane da parte delle forze dell’ordine.
Quanto successo Lunedì è  solo l’esito della linea dura delle autorità italo-francesi il cui scopo principale è rendere invisibili le persone in viaggio. Già la mattina di Venerdì 16 Aprile, la polizia italiana aveva sgomberato l’area della stazione, buttando via tutte le coperte e i vestiti e portando in caserma 9 persone per identificarle e poi dargli il decreto di espulsione.
Una situazione di grave repressione che mira a “gestire” il “problema migranti” a suon di violenza ed espulsione, cercando così di silenziare e invisibilizzare chi viaggia.

ventimiglia-1000x600
“People die on the sea, freedom of movement to all”; “We are all one, we want dignity”; “Save us, do not push us back”; alcune delle scritte che stringevano tra le mani i migranti appena rilasciati.

Mentre si allunga la macabra conta dei morti nel Mediterraneo e si muore per mani della polizia a Idomeni, a Ventimiglia le persone in viaggio resistono. La frontiera, come insegna quanto successo a Taranto o Marsiglia, è ovunque e il prezzo da pagare per la libertà è fatto di violenze e fogli di espulsione. Il silenzio e la cecità di troppi non possono impedirci di sentire l’urlo forte di chi vuole la libertà e la dignità.

[FR]

« Marche pour la dignité et la liberté », circulation des trains brièvement bloqués et violences policières entre Menton et Vintimille.

Ce lundi 18 avril dans l’après-midi, une soixantaine d’exilés soudanais bloqués depuis plusieurs jours à Vintimille, se sont dirigés vers la frontière franco-italienne en signe de révolte, pour effacer l’invisibilité que le régime des frontières cherche à leur imposer, dénoncer les conditions de vie indignes dans laquelle ils se trouvent dans la ville frontalière et pour revendiquer la liberté de circulation pour tous.

Le premier groupe, composé d’environ 50 exilés d’origine du Soudan (principalement du Darfour) a traversé la frontière à pied en marchant plus de 8km depuis la gare de Vintimille, le long des voies ferrées. Ils ont étés stoppés au passage à niveau de Menton Garavan par la police française. Quatre fourgons renforcés et deux voitures de police leur barrèrent le chemin. Face au refus des migrants de faire marche arrière, les forces de l’ordre ont réagi par l’usage de matraque (tonfas) et de pistolet à impulsion électrique (taser). Le groupe entier a ensuite été détenu par la PAF de Menton, et deux jeunes soudanais ont été particulièrement victime de violences policières si bien que l’un d’entre eux a dû être finalement emmené à l’hôpital  avant d’être remis aux autorités italiennes. D’autres groupes de personnes en voyage ont étés également interceptés par la police tandis qu’ils marchaient vers la frontière et raccompagné à Vintimille.

En total, ce sont 34 personnes « sans-papiers », tous récemment débarqués sur les côtes siciliennes qui ont été détenus par la police italienne de lundi à mardi jusqu’à tard dans l’après-midi. Ils leurs ont prélevés leurs empreinte digitales et ont prononcé à leur encontre des obligations de quitter le territoire italien d’ici à sept jours.
Les migrants ont dénoncés des violences et des abus également de la part des autorités italiennes : cinq personnes ont étés littéralement malmenées afin de les faire obtempérer par la force à donner leurs empreintes digitales. D’autres ont subis des traitements extrêmement dégradants et violents allant même jusqu’à l’usage de pinces électrique sur les parties génitales (!).

Dans un climat d’abus de pouvoir permanent, qui ose se lever face au régime corrompu des frontières pour revendiquer sa dignité et la liberté de circulation se fait réprimer et punir de manière brutale.

Ces derniers jours dans la ville de Vintimille plus de 200 migrants dont des familles avec enfants en bas âge se trouvent bloqués, contraints à bivouaquer dans des conditions précaires et inhumaines. A même le sol de la gare ou sur la plage, sans couvertures ni nourriture suffisante, sans quelconque bien de première nécessité, ils sont sujets au harcèlement et aux violences quotidiennes des force de l’ordre.

Ce qui s’est produit ce lundi est le résultat de la ligne ferme tenue par les pouvoirs français et italiens et dont le souci central semble être de plonger dans l’invisibilité les personnes en voyage. Déjà, dans la matinée du vendredi 16 avril, la police italienne a fait évacuer les bords du parvis de la gare, en détruisant toutes les couvertures et les vêtements qu’ils y trouvèrent et en embarquant au poste 9 personnes toutes relâchées dans la journée avec un avis d’expulsion du territoire à effet immédiat. C’est donc une situation de répression sérieuse qui a lieu en ce moment à la frontière, une politique de « gestion » du « problème des clandestins » basée sur la violence et les expulsions systématique, qui cherche à faire taire et rendre invisible tous ceux qui voyagent.

“People die on the sea, freedom of movement to all”; “We are all one, we want dignity”; “Save us, do not push us back”; parmi les pancartes que seraient dans leurs mains les migrants à peine relâchés.

Tandis que s’alourdit le bilan macabre des naufrages en méditerranée et que des refugiés meurent entre les mains de la police à Idomeni, à Vintimille, les personnes en voyage résistent. La frontière, comme ce qui s’est passé à Marseille ou à Taranto l’a encore récemment montré est partout et le prix à payer pour la liberté est fait de violences et de décrets d’expulsion. Le silence et la complaisance de trop nombreux d’entre nous ne peuvent néanmoins pas nous éviter d’entendre le cri cinglant d’individus qui, au risque de leur vie, recherchent la dignité et la liberté.

VENTIMIGLIA: COSA SUCCEDE IN CITTA’ [ITA] VINTIMILLE: CE QUI SE PASSE EN VILLE [FR]

Negli ultimi giorni i media hanno ricominciato a parlare di ciò che accade al confine tra Italia e Francia.
Le parole sono sempre le stesse: “invasione”, “crisi”, “emergenza”, ecc. Leggendo i giornali si ha l’impressione che il “problema migranti” sia improvvisamente riemerso dal nulla, come se in questi mesi a Ventimiglia non si fossero più viste persone in viaggio. La verità è che i migranti non sono tornati, semplicemente il flusso non si è mai interrotto.

Ventimiglia è zona di frontiera: in tanti hanno continuato e continuano ad arrivare per provare ad attraversare il confine. E così non si ferma la caccia ai migranti lungo tutta la Costa Azzurra, continuano i respingimenti e le deportazioni, non si ferma il lavoro dei passeur. Insomma, il dispositivo di confine continua a funzionare a pieno regime. E a subirlo è soprattutto chi non ha la disponibilità economica per garantirsi un passaggio tramite trafficanti di esseri umani.

Il numero di persone che dorme all’addiaccio in stazione aumenta di giorno in giorno. In tanti scelgono infatti di non accettare l’“accoglienza” offerta dal centro della Croce Rossa. Come mai? Perché da dopo gli attentati di Parigi l’accesso al centro è vincolato al rilevamento delle impronte digitali, così come previsto dall’infame Regolamento di Dublino, secondo cui i migranti devono essere identificati – se necessario, anche con l’uso della forza – e presentare domanda di protezione internazionale nel primo paese d’approdo. Per chi è in transito l’ingresso nel centro della Croce Rossa comprometterebbe quindi la possibilità di richiedere asilo altrove, fuori dall’Italia, così come desiderato dalla stragrande maggioranza delle persone in viaggio.

L’accoglienza offerta dalla Croce Rossa non è neutrale: l’istituzione non svolge un ruolo meramente umanitario ma è un attore chiave del governo delle migrazioni. In cambio di un pasto caldo e una brandina, viene intensificato il controllo su chi è in transito. Capirlo è piuttosto intuitivo, basterebbe infatti affacciarsi all’ingresso del centro e vedere i poliziotti che lo presidiano. Non è allora esagerato ridefinire come ricatto umanitario il lavoro svolto dalla Croce Rossa.

E se molta gente dorme in stazione, senza cibo salvo quel poco che Caritas e solidali più o meno organizzati riescono a fornire, ad aggravare la situazione vi è inoltre l’ordinanza emanata dal sindaco Ioculano che vieta di condividere del cibo coi migranti sul territorio del Comune di Ventimiglia. Uno dei titoli più interessanti delle scorse settimane enunciava: «I No Borders sfamano i migranti. Compatta l’amministrazione “Faremo valere l’ordinanza”». Interessante perché grottesco, impreciso e chiarificatore al contempo. Per Ioculano e l’amministrazione comunale guidata dal Partito Democratico condividere un pasto con le persone in viaggio è una pratica da sanzionare, chi lo fa va fermato, multato e criminalizzato. La solidarietà va repressa perché permette che i migranti possano sfuggire al ricatto umanitario, autodeterminarsi e magari pure organizzarsi contro il confine. Ciò mostra la dimensione assolutamente grottesca del potere, che si accanisce in modo esplicitamente razzista verso il più umano dei gesti, quello di condividere del cibo, svelando al contempo la forza potenzialmente sovversiva della solidarietà in questi tempi sempre più bui.

Di fronte alla resistenza dei migranti, Ioculano, il giovane e sorridente sindaco renziano, sa che un’ordinanza non può né potrà comunque bastare. A parer suo il problema va risolto “a monte”, espressione diplomatica per dire che alle persone andrebbe fisicamente impedito di raggiungere Ventimiglia, negando loro la libertà di circolazione anche all’interno del territorio nazionale. Chiediamoci allora dove sia “a monte”: in un hotspot, in un CIE, in un campo profughi in Turchia, in una prigione in Libia? Sicuramente lontano dai nostri occhi. D’altronde non si può certo permettere che la quiete della mite cittadina rivierasca sia turbata da orde di migranti…il turismo ne risentirebbe! Quello che Ioculano e più in generale le classi dirigenti nazionali ed europea non ci dicono è che un tale obiettivo può essere raggiunto solamente al prezzo di deportare e detenere in massa centinaia di migliaia di persone: precisamente ciò che hanno cominciato a fare.

E poi i “No Borders”. Che fanno cose, danno cibo, si assembrano, organizzano presidi, manifestano. Insieme agli immigranti clandestini, categoria contro la quale il potere ha buon gioco nell’organizzare la paura con lo scopo di deresponsabilizzarsi. Ancora oggi sulla stampa, leggiamo cose mai successe: allontanamento di attivisti, sgomberi di presunti accampamenti. Fantascienza pura creata ad arte per agitare e spaventare gli animi. Falsità per alimentare la tensione e spostare il problema. Sentiamo allora l’esigenza di fare chiarezza: i No Borders non esistono, o se esistono sono ben più di quei gruppuscoli di cui parla la stampa locale. No Borders è un’attitudine etica condivisa da un vastissimo movimento di persone, che – ovunque, dalle isole greche al Brennero, da Lampedusa a Calais, ma anche in Australia, in Marocco o in Messico – ha consapevolmente scelto di sfidare i confini imposti dal potere e affermare la libertà di movimento per tutte e tutti. Sono No Borders i migranti che tutti i giorni attraversano le frontiere della Fortezza Europa, sono No Borders tutte le persone che, ciascuna a proprio modo, supportano il loro viaggio. In altre parole, No Borders è una scelta di parte che tutte e tutti possiamo compiere.

Questo e tanto altro succede oggi a Ventimiglia e non solo.

La solidarietà è la nostra arma, usiamola!

alcune/i solidali di Ventimiglia e dintorni
dalla parte di chi viaggia, nemici delle frontiere

E perchè no, anche i migranti!

E perchè no, anche i migranti!

[FR]

VINTIMILLE: CE QUI SE PASSE EN VILLE

Ces derniers jours, les médias ont recommencé à parler de ce qui se passe à la frontière franco-italienne.

Les mots sont toujours les mêmes: “invasion”, “crise”, “urgence”, etc. En lisant les journaux, on a l’impression que le “problème migrants” a subitement resurgi de nulle part, comme si pendant ces mois on n’avait plus vu de personnes en voyage à Vintimille. La vérité est que les migrants ne sont pas revenus: pour cause, le “flux” de gens n’a jamais cessé.

Vintimille est une zone frontalière: beaucoup ont continué et continuent à arriver ici pour essayer de passer la frontière. La chasse aux migrants dans toute la Côte d’Azur ne s’arrête pas, les refoulements et les déportations continuent, le travail des passeurs ne s’arrête pas non plus. En somme, les dispositifs aux frontières continuent à tourner à plein régime, et s’applique avant tout à qui n’a pas les moyens de s’offrir un passage par le biais de trafficants d’êtres humains.

Le nombre de personnes qui dorment à la gare augmente de jour en jour. Nombreux choisissent de ne pas accepter “l’accueil” du centre de la Croix Rouge. Mais pourquoi ? Depuis les attentats de Paris, l’accès au centre est soumis à la prise d’empreintes digitales, comme le prévoit le règlement de Dublin, selon lequel les migrants doivent être identifiés -si nécessaire, par contrainte physique- et présenter leur demande d’asile dans le premier pays d’arrivée en Europe. Pour la grande majorité des personnes en transit ici, un passage par le centre de la Croix Rouge compromettrait le rêve d’une possible protection ailleurs, hors d’Italie.

L’accueil offert par la Croix Rouge n’est pas neutre: l’institution ne suit pas un rôle purement humanitaire mais constitue un acteur de la gestion des migrations. En échange d’un repas et d’un lit de camp, ceux qui sont en transit doivent accepter un contrôle renforcé. Comprendre ceci est plutôt élémentaire, pour peu que l’on se rapproche de l’entrée du centre et qu’on y voit les policiers qui y président. Il ne semble alors plus excessif de redéfinir comme un chantage humanitaire le travail effectué par la Croix Rouge.

Et alors que tant de gens dorment à la gare, sans nourriture sauf le peu que Caritas et quelques solidaires plus ou moins organisés sont capables de leur fournir, la situation est aggravée par l’ordonnance émanant du maire Ioculano et interdisant de partager toute nourriture avec les migrants sur le territoire de la commune de Vintimille. Un des titres les plus intéressants dans la presse des derniers jours annonçait : “les noborders donnent à manger aux migrants. La municipalité unanime: “nous allons faire respecter l’ordonnance”. Intéressant mélange d’absurdité, d’imprécision et de clarté. Pour Ioculano et l’administration municipale menée par le Parti Démocratique, partager un repas avec les personnes en voyage est une pratique à sanctionner, et ceux qui l’enfreignent doivent être poursuivis, amendés et criminalisés. La solidarité doit être réprimée parce qu’elle donne la possibilité aux personnes migrantes d’échapper au chantage humanitaire, de pouvoir décider pour elles-mêmes, et peut-être de s’organiser contre la frontière. Cette histoire nous révèle la dimension absolument grotesque du pouvoir qui s’acharne de façon explicitement raciste contre le plus humain des gestes, celui de partager ce que l’on a à manger, et rappelle en même temps la force potentiellement subversive de la solidarité dans cette période toujours plus sombre.

Face à la résistance des migrants, Ioculano, le jeune maire souriant au style renzi, sait qu’une ordonnance ne peut et ne pourra être suffisante. Selon lui, le problème se résoudra “en amont”, expression diplomatique pour dire que ces personnes devraient être physiquement empêchées de rejoindre Vintimille, niant leur liberté de circulation à l’intérieur même du territoire national. Demandons-nous alors quel sera cet “amont” : un hotspot, un CIE, un camp d’exilés en Turquie, une prison en Lybie ? Une seule certitude: loin de notre regard. Pas question de laisser troubler l’ordre et la tranquillité citadine de la Riviera par les migrants… le tourisme s’en ressentirait! Ce que Ioculano et plus généralement les classes dirigeantes nationales et européenne ne disent pas, c’est qu’un tel objectif ne peut être atteint que si l’on accepte de déporter et détenir en masse des centaines de milliers de personnes: précisément ce qu’ils ont commencé à faire.

Ensuite viennent les No Borders. Ils font des choses, donnent à manger, se rassemblent, organisent des camps, manifestent. Tout ceci avec des immigré-es clandestin-es, catégorie contre laquelle le pouvoir a beau jeu d’organiser la peur afin de se déresponsabiliser. Aujourd’hui encore dans la presse, on peut lire: dispersion d’activistes, expulsion de campements présumés. Pures fantaisies créées dans le but d’agiter et d’effrayer les esprits. Mensonges pour alimenter la tension et détourner l’attention des problèmes réels. Nous ressentons le besoin d’apporter des clarifications: les No Borders n’existent pas, ou s’ils existent, ils sont bien plus que ces groupuscules qu’évoque la presse locale. No Borders est une attitude éthique partagée par un très large mouvement de personnes qui, partout depuis les îles grecques jusqu’à Brennero, de Lampedusa à Calais, mais encore en Australie, au Maroc ou au Mexique, a consciemment décidé de combattre les frontières imposées par le pouvoir et affirmer la liberté de mouvement pour toutes et tous. Sont No Border les migrants qui tous les jours traversent les frontières de la Forteresse Europe, comme le sont aussi toutes les personnes qui, chacun-e à sa manière, soutiennent leur voyage. En d’autres termes, No Border est un choix partisan, l’affirmation d’un engagement que toutes et tous nous pouvons partager.

Voilà un peu de ce qui se passe aujourd’hui, à Vintimille et ailleurs.

La solidarité est notre arme, prenons-la !

Quelques solidaires de Vintimille et des alentours, de la part de qui voyage, contre toutes les frontières

26 Marzo: Invito alla solidarietà / 26 March: Call for solidarity

C’è un’ordinanza nella città di Ventimiglia: un’assurda ordinanza firmata dal sindaco Ioculano che vieta di dare sostegno alimentare ai migranti senza documenti presenti in città.
Contro un tale ridicolo e odioso provvedimento, oggi un folto gruppo di solidali e persone in viaggio hanno mangiato insieme pubblicamente nella spiaggia di Ventimiglia.
Non facciamoci intimidire!
La solidarietà è un’arma: a volte forchetta, a volte un piatto di pasta!

Qui sotto il volantino distribuito durante il pranzo:

C’è un’ordinanza nella città di Ventimiglia che vieta di fornire sostegno alimentare a tutti i migranti senza documenti regolari validi per il soggiorno o per l’espatrio.
Chiunque porti generi alimentari ai ragazzi bloccati in stazione viene identificato dalla polizia e può incorrere in una multa di 200 euro. Quest’assurdo provvedimento, firmato il 3 luglio dal sindaco Ioculano, mira proprio a colpire chi agisce “per mera solidarietà” come recita lo stesso testo.

Tutti i giorni e tutte le notti un centinaio di persone, bloccate alla frontiera di Menton Garavan, sono costrette a tornare alla stazione di Ventimiglia, dove a stomaco vuoto, dormono al freddo e aspettano di trovare una soluzione alla propria condizione.
Il centro della Croce Rossa Italiana, prima centro di assistenza, è ora aperto solo per chi è disposto a farsi identificare e restare in Italia. Chi vuole proseguire il proprio viaggio è così criminalizzato ed è scoraggiata la spontanea solidarietà verso chi ha la “sola colpa” di non avere i documenti giusti. La stazione di Ventimiglia è un’area militarizzata, dove pare che solo i passeurs abbiano piena agibilità.
Ci sono tante persone che abitano in questa città e non sono disposte a cedere a questo ridicolo ricatto. La solidarietà è un valore importante: invitiamo tutti a non nascondersi, a non avere paura. Offrire e condividere quello che si ha con chi ne ha bisogno non è qualcosa da criminalizzare ma qualcosa di cui andare fieri e fiere. Dimostriamo che Ventimiglia è capace di essere una città ospitale. Invitiamo tutti a continuare a supportare le persone bloccate al confine.

alcuni solidali di Ventimiglia e dintorni

[ENG]

There is an injunction in the town of Ventimiglia: an absurd injunction signed by Mayor Ioculano which prohibits sharing food wih undumened migrants in the city.
Against such a ridiculous and hateful measure, today a large group of people have had a public lunch all together in the Ventimiglia beach.
Let us not be intimidated!
Solidarity is a weapon: sometimes a fork, sometimes a pasta!

13 Marzo: Riviera Classic #noborders

Oggi si è tenuta la ‘Monaco Run Riviera Classic’, corsa podisitica da Ventimiglia a Montecarlo che ha visto la partcipazione di un migliaio di persone. Nei giorni scorsi alcuni temevano che qualche migrante potesse infiltrarsi cogliendo l’occasione per superare il confine. Noi lo speravamo.
La paranoia securitaria, strumentalmente alimentata dai media, dilagava: tutti gli atleti sono stati schedati e muniti di pettorine con microchip. Anziché occasione d’incontro e uguaglianza, anche lo sport è stato sottomesso alle disumane regole che governano la frontiera.

Non potevamo lasciar passare quest’ennesima vergogna sotto silenzio: questa mattina ci siamo presentati alla partenza della gara portando cartelli con messaggi di solidarietà con i migranti bloccati a Ventimiglia e ai confini della Fortezza Europa. Numerosi maratoneti hanno accettato di esporli durante il percorso per denunciare l’ingiustizia delle frontiere.

Libertà di movimento: o tutti o nessuno!

Freespot: Osservatorio di confine e spazio di solidarietà attiva a Ventimiglia

Il freespot nasce da bisogni e desideri che assillano chi si scontra con il confine: dare vita ad uno spazio di libertà e solidarietà sul territorio di Ventimiglia, un punto di riferimento per le tante persone in transito sul confine italo-francese, un osservatorio permanente della repressione in corso.
Per arginare i flussi migratori, le nuove direttive dell’Unione europea prevedono la creazione degli “hotspot”, strutture allestite per identificare rapidamente, fotosegnalare e raccogliere le impronte digitali dei migranti. Le persone così identificate dovrebbero quindi essere deportate secondo le quote di ripartizione stabilite tra i vari paesi dell’UE. Questo piano sta velocemente fallendo, grazie alla resistenza dei migranti a farsi identificare in Italia, all’incapacità istituzionale di realizzarlo e alla litigiosità dei vari populismi europei.
In giro per l’Europa, da Lampedusa a Marsiglia via Roma, Milano, Torino e Ventimiglia fino a Parigi e Calais stanno invece nascendo tanti “freespot”, degli spazi aperti, frutti delle lotte, che rimangono fruibili da chi vive i territori e da chi li attraversa, luoghi in cui si pratica solidarietà attiva e mutuo aiuto fuori dalle logiche istituzionali e di mercato, e in supporto alle lotte dei migranti. Noi abbiamo scelto questa strada.
Lo spazio “freespot” intende essere un punto di riferimento per le persone in viaggio, per chi decide di rimanere e per il territorio. Vuole essere al contempo luogo di memoria delle resistenze passate e spazio di autorganizzazione per il presente ed il futuro. Un modo per condividere i tanti saperi e pratiche che possono aprire la via ad un mondo senza frontiere. Un ritrovo dove poter scambiare emozioni e racconti, dove le conoscenze individuali possano divenire conoscenze condivise e collettive. Ripartire da qui, da un luogo da riempire con attività di vario tipo, che vanno dai workshop legali ai corsi di lingua e di geografia, dai dibattiti alla mensa popolare. Da un luogo libero e aperto dove le persone in fuga possono tirare il fiato, riposarsi e riorganizzarsi. Dove si possono condividere i propri bisogni, siano essi vestiti o libri, cibo o aria, e insieme procurarsi ciò che serve. Uno spazio attraversabile senza braccialetti di ogni genere o orari prestabiliti, dove non è un documento a permetterti l’entrata.
Il bisogno più grande rimarrà sempre la libertà: anche per questa ci stiamo organizzando.

Ventimiglia, il confine e gli scogli

A partire dall’11 giugno 2015 gli scogli di Ventimiglia sono diventati espressione della resistenza e della determinazione a vivere e viaggiare in libertà di tante persone che, lasciati i propri Paesi di origine in Africa o Medio Oriente, hanno deciso di cercare una vita diversa attraversando i confini della Fortezza Europa. Per più di cento giorni migranti provenienti da Sudan, Eritrea, Somalia, Pakistan, Siria e tanti altri paesi, insieme a solidali da tutta Europa, hanno dato vita al Presidio Permanente No Borders di Ventimiglia, un spazio di lotta e vita in comune contro tutte le frontiere.
L’estremo ponente ligure è da sempre uno spazio di frontiera, attraversato da flussi di varia umanità: emigranti e contrabbandieri che facevano affari dai due lati del confine, socialisti, anarchici, antifascisti sulla via dell’esilio, poi gli ebrei che prima e durante la Seconda Guerra Mondiale fuggivano dalle persecuzioni e nel dopoguerra gli slavi che volevano raggiungere la Francia. Negli anni ’90 gli accordi di Schengen aboliscono ufficialmente le frontiere per le merci e i cittadini europei. La repressione contro gli stranieri si fa più brutale e più specifica, il dispositivo cambia. La frontiera oggi non è più una linea ma un intero territorio capillarmente controllato da pattuglie e posti di blocco di polizie a caccia di migranti senza documenti. Nel 1995 una pattuglia della PAF (Police aux Frontieres) apre il fuoco su una carovana proveniente dall’ex-Yugoslavia uccidendo un bambino di otto anni, Todor Bogdanovic. Poi i curdi nel 1998, come le proteste dei tunisini nel 2011, diventano oggetto di isterie collettive, campagne d’odio xenofobo contro persone in viaggio ridotte a numeri di improbabili “crisi umanitarie”.
Il confine italo-francese di Ventimiglia si trova oggi sulla rotta che dagli sbarchi di Lampedusa va in direzione di Calais, ultima, terribile frontiera prima di raggiungere l’Inghilterra, meta sognata da molti. A Ventimiglia il confine ha mille volti, mille forme, tutte ugualmente spregevoli. Ci sono i controlli razziali nelle stazioni e nelle strade di tutta la Costa Azzurra. C’è la giostra delle riammissioni, una ruota che vede alternarsi forze di polizia italiane e francesi nella deportazione dei migranti da un paese ad un altro, da un centro a un altro, che ci ricorda le pagine più buie della nostra storia. Poi ci sono i passeur, che del confine fanno un business, e continuano ad esistere unicamente perché alle persone non è data la possibilità di superare autonomamente il confine. Ecco come si gestisce un confine, fermando i migranti a piedi e lasciando passare il grosso delle macchine dei passeur, legittimando così la guerra ai migranti in nome della lotta contro il traffico di essere umani. Il problema rimane il confine e la sua moltiplicazione infinita.
Dopo lo sgombero del presidio No Borders, la Croce Rossa è nuovamente stata investita della carica di gestore unico di un’emergenza creata dalle politiche razziste dell’Unione ed è diventata progressivamente parte integrante della macchina del controllo territoriale, predisponendo l’accoglienza di chi viene riammesso dalla Francia e identificando obbligatoriamente tutti i migranti che entrano nel centro adiacente alla stazione. Ogni forma di solidarietà verso le persone in viaggio continua a essere repressa dai due lati del confine e diventa accettabile che ci sia un campo profughi a 15 km dal principato di Monaco. Basta che non sia visibile, che si dimostri l’efficacia del dispositivo e che non rovini la vetrina d’ingresso nella ricca Côte d’Azur.
L’attuale stato di emergenza in Francia non ha inciso in profondità sul controllo messo in atto sul territorio, salvo aver spettacolarizzato la presenza in frontiera con armi da fuoco e mezzi militari. “Emergenza profughi”, COP21, “allarme attentati”, stato di emergenza ecc. non sono altro che pretesti utili a rafforzare la spinta securitaria di questi ultimi anni. In questo modo aumenta l’arbitrio delle forze di polizia e si restringono gli spazi di libertà per tutte e tutti. Anche per questo resistiamo al confine!
Tra poco lanceremo una campagna di crowdfounding con la quale intendiamo sostenere le spese e le utenze dello spazio, i costi di materiali vari e soprattutto finanziare una parte delle attività che in esso si svolgeranno. Ci impegnamo a costruire un centro di documentazione sulle politiche di frontiera, un osservatorio contro la repressione e a produrre materiali di divulgazione che affrontino criticamente questi argomenti. Il freespot sarà inoltre un luogo dotato di computer e wifi a disposizione di tutti, freeshop di vestiti e altri utensili, materiali informativi per richiedenti asilo aggiornati e tradotti in più lingue. Lo spazio sarà per sua natura aperto e a disposizione di chi lo attraversa. L’intento è che sia sempre più uno spazio delle persone in viaggio, dove i bisogni vengono definiti dai primi interessati.
Il percorso avviato non si arresta, si evolve, assume nuove forme e chiede la collaborazione direttamente a quanti siano sensibili all’argomento e vogliano supportare in questo modo il nostro progetto.
We are not going back!

30 janvier 2016: WE ARE NOT GOING BACK – Les murs abattus deviennent des ponts.

WE ARE NOT GOING BACK

afgvv

Le mouvement des exilés résonnera loin. Aujourd’hui l’espace européen se referme mais le courage de beaucoup fait trembler ses vielles et ses nouvelles frontières, toujours plus meurtrières. Le droit de voyager n’est accordé qu’à ceux qui ont encore le privilège d’avoir des papiers, à Menton les trains sont rafflés, à Calais c’est une bataille sans répit pour traverser la manche qui a lieu et l’Europe commence à s’habituer avec cynisme aux tragédies en méditerrannée. Le capitalisme semble aux aboits, il ne tient plus dans l’exploitation de l’ensemble des populations, sa nouvelle équation cherche à exclure le plus grand nombre et fait brandir la peur du mythe de l’invasion pour régner. ‘Terroristes’, ‘musulmans’, ‘migrants’, ‘chomeurs’, ‘quartiers sensibles’, ‘casseurs’ et ‘trafiquants’… les amalgames fusent pour désigner les indésirables que la république construit. Le climat s’alourdit, les portes des maisons craquent sous les béliers de l’état, les prisons se remplissent d’innocents, la police assassine et la justice l’acquitte, les espaces de liberté rétrecissent et l’état sécuritaire écrase systematiquement toute reponse sociale à l’éffondrement du systéme annoncé.
Nous ne nous retrouvons pas dans les divisions nationales et encore moins dans les situations d’apartheid entre ‘européens’ et ‘étrangers’. Les délires réactionnaires, nationalistes aveugles et xenophobes font le jeu des capitalistes et des gouvernements qui les alimentent pour renforcer leurs pouvoirs arbitraires. L’état d’urgence consacre les pratiques sécuritaires et l’état policier, il légitime la guerre aux réfugiés et le contrôle sur tous. La seule manière de sortir cette europe de sa ‘crise’ est d’affirmer la liberté de circulation pour tous et toutes, sans (état d’) exeption.

Quant on perce les montagnes pour accélérer le flux dévastateur des marchandises et de la mondialisation économique et abbattre les frontières au développement liberal, on monte dans le même temps les hommes les uns contres les autres, on leur mène la guerre. A Calais, c’est en se confondant à des marchandises dans les camions que des sans-papiers tentent de rejoindre le Royaume-Uni, dans les alpes maritimes, on veut transformer une vallée préservée en une autoroute internationale pour poids lourds, pendant que la répression raciste s’abat sur la frontière et que en son nom, la chasse à l’homme s’intensifie. Les murs de Palestine et du Mexique, comme ceux que l’europe érige en ce moment sont les chiens de garde d’un colonialisme occidental qui assèche et désorganise des régions entières de notre planète et condamne les populations à la misère et l’exode.
Vintimille, août 2015
Cet etat d’exclusion est un affront violent à qui se libère en l’exil et à l’humanité tout entiere. La mécanique des flux ouvre les vannes d’un monde abjecte que nous nous empressons de voir disparaître. Au contraire la solidarité toujours plus forte avec les sans-papiers et leurs luttes est notre vraie arme. Quant tout sent le moisi, l’odeur des cendres devient saine.

L’urgence est dans l’opposition infaillible à l’état sécuritaire, et sa police raciste.
Les murs abattus deviennent des ponts.
Pas un pas en arrière…

Nice, le 30 janvier 2016.

afd

30 Gennaio: Contro lo Stato d’emergenza – Libertà per tutte e tutti [ita-fr]

[Ita]
Lo stato d’emergenza e’ uno stato di cose a cui, come saggi cittadini europei, siamo oramai abituati da tempo. Ci sono, di tanto in tanto, cause di forza maggiore per cui diventa giusto e lecito dispiegare l’esercito, restringere le liberta’ di tutte e tutti, rendere il controllo dello stato capillare, permettere alla polizia di essere un po’ piu’ brutale. Avviene sempre piu’ spesso, accade qualcosa. E’ grave, nessuno puo’ negarlo. E allora polizia ed esercito, frontiere e controlli, bianchi, neri e mulatti. Per molti sembra diventato normale, ed e’ segno che forse lo e’. Non che dovremmo abituarci a questo stato di cose, ma cominciare a farci i conti seriamente. Supportare chi quotidianamente sfida quest’ordine ci sembra un buon inizio.

Da confine a confine, da est a ovest, le lotte dei migranti in viaggio si richiamano l’un l’altra e lanciano messaggi chiari all’europa delle frontiere. Mentre nelle capitali europee i governanti continuano a discutere affabilmente sul destino delle persone in viaggio, lungo i confini di tutto il continente proseguono le lotte e le violenze poliziesche. Il passaggio é concesso a chi ha il privilegio dei documenti, ma non possono passare inosservati i rastrellamenti sui treni a Mentone, ne’ la battaglia in corso a Calais per attraversare la Manica. Non ci si puo’ abituare alle tragedie annunciate nel mediterraneo.

L’apparato securitario costa ogni giorno milioni di euro senza per questo rendere piu’ sicure le nostre vite e senza impedire che le persone attraversino i confini. L’unico obiettivo che raggiunge e’ quello di moltiplicare i controlli, le violenze e le deportazioni per migliaia di persone senza documenti, rendendo ancora piu’ difficile un viaggio che non vuole di certo finire in un centro della croce rossa.

Il movimento di migliaia di persone ha messo in crisi il Trattato di Schengen, fondamentalmente un accordo per il libero mercato e non per la libera circolazione, come ci vorrebbero far credere. Oggi si materializza di fronte ai nostri occhi un vero e proprio apartheid europeo, fatto di controlli razziali e centri di detenzione. Se a Calais gli scontri si susseguono, a Ventimiglia decine di persone dormono in stazione, in attesa di riuscire a passare il confine, superare la Costa Azzurra e andare verso nord.

La risposta che migliaia di persone ovunuque in europa stanno dando a questa situazione e’ la solidarieta’ attiva. L’abbiamo visto sabato scorso a Calais, quando piu’ di duemila persone hanno sfilato dalla Jungle al centro della citta’ e circa cinquecento persone hanno occupato il porto, con una cinquantina di queste che sono riuscite a salire sulla nave Spirit of Britain. Per questa azione di protesta sei migranti sono ancora detenuti. Abdu Abdelwares, Mohammad Ziad Sahar, Parvez Mayar, Ahmed Nassir, Wahed Abdul, Mohammed Zaman sono ancora prigionieri, e dovranno attendere in cella la prossima udienza, fissata per il 22 febbraio. Accusati di aver violato il Codice dei Trasporti in realta’ sono perseguiti perche’ non hanno avuto paura e insieme ad altre centinaia di persone hanno infranto il dispositivo di sicurezza del porto piu’ militarizzato d’europa.

Praticare la solidarieta’ attiva contro le frontiere significa spingere nella direzione opposta a quella del comando europeo che ci vuole imporre uno stato di guerra permanente, difendere la liberta’ di tutte e tutti dagli abusi del potere e costruire, a partire da ora, una vita degna per chi e’ in viaggio e per noi tutti.

solidarieta’ agli arrestati a Calais, liberta’ per tutte e tutti!

dalla parte di chi viaggia, nemici delle frontiere

[FR]

Liberté pour toutes et tous

L’état d’urgence est un état de fait auquel, sages citoyens européens, nous sommes habitués depuis longtemps. Il y a, de temps en temps, ces cas de force majeures pour lesquels il est juste et légal de deployer l’armée, de réduire les libertés pour tous, rendre le contrôle de l’état minucieux et de permettre à la police d’être un peu plus brutale. Cela se reproduit de plus en plus souvent, dès que quelche chose se passe. C’est grave, et personne ne peut le nier. Et alors, la police et l’armée, les frontières et les contrôles, les blancs, les noirs et les métis. Pour beaucoup cela semble être devenu normal, et c’est un signe que peut être ce l’est. Nous ne devrions pas nous habituer à cet état des choses mais commencer à faire sérieusement les comptes. Soutenir qui défie quotidienement cet ordre nous semble être un bon début.

De frontières en frontières, d’est en ouest, les luttes des migrants en voyage se font echo les unes aux autres et lancent des appels clairs à l’europe des frontières. Tandis que dans les capitales européennes les gouvernements continuent à discuter aimablement sur le destin des personnes en voyage, les luttes et les violences policières se poursuivent le long de toutes les frontières du continent. Le droit de passage est accordé à qui a le privilége d’avoir des papiers, mais les raffles sur les trains à Menton ne peuvent pas passer inaperçues, ni non plus la bataille en cours pour traverser la manche à Calais. Il est impenssable de pouvoir s’habituer aux tragédies annoncées en méditerrannée.

L’appareil sécuritaire coute chaque jour des millions d’euros sans pour cela rendre nos vies plus sûres et sans empecher que des personnes traversent les frontières. Le seul objectif auquel il répond est d’augmenter les contrôles, les violences et les expulsions pour des milliers de personnes sans documents. Il rend plus difficile encore un voyage qui ne veut sûrement pas se terminer dans un centre de la croix rouge.

Ce mouvement de milliers de personnes a mis en crise le traité de Schengen, un accord fondamentalment fait pour assurer la liberté de circulation des capitaux et non pas des hommes, comme on voudrait nous le faire croire. Aujourd’hui se concrétise devant nous un véritable aphartheid européen, fait de contrôles au faciès et de centres de rétention. Si à Calais les émeutes se suivent, à Vintimille des dizaines de personnes dorment à la rue près de la gare en attente de réussir à traverser la frontière, dépasser la côte d’azur et rejoindre le nord.

La réponse que des milliers de personnes, partout en Europe ont donné à cette situation est celle de la solidarité active. Nous l’avons vu samedi dernier à Calais, plus de deux mille personnes ont déffilées du bidonville à la ville puis environs cinq cent personnes ont envahies le port et une cinquantaine d’entre elles ont réussi à occuper le navire ‘Spirit of Britain’. Pour cet acte de révolte six migrants sont encore détenus. Abdu Abdelwares, Mohammad Ziad Sahar, Parvez Mayar, Ahmed Nassir, Wahed Abdul, Mohammed Zaman sont encore enprisonnés et devront attendre en cellule la date de leur prochaine audience, fixée au 22 fevrier. Accusés d’avoir enfreint le code des transports, ils sont en réalité poursuivis pour ne pas avoir eu peur et, unis à d’autres centaines de personnes, d’avoir mis à mal le dispositif de sécurité du port le plus militarisé d’europe.

Pratiquer la solidarité active contre les frontières signifie forcer dans la direction opposée de celle de l’oligarchie européenne qui veut nous imposer son état de guerre permanente. deffendre la liberté pour toutes et tous contre les abus du pouvoir et construire à partir de maintenant, une vie digne pour qui est en voyage comme pour nous tous.

Solidarité avec les arrété-e-s de Calais, liberté pour tous et toutes!

g

Lo spirito giusto – solidarietà a migranti e solidali arrestati a Calais [ITA]

Lo spirito giusto – solidarietà a migranti e solidali arrestati a Calais

Sabato 23 gennaio la manifestazione di migranti e solidali avvenuta a Calais ha raccolto più di duemila persone, ed è culminata con l’occupazione del porto e della nave Spirit of Britain. Più di 500 persone sono riuscite a entrare nel porto nonostante il dispositivo di sicurezza imponente, e una cinquantina di questi hanno occupato il ponte della nave britannica per diverse ore. Lo sgombero del porto e della nave sono stati seguiti dal fermo di un centinaio di persone, per la maggior parte rilasciate il giorno seguente. Otto persone sono state trattenute e sottoposte a comparizione immediata davanti al tribunale di Boulogne-sur-mer. La prossima udienza é fissata per il 22 febbraio (fino ad allora i sei migranti rimarranno detenuti, mentre per i due francesi c’é stato il rilascio con interdizione da Calais e obbligo di comparizione). Tre compagne italiane, che vivono a Parigi, sono state fermate e portate al CRA (centro di detenzione amministrativa) di Lille in attesa dell’udienza di venerdì 29 gennaio. Sono accusate di danneggiamento e disturbo dell’ordine pubblico e rischiano l’espulsione dalla Francia a causa dello stato d’emergenza vigente.

In questi giorni si discute molto sul futuro di Schengen, o addirittura sul futuro dell’Europa. La risposta di Calais é quella che condividiamo. I migranti per primi, bloccati, deportati, respinti, hanno chiaro il loro obiettivo, e non c’é hotspot che possa cambiare questa determinazione. Reti e muri, trattatati e regolamenti, dispositivi polizieschi e militari non fermeranno chi è in cerca di libertà. Questo dice Calais, e a noi sembra lo spirito giusto con il quale affrontare la follia autoritaria dei governi europei.

Salutiamo quindi con gioia la giornata di sabato, convinti che la possibilità e la speranza di un cambiamento passino da giornate come questa. La reazione scomposta di polizia, partiti politici e media mostrano tutta la vulnerabilità di quest’ordine “democratico” in perenne “stato di emergenza”. Il dibattito isterico di questi giorni sui media inglesi e francesi contro i militanti No Borders, accusati di strumentalizzare i migranti, di fatto non riconosce l’autonomia di scelta delle persone in viaggio, e dimostra in questo senso una buona dose di razzismo più o meno consapevole. Affermare che l’occupazione del porto é stata determinata da una manciata di militanti accorsi per l’occasione serve a dire che se non fosse per questi facinorosi europei i migranti se ne starebbero buoni e tranquilli ad aspettare che i governi europei si accordino sui loro destini. Questo é falso e dimostra che le rivolte degli esiliati fanno paura, e che delle loro scelte e del loro coraggio non si vuole dare notizia.

 

A Calais migranti ed europei hanno agito insieme, con una complicità che spaventa chi ci vuole dividere. Mentre tanti continuano a riprodurre atteggiamenti pietistici e paternalistici, gli attivisti No Borders hanno sempre supportato le lotte e le conquiste autonome dei migranti, riconoscendo la loro libera autodeterminazione e condividendo con loro la volontà di attaccare ed attraversare i confini.

Tutta la nostra solidarietà va ai nostri compagni ancora detenuti, con la promessa che continueremo a lottare per la libertà di tutte e tutti!

Da Ventimiglia a Calais, contro la fortezza europa e le sue gabbie!

No Borders – Ventimiglia